DANIEL
I miei occhi incontrarono quelli del signore. Scuri e grandi, circondati da qualche ruga profonda segno dell'età avanzata, mi osservarono sorridendo, precedendo la curva delle labbra. Esse, poco dopo, si piegarono verso l'alto in segno di contentezza e gratitudine.
"Sei stato molto gentile" mi ringraziò, afferrando con una mano robusta gli oggetti che avevo riposto all'interno della busta. All'indice portava una fede d'oro.
"Di nulla" risposi, continuando a scrutare i suoi occhi. Era la fotocopia di qualcuno che conoscevo, ma non riuscivo a capire di chi.
"Allora arrivederci" mi disse lui, accompagnando il saluto con un cenno del capo.
"Aspetti". Il suo busto, voltatosi per metà, si rivolse nuovamente a me. I suoi occhi tornarono a osservare i miei. Accanto a noi, una signora con un cane al guinzaglio passò rapidamente, parlando al telefono con il vivavoce.
"Sí?".
"Avrebbe bisogno di qualcuno che l'aiuti a fare la spesa?" domandai, senza il minimo imbarazzo. Avevo bisogno di chiedere, perché solo in tal modo avrei potuto sperare che qualcuno mi rispondesse affermativamente.
Scuotendo il capo, suggerì quale sarebbe stata la risposta, pronunciata a parole un paio di secondi dopo.
"Ti ringrazio, ma mio nipote provvede per me, nel caso in cui avessi bisogno" spiegò.
"È un ragazzo della tua età" disse, gesticolando con le mani.
"Magari siete anche compagni di classe" ipotizzò.
"Quanti anni hai?" mi chiese.
"Fra un mese sono diciannove". Il signore sorrise.
"Mio nipote anche. Si chiama Tommaso, non so se tu conosci qualche ragazzo con questo nome" disse, quasi speranzosa che la risposta fosse affermativa.
"Non ci sono molti ragazzi chiamati così" aggiunse.
"Ne conosco uno" risposi, guardando i suoi occhi, che mi parsero effettivamente identici a quelli del mio amico.Erano praticamente i suoi. Che fosse il nonno?"Chissà. Solo Dio sa" rispose, lasciandomi con il fiato in sospeso. Quella frase fatta fece crollare ogni possibilità che avevo di scoprire se quell'anziano fosse parente del mio amico. Ero veramente curioso, ma non avrei potuto domandare di più.
"Stammi bene" mi disse lui, concludendo la conversazione. Alzando un braccio, scosse appena la mano. Poi fece che voltarsi non appena ebbi ricambiato il saluto.Guardai l'ora. Era relativamente presto per tornare a casa, anche perché avevo lasciato il mio numero soltanto in un supermercato. Avrei dovuto cercare altrove per fare sí che qualcuno mi contattasse. Così ripresi il cammino per il centro, fra le vie che nel frattempo si erano affollate. Spesso mi domandavo dove ognuna di quelle persone fosse diretta. Quale fosse la meta di ciascuna. Quali fossero gli obiettivi da raggiungere nella giornata. Quali persone avrebbero incontrato, casualmente o su appuntamento. Di cosa avrebbero parlato con i conoscenti. Quali informazioni avrebbero chiesto a uno sconosciuto. Ognuno aveva qualcosa da fare: una commissione, una visita, un'uscita o semplicemente un giro. Chissà se qualcuno come me stava cercando lavoro, consapevole, altrettanto come il sottoscritto, che probabilmente a fine giornata non avrebbe trovato nulla di utile.
"Hey, cosa stai facendo?". Una voce mi riportò in me mentre mi accingevo ad attraversate una strada. Preso dallo spavento, sussultai. Due occhi verdi mi guardavano con ira. Le sopracciglia folte, ma non così scure, erano corrucciate, rendendo tesa la fronte.
"Scusa". Una ragazza, mia coetanea, aveva lamentato la mia distrazione. A causa di questa le ero andato a finire contro, sul ciglio del marciapiede, dove il semaforo rosso per i pedoni avvertiva di non attraversare ancora le strisce.
"Non volevo" dissi indietreggiando di qualche passo, ma verificando in tempo di non avere nessuno dietro che mi rimproverasse a quel modo come lei aveva fatto poco prima.
"Certo" disse, voltandosi dall'altra parte. Sotto al braccio, tatuato all'altezza del bicipite, teneva stretto uno skateboard grigio con qualche decorazione, abbinata ai capelli dalle ciocche rosa salmone.
"Ti direi che l'ho fatto apposta, ma mi sono fatto più male io venendo contro la ruota del tuo skate che tu" dissi, non intenzionato a rimanere zitto dinanzi alla sua maleducazione. Ebbi conferma della sua sgarbataggine nel momento in cui, senza voltarsi a guardarmi e scusarsi come io avevo fatto per la disattenzione, fece finta di non sentire e, appena scattato il verde, si mise a bordo del suo mezzo di trasporto e si allontanò rapidamente, dandosi una spinta decisa con una gamba.
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La distanza riunisce
RomanceIl rapporto di Daniel e Andrea sembra essere inevitabilmente rovinato. La loro separazione, dovuta a ostacoli insormontabili, è decisiva. Ognuno prenderà la propria strada, lontano dall'altro, fino a quando non si incontreranno di nuovo.