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A @the_true_alpha_

DANIEL

Parlando con Tommaso, non poté non venirmi alla mente Fabio. Era passata qualche settimana dal nostro ultimo incontro e immediatamente la mia mente fu catapultata al momento in cui ci incontrammo per strada, in una giornata dal cielo non poi di molto dissimile rispetto a quello di quella giornata che stava trascorrendo molto in fretta. Erano ormai le quattro inoltrate del pomeriggio e mi sorprendevo di come il volontariato mi avesse tenuto occupato. Tornando a casa avrei dovuto sicuramente aiutare mia sorella con l'interrogazione di scienze.
"Secondo me farai medicina". Mia madre sosteneva a pieni voti l'idea di mia sorella, che ogni volta se ne usciva con la stessa frase, durante i pasti. Gli argomenti, a tavola, erano sempre gli stessi: lo studio in arretrato di mia sorella e il mio futuro universitario. Inesorabilmente, le due cose finivano per incastrarsi. E magicamente, mia sorella pronunciava la fatidica frase. Che forse volesse farsi aiutare in vista di un bel programma di chimica e anatomia?

Non avevo ancora deciso che cosa avrei studiato nel futuro. Effettivamente sarebbe stata ora di iniziare a domandarmi cosa mi sarebbe piaciuto intraprendere dopo il liceo. D'altronde mancava solo più un anno ed ero certo che la mia testa, in quinta, sarebbe stata concentrata sull'enorme mole di studio che avrei dovuto affrontare sin da subito in vista dell'esame finale, agli esodi dell'estate. Mi sarebbe convenuto iniziare a riflettere seriamente. Ma la mia testa, in quelle giornate, era proprio altrove. Prima la partenza di Andrea, poi il malessere di Miele. E ancora i litigi con mia sorella, che si ribellava passivamente a ogni mia sorta di richiesta da fratello maggiore. Che, fra l'altro, veniva fatta soltanto per il suo bene. Non volevo facesse la ribelle per il solo gusto di farlo; ogni tanto sarebbe stato normale, aveva quattordici anni ed era normale avesse idee distinte rispetto a me, e magari una mente meno lucida su certe questioni che per lei si presentano per la prima volta. Quando le davo un consiglio cercavo di farlo nel mondo piú spassionato possibile ma ai suoi occhi sembrava sempre volessi fare il saggio e il rompipalle. In realtà, sapeva anche altrettanto bene che la maggior parte delle questione che stava vivendo io le avevo già sperimentate e non avrei in alcun modo voluto cercare di limitarla nelle sue scelte, ma solo accompagnarla.

Era assurdo come anche per me era stato difficile accettare che anche i miei genitori, con me, a volte avevano avuto ragione per la loro maggiore esperienza. Non volevo propormi a Vanesa come tale, ma mi chiedevo perché fosse cosí diffidente nei miei confronti da fare l'esatto opposto di quello che le suggerivo. Anche se a volte nemmeno io mi ero sentito capito quando avevo chiesto un'opinione a mamma o un consiglio a papà, trovando le loro idee totalmente contrastanti con le mie, non ero mai stato cosí caparbio e insolente come mia sorella. A volta si concedeva un'eccessiva autonomia che finiva per sfociare in cafonaggine.
Vanesa sapeva che con me avrebbe potuto godere  di una certa libertà; non ne avrei sicuramente dovuto fare le veci, per cui non ero nessuno per comandare su di lei, ma nemmeno per prendermi le responsabilità delle sue azioni. Con i miei genitori non aveva praticamente mai funzionato la storia del sei più grande e devi dare il buon esempio. Sicuramente, potevo dire di essere stato un ragazzo più giudizio di Vanesa quando avevo avuto tredici o quattordici anni.
Nonostante non fossi suo padre Vanesa cercava, contemporaneamente, di non tirare troppo la corda perché sapeva di potermi tenere dalla sua parte. D'altronde, io ero pur sempre un adolescente e vedevo le cose in modo più simile a lei rispetto ai nostri genitori che, per quanto di mentalità aperta, a volte sembravano dimenticare di essere stati adolescenti.
Vanesa era una brava ragazza, ma nell'ultimo periodo mi aveva dato filo da torcere. Erano state svariate le occasioni in cui avevo pensato di dire ai miei svariate sue iniziative che non avevo condiviso e dalle quali avevo cercato più volte di trattenerla. Non ero però un delatore, quindi avrei taciuto sperando si decidesse a darmi ascolto quando le dicevo che non avrebbe dovuto provare a fumare le sigarette. Avrebbe avuto del tempo per farlo e cadere nella tentazione di provare e riprovare fino a diventarne dipendente.

La distanza riunisce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora