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ANDREA

Vedere Daniel così indifeso aveva scatenato in me un desiderio immenso di avvolgere le mie braccia attorno al suo corpo che, nonostante si fosse fatto piú robusto, da quando lo avevo abbracciato cosí intensamente l'ultima volta, era al contempo fragile.
I suoi bicipiti cingevano il mio collo, tenendolo stretto a sé come se avesse il timore che potessi tradirlo lasciando quella stretta. Il suo petto, contro al mio, si innalzava e si abbassava rapidamente: la frequenza respiratoria si era fatta piú frequente. I capelli spettinati solleticavano il mio collo, facendomi avvertire un lieve pizzicorio poco sopra la spalla.

"Voglio essere felice come lo sono sempre stato, Ande" mi disse, stringendo fra le dita la mia maglietta. Accarezzai la sua schiena, nel tentativo di allietare la sua sofferenza, che però sembrava incolmabile.
"Cosa c'è che non va? È tutto a posto". Daniel prese un respiro profondo, poi ebbe la forza di separarsi da me per guardarmi negli occhi. Le ciglia non troppo scure erano incollate tra loro. Il rosso delle sclere faceva contrasto col colore delle iridi, complementari a quella sfumatura rubra segno di tanta tristezza.

"Rivoglio Miele. Tutto qui. Penso che il resto dei miei problemi svanirebbe in un istante".
"Lo sai anche tu che ciò che vorresti è impossibile. Però se ti può consolare, Miele non ti ha abbandonato. La sua anima è solo in una nuova fase della sua esistenza. Se ci vuoi credere, è come se lui fosse sempre stato con te. E ora ti osserva da lì". Indicai in alto il cielo. Una nuvola gonfia e candida sembrava essersi precipitata per consentirmi di fare un paragone dell'ultimo secondo.
"Guarda! È lí in mezzo, in quella nuvola che sembra proprio il suo muso. Non riesci a riconoscerlo?" gli domandai, sperando che un poco di ingenuità potesse consolare le sue lacrime infinite.
"No" mi rispose, rovinando ogni mio tentativo di tirargli su il morale. Allora riflessi e ricominciai con le battute. Sarei riuscita a risollevato, prima o poi.
"Ma come no?! Come puoi dire questo! Tu che hai un sacco di fantasia non riesci a vedere Miele in quella nuvola? Allora o hai un blocco di creatività, oppure urge una visita dall'oculista" scherzai, riuscendo a strappargli un sorriso. In una frazione di secondo le sue labbra, asciutte per via dello sforzo, si aprirono mostrando i suoi bei denti. Daniel riprese fiato; poi si strofinò gli occhi col dorso della mano. Ero felice di essere riuscito nel mio intento.

"Ecco perché sei triste. Cerchi Miele ovunque, e quando poi lo hai sopra la tua testa non lo calcoli minimamente. Guarda che poco fa, che tu non c'eri, gli ho parlato e gli ho chiesto di raggiungermi qui per farsi notare. Ci ha messo un po, eh, a venire. Ma alla fine si è presentato" dissi, cercando di usare un tono di voce che potesse ricordargli un cantastorie. Speravo di farlo sorridere ancora una volta.

"Dai, avanti! Salutalo" lo esortai a fare. Lui si girò verso di me. I suoi occhi esternarono poca convinzione, come se ciò che avevo appena detto fosse la sciocchezza più grande del mondo.

"Allora? Stiamo aspettando, noi due". Daniel sollevò le sopracciglia.
"

Cosa? Sei serio?". Si stupì per la mia caparbietà.
"Sí, perché? Dai, avanti! Prima che se ne vada!" esclamai, alludendo al cambio della forma della nuvola, che in quel momento pareva più un coniglio che il profilo di un Labrador.

"Suvvia! Alza 'sta mano!". Daniel, forse più come risposta automatica a un ordine, sollevò un braccio . Poi mi guardò come ad avermi chiesto col solo sguardo il perché lo avesse fatto. Con un cenno del capo lo esortai a procedere. Daniel scosse la mano in alto, ruotando il capo energicamente. Il suo volto sembrò più sereno. L'espressione confusa e ostile di poco prima si risolse in un sorriso un poco nostalgico, ma deliziosamente incantevole.

La distanza riunisce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora