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María Inés

Poco prima, in casa...

"E adesso?". Il tono interrogativo di Vanesa mi fece trasalire.  Improvvisamente avvertii un soffocante senso di colpa per aver perduto, di nuovo, l'occasione di dire la verità. Lo sguardo dubbioso di Vanesa gravava sempre più sulla mia persona, facendomi sentire osservata, giudicata, analizzata.

Come avevo potuto comportarmi a quel modo? Le persone a cui avrei dovuto delle spiegazioni ancora non le avevano ricevute, ed erano i miei figli. Come potevo essere una madre così pessima?

Gli occhi scuri di Vanesa mi scrutavano con attenzione, bramando un chiarimento e implorando alle mie labbra di prendere parola. Sapevo che non fosse arrabbiata con me; era solo confusa, disorientata. Magari era probabile che si sarebbe innervosita in un secondo momento nello scoprire la verità. O forse Daniel sarebbe stato quello che l'avrebbe fatto. E nonostante la sua confusione fosse palpabile, in quel momento, sembrava quasi volermi appoggiare, con quei suoi occhi scuri ed espressivi, clementi. Avesse potuto, avrebbe detto "coraggio, mamma. Sono qui ad ascoltarti", ne fui certa. Ma fu difficile per me cogliere la palla al balzo e subito comunicarle che cosa avrei dovuto, specialmente dopo che Daniel se ne era andato, preso dalla foga di vedere i suoi amici. Poco prima non avevo voluto trattenerlo; sapevo quanto la situazione con Andrea fosse stata difficile e l'ultima cosa che avrei voluto sarebbe stata impedirgli di recuperare il tempo perso con la persona che più amava.

Una lacrima precipitò giù dalla palpebra, troppo grande per poter essere ulteriormente trattenuta in uno spazio così ristretto. Scese giù violentemente, scavando un sentiero sulla pelle del viso, per arrestare poi la propria corsa all'altezza del prolabio, sul quale si adagiò per qualche istante, prima che l'asciugassi col dorso della mano.

"Mamma, allora?". La voce di Vanesa mi incalzò a prendere parola e non temporeggiare ulteriormente.
Le rivolsi un sorriso, fingendo fosse tutto a posto, poi alzai lo sguardo verso di lei, che non aveva smesso di osservarmi nemmeno per un istante.

"È arrivato il momento che tu e Daniel sappiate la verità" dissi tutto d'un fiato, osservando dalla finestra Daniel camminare a passo svelto per raggiungere Tommaso e Andrea, fino a scomparire dietro agli alberi che ostacolavano la visuale.

"Non appena Daniel torna vi devo parlare" spiegai, prima di accarezzare con una mano il viso di mia figlia che, dopo aver sbattuto le ciglia incredula, deglutì un fiotto di saliva. Le sue mani, appoggiate l'una dentro l'altra, si strinsero con vigore, segno che fosse stata colta da una presa di coscienza che l'aveva turbata parecchio.

Distolsi lo sguardo da Vanesa, poi mossi qualche passo per raggiungere la rampa di scale. La percorsi lentamente, gradino dopo gradino, continuando a riflettere su come esporre i miei figli alla notizia.

Vanesa, intanto, rimase al piano di sotto; forse si era diretta verso il giardino per stare in compagnia dei suoi adorati cani. Stravedeva per loro, che ricambiavano il suo affetto con code in movimento e leccate sulle braccia.

Decisi di prendere tempo: Daniel sarebbe tornato nell'arco di un paio d'ore e avrei fatto meglio a rilassarmi.
Raggiunsi ed entrai nel bagno del piano di sopra con l'intento di sciacquare il viso da quell'immenso senso di colpa causa delle mie lacrime. Dopo qualche passo sul parquet mi fermai: lo sguardo venne immediatamente catturato dalle pareti della camera di Daniel. La porta, aperta, sembrava aver invitato i miei occhi a soffermarsi su quell'immenso sfondo azzurro. All'interno, il letto ben fatto e un discreto ordine sulla scrivania mi strapparono un sorriso. Per terra, lo zaino con qualche libro a fianco, aperto, mi ricordavano che nonostante tutto fosse pur sempre un adolescente.

La distanza riunisce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora