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A @The_true_alpha_

DANIEL

Un soffio d'aria fresca proveniente dalla camera da letto mi svegliò. La mia testa appoggiata sul cuscino sembrava esservi sprofondata: la morbidezza della federa mi aveva invogliato a rimanere a letto ancora per un po'. Ruotando il capo in quella sofficità, presi un respiro profondo. Poi rinchiusi gli occhi che avevo aperto giusto per realizzare che, ormai, il mio sonno si fosse interrotto. La luce penetrava dalle tapparelle, preannunciando una giornata soleggiata. E menomale che il meteo avrebbe previsto un'uggiosa giornata. Non che mi dispiacesse: ormai erano svariati giorni che il tempo era altalenante. Sarebbe potuta essere, a dire il vero, la rappresentazione del mio umore nell'ultimo periodo: oscillante fra un'euforia incontenibile e una voglia di piangere inarrestabile. Eppure, non ci sarebbe stato nulla di particolare per la quale gioire o disperare. La mia vira stava procedendo in maniera piuttosto lineare. Zedge e Andrea erano di nuovo con me; Miele, purtroppo, se ne era andato, ma questo non lo avrebbe reso più facilmente dimenticabile; i miei non erano più arrabbiati per le mie uscite repentine. Eppure, qualcosa non mi soddisfaceva.

Che fosse paura di tornare alla normalità? Forse sentivo, dentro di me, un vuoto causato dal fatto che, fino a pochi giorni prima, avevo avuto un alibi per giustificare il mio malessere. In quel momento, invece, non avrei potuto usare più alcun éscamotage per giustificare il mio stato d'animo. Era come se mi sentissi in colpa con me stesso per stare male senza una ragione precisa. Era come se dovessi rendere conto a qualcuno del mio stato d'animo e dovessi scusarmi per non essere dell'umore.

Presi ancora un respiro profondo. Le narici si ampliarono per accogliere quanta più aria possibile. Passivamente, i polmoni si svuotarono del proprio contenuto. Sentivo, fisicamente, una stanchezza senza precedenti. Era vero, la sera prima avevamo fatto festa fino a tardi: ero tornato a casa poco prima delle quattro del mattino. Improvvisamente, un senso di angoscia mi assalí: mia madre, nell'arco di poco, mi avrebbe sicuramente rimproverato per essere entrato dalla finestra. Avevo dimenticato le chiavi di casa sul comodino, in bella vista accanto al vaso di petunie, che ancora sbocciavano mostrando i propri fiori dai petali bicolore.

"Sai perché alcune petunie hanno i petali divisi in spicchi di diverso colore come la tua?". Andrea, sdraiato sul mio letto con un libro aperto in mano, aveva rivolto gli occhi scuri al fiore, mosso appena dal venticello serale.
"Genetica?" avevo provato a indovinare, scrutando poi il suo volto per cercare di capire se avessi indovinato.
"Sí. Precisamente, nel nostro materiale genetico ci sono degli elementi genetici mobili che si chiamano trasposoni. Sono in grado di spostarsi lungo il DNA causando l'alterazione di numerosi geni. E alcuni di questi possono essere, magari, responsabili del colore dei petali come in questo caso". Sorrisi.
"La prossima settimana inizio anche io a studiare scienze" gli avevo detto, pensando che nell'arco di poco tempo avrei avuto un'interrogazione programmata di scienze su tutto il materiale studiato durante l'anno.
"Tu sei passato ieri o l'altro ieri?" gli avevo domandato, sedendomi accanto a lui.
"L'altro ieri" mi aveva risposto, mettendosi a leggere il suo libro.
"Comunque assurdo, Daniel che studia all'ultimo. Che succede?" aveva ironizzato, sorridendomi.
"Ma scienze a me piace, ci metto nulla. Comunque basta leggere libri sugli insetti" avevo ribattuto, svendolando una mano per aria.
"Ah, sí? Ci metto io nulla a farti a pezzi" mi disse, sporgendosi verso di me e iniziando a solleticare i miei piedi, ormai celeberrimi per avere una sensibilità senza eguali.

Mia madre sapeva che quando scordavo le chiavi, nella maggior parte dei casi la finestra di camera mia era aperta. In realtà il motivo era semplicemente per lasciar passare Gardenya che, se avesse voluto, avrebbe potuto raggiungere Zedge in giardino e accoccolarsi accanto a lui per scaldarsi. Le mie lenzuola non erano cosí di suo gradimento, in confronto al pelo soffice di un morbido Terranova.

La distanza riunisce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora