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DANIEL

"Daniel, mi stai ascoltando?" mi domandò mia sorella, sporgendosi il capo in mia direzione. I suoi occhi, finalmente privi di quell'orribile mascara nero ormai scioltosi, parvero essere rinati.
"Sí, ti ascolto" risposi con un tono arrogante, guardandola dritto nelle pupille. Silenzio.
"Tutto bene?" mi chiese, alzando le sopracciglia.
Presi fiato. Che senso avrebbe avuto mentire ancora?
"Io...".
Zedge apparve sulla soglia della porta di Vanesa.
"Zedge, vieni" disse lei, battendo le sue cosce con i palmi delle mani, per un paio di volte. Scodinzolante, il batuffolo nero le si avvicinò.
"Dovremmo tagliargli il pelo" dissi, un po' per sviare il discorso, un po' perché la bava attorno alla sua bocca mi faceva pensare che fosse giunta l'ora di privarlo di tutta quella sorta di lana corvina che lo avvolgeva.

"Che idea prendere un Terranova" pensavo ogni tanto. Ero affezionato a Zedge, ma da quando era arrivato aveva lasciato più pelo, bava e dispetti a Miele. Il problema non stava tanto nelle prime due cose; avevamo il giardino e Zedge adorava stare all'aria aperta. Aveva molto più spazio e aria più fresca. Ma sapevo che il mio amato Labrador faticasse a convivere, alla sua età, con un poco-piú-che-cucciolo.
Ero affezionatissimo a Miele e, perso nei miei pensieri malinconici, avvertii gli occhi appannarsi con una lieve patina di lacrime al pensiero che, forse a breve, non ci sarebbe stato più.

"E cosa vuoi fare, farlo diventare uno Sphynx?" ironizzò Vanesa, passando una mano sul suo pelo nero e lucido.
"Annusati la mano, ti prego" le dissi. Vanesa lo fece, facendo poi un' espressione disgustata, percepibile negli occhi e nel naso arricciato.
"Effettivamente".
"Ha bisogno di essere lavato, dai. E una spuntatina non gli farebbe male" dissi, attirando l'attenzione di Zedge, che si voltò verso di me come se avesse capito di essere il soggetto della conversazione.
"Puzzone, non ti accarezzo" dissi scherzosamente. Zedge mi scodinzolò, muovendo la sua coda enorme in modo irregolare a destra e sinistra.
"Scherzo, vieni qui" dissi, prendendolo delicatamente per il collare, tirandolo verso di me e iniziando a spettinare il suo folto pelo all'altezza del collo.

"Stavamo dicendo..." esordii mia sorella. Alzai lo sguardo verso di lei e iniziando a carezzare Zedge con nervosismo. Sapevo dove volesse arrivare.
"Tu mi nascondi qualcosa con Andrea".
"Non ti nascondo niente" esordii, lasciando andare Zedge. Mia sorella forzò una risata fastidiosa.
"La smetti?" le domandai, facendo per alzarmi.
"Studia, ché più di sei non lo prendi se fai così".
"Ma arrivarci al sei" disse lei.
"Vedi di studiare, se no non arrivi più tu a casa" le risposi.

Andai in camera da letto, e mi sporsi per prendere il telefono sul comodino, ma Miele attirò la mia attenzione. Era sdraiato a terra e faceva versi sofferenti. Mi avvicinai a lui, ma non appena lo toccai all'altezza del ventre, emise un gemito di dolore. Retrassi immediatamente la mano, spalancando gli occhi. Sembrava stare molto male.

"Vanesa!" la chiamai prima di rientrare nella sua stanza, dove si era seduta per studiare, finalmente. Vedendomi comparire improvvisamente in camera sua, si spaventò e fece cadere a terra la penna che teneva fra le dita.
"Che vuoi?!" mi rispose inconsapevole di ciò che le avrei detto di lí a poco.
"Miele. Miele sta male" le dissi, facendola alzare di scatto.
"Dov'è?" mi chiese, sgranando gli occhi.
"In camera mia" dissi, dirigendomi verso di lui seguito da mia sorella.
"Cavolo, quando torna mamma?" si domandò retoricamente. Erano già le otto e mezza di sera.
"Forse ho il numero di telefono del veterinario" dissi, sporgendomi per prendere il mio cellulare. Poi mi arrestai.
"Cosa?" mi chiese mia sorella.
"Ho solo il numero della clinica vecchia" annunciai, portandomi una mano alla fronte.
"Chiamo mamma?" propose  Vanesa, che aveva il cellulare nella tasca dei suoi jeans. Le annuii. Intanto Miele continuava a mostrare segni di malessere.

La distanza riunisce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora