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ANDREA

"E anche questa è fatta" dissi, tenendo fra le dita il foglio con l'iscrizione appena fatta alla scuola guida. Agata mi rivolse un sorriso, prima di prendere il telefono in mano. La sua camicetta azzurra si era lievemente macchiata di sudore sotto alle braccia. I bottoncini aperti fino al petto lasciavano intravedere la riga del seno, prosperoso.
"Chiamo Melissa. Magari hanno già finito" disse, digitando sulla tastiera del suo telefono il numero dell'amica. Guardai l'ora: non erano neppure le due. Il sole, nel frattempo, aveva fatto capolino fra le nubi bianche che avevano mantenuto il cielo coperto fino a poco prima.
"Qua si muore" dissi, facendomi aria con una mano. Avevo sbagliato a indossare una polo, quel giorno. Le temperature elevate mi stavano facendo sudare eccessivamente, il tessuto della maglia aderiva in maniera fastidiosa.

"Melissa non risponde" sentenziò con tono fievole la mia amica, riponendo il telefono nella sua borsetta, in pandan con le scarpe.
"Probabilmente staranno ancora finendo" disse, guardandomi negli occhi, del colore della sua camicetta.
"Che dici, ci avviamo comunque verso casa di Melissa? Tanto, per stare qua... Almeno dovessero finire presto ci faremmo trovare già in zona" proposi. Agata annuí, sostenendo la mia idea.

Ci incamminammo. Il sole cocente stava facendo soffrire in particolare Agata che, di pelle chiara, rischiava di colorarsi per bene le spalle e le gote, già di per sé rosate. Attorno a noi gli alberi alti e dalle foglie scure e folte non si muovevano neppure per sbaglio: i rami erano ben fermi, rigidi, segno che non vi fosse il minimo spostamento d'aria.
In cielo, qualche stormo attraversava rapidamente le nuvole, sbucando ora di qua, ora di là attraverso di esse. Chissà verso quale luogo del mondo erano diretti. Avevo spesso pensato a quanto dovesse essere bello poter volare. L'idea di attraversare grazie al solo ausilio del proprio corpo tutto il mondo mi entusiasmava: chissà quali paesi avrei visitato, in quali mi sarei soffermato, in quali avrei mangiato.

Perso a guardare il cielo, non recepii ciò che Agata mi aveva appena detto. Spostando lo sguardo verso di lei, la invita a ripetere il discorso. Lei, scocciata, riprese parola.
"Secondo te anche gli altri hanno finito?" mi domandò. Chissà perché nella mia testa avevo pensato mi avesse rivolto chissà quale domanda.
"Credo di sí. Alla fine avevamo tutti compiti relativamente brevi. Infatti avremmo potuto incontrarci già prima delle tre. Ho sbagliato con i tempi. Ma credo che se Melissa arriva a casa prima ci fa sapere sul gruppo". Ebbi a malapena il tempo di pronunciare quella frase che udimmo provenire dalla borsa di Agata una notifica di un messaggio.

"Sí, è Melissa" disse lei, prendendo rapidamente il telefono da una tasca nella quale il telefono stava giusto.
"Come lo sai?".
"Ho messo le notifiche personalizzate" mi spiegò.
"Ah, buono a sapersi. Sicuramente avrai personalizzato anche le mie, in modo tale da sapere quando quello stronzo di Andrea ti disturba. Non è vero?" domandai, scherzando.
"Sí, esatto" rispose lei, sorridendo e mettendosi a leggere il messaggio.
"Comunque sono già arrivate. Possiamo raggiungerle" disse.
"Bene. Tempo venti minuti e siamo lí".

Arrivati a casa di Melissa, notammo di essere i primi. Chissà Tommaso, Filippo, Anastasia e Carlo a che punto fossero. Lucrezia, che aveva appena messo la torta in frigorifero, dovette accondiscendere alla richiesta di Agata di mostrarle la delizia: in effetti anche io avevo faticato a contenere un certo entusiasmo nel vedere comparire dinanzi a me una cascata di panna e frutta.
La torta era proprio bella: una scritta in corsivo fatta col cioccolato si estendeva su tutta la superficie del dolce, recitando Buon compleanno , Daniel.

"Speriamo a questo punto che sia anche buona" disse Melissa, richiudendola e mettendola in frigo, mentre Lucrezia l'aiutava. Io e Agata appoggiamo il regalo di Daniel sul tavolo, in attesa che gli altri arrivassero. Melissa aveva però appoggiato della carta regalo sulla sedia.
"Scegliete quella che vi piace di più, così potete già incartare il regalo. Mi sono permessa di suggerire ad Anastasia e Carlo di comprarne dell'altra nel dubbio, ma comunque visto che ne avevo, potete già impacchettare".
Agata non se lo fece ripetere due volte e, immediatamente, si adoperò per confezionare il presente. Agata adorava destreggiarsi fra carta e nastrini e, con molta cura, incartò il regalo. Per passare il tempo la osservai, mentre lei mi raccontava di come avesse imparato a fare gli origami. Non ero riuscito a cogliere il collegamento con il pacchetto che stava confezionando, ma credo si stesse riferendo alla sua passione per i lavoretti manuali con la carta, senza discriminazione alcuna contro cartoncini, fogli colorati e carte regalo.

La distanza riunisce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora