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EVA

<<Mi dispiace tanto, non meriti tutto questo.>> Sono sdraiata sul divano con la testa sulle gambe di Valentina, che mi accarezza i capelli mentre io vomito tutti i brutti pensieri e le brutte situazioni che ho dovuto affrontare.

<<Dispiace anche a me.>> Tiro su col naso e Gioia fa capolinea in salotto portando con se una tazza di camomilla.

<<Bevi, così ti rilasserai un po'.>> Me la porge ed io la prendo, mettendomi a sedere.

<<Non ho nemmeno un posto in cui andare.>> Dico, mentre osservo la tazza.

<<Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi.>> Gioia si inginocchia davanti a me e mi accarezza la gamba, io alzo lo guardo e la vedo sorridere.

<<Non vorrei disturbare.>>

<<Non dirlo nemmeno per scherzo. Mi fa solo piacere.>> La ringrazio e lei mi abbraccia.

<<Adesso cosa hai intenzione di fare?>> Mi domanda Valentina, mentre mi stringe la mano.

<<Non lo so, voglio stare qualche giorno da sola. Devo metabolizzare ancora la notizia, la cosa che più mi ha spiazzata è che l'ho scoperto nello stesso identico modo in cui ho scoperto del cancro di Elia.>> Ci sto pensando solo adesso, i referti medici di Elia li ho trovati nel suo armadio e le foto le ho trovate nell'armadio di Tommaso. Ma non potevano mettere tutto in una cassaforte ed evitare di complicarmi la vita?

<<Mio cugino l'ha combinata grossa, non me lo aspettavo.>> Sbuffa Gioia, scuotendo la testa.

<<Nemmeno io.>> Appoggio la testa sulla sua spalla e restiamo così, davanti al caminetto, in silenzio a contemplare il mio dolore.

****

Sono passati due giorni da quando ho scoperto di essere stata adottata e non sono uscita di casa, né mi sono lavata, né ho mangiato o dormito. Sono rimasta seduta sul letto, in questa stanza vuota, con i documenti accanto a me. Li guardo e sembra che anche loro lo facciano, sfidandomi, come a volermi invitare a stare ancora più male. Non so se ho voglia di scoprire il mio passato, né se ho voglia di stare ancora così. Valentina e Gioia si alternano nel controllarmi, una và e l'altra viene, come se fossi sul baratro della pazzia e avessi bisogno di essere controllare assiduamente.

Effettivamente mi sento un po' così. Vedo la pazzia avvicinarsi lentamente a me, mi balla accanto, mi chiama a se, mi attira, come se fosse l'unica vera soluzione per stare bene. Il cellulare mi si è spento ieri sera e non mi sono preoccupata di rimetterlo in carica, so che Elia e Tommaso hanno provato a telefonarmi, mentre mia sorella e mia madre sono venute a controllarmi stamattina. Mia madre mi ha portato il minestrone che cucinava sempre a me e mia sorella da piccole, quando eravamo tristi o arrabbiate, ma non l'ho mangiato. Ho lo stomaco chiuso, un groppo in gola che a stento mi permette di bere. Il mio dolore finirà qui o crescerà ancora? Ho provato a mettere un po' di musica, per distrarmi, ma sono riuscita a digitare solo nomi di canzoni tristi che mi riportano alla mente bei ricordi che, probabilmente, non vivrò più. Adesso sto ascoltando 'Before you go', la canzone mia e di Tommaso. Porto le ginocchia al petto e le cingo con le mie braccia, appoggiando poi la testa su di esse. Mi manca. Mi mancano. Mi manca camminare per casa e trovarmeli tra i piedi, mi manca litigare per il bagno, mi manca chiacchierare con loro a cena. Non so se riuscirò mai a superare la forte delusione che mi hanno dato.

Sento bussare alla porta e ritorno alla realtà.

<<Tesoro, non voglio disturbarti, ma di là c'è Tommaso.>> Alzo la testa verso la mia amica e scuoto la testa.

17 Metri sopra il livello del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora