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ANDREA

Una luce candida, intensa, mi annebbiò la visuale per qualche istante. I miei occhi, rimasti chiusi per forse molto tempo, avevano creato una sorta di patina appiccicosa fra le palpebre, incollatesi. Il bagliore che mi investí era di un chiarore tale che le mie pupille, non abituate alla luminositá, divennero minuscole. Per l'eccessiva luce, chiusi gli occhi e mi. Immersi nuovamente nell'oscurità.

Posai una mano fra le sopracciglia e le labbra, coprendo metá volto e premetti le mie sclere per qualche secondo, come se tale gesto potesse incoraggiare i miei occhi a spalancarsi una volta per tutte. Gemetti: mi faceva male il collo e mi sentivo spossato. Non ancora visualizzato il luogo in cui mi trovavo, sentivo di essere in un posto sconosciuto. Perché sotto al mio sedere c'era un ampio e comodo materasso?

Cercai di fare mente locale per un istante, pensando di potermi sovvenire nell'immediato di cosa avessi fatto dopo essere arrivato in spiaggia. Quella era l'unica cosa che rammentai praticamente subito. L'immagine della ragazzina quattordicenne che si avvinghia in acqua al suo ragazzo fu anzi la prima cosa che ricordai. Poi le due anziane col volàno, i tedeschi sotto l'ombrellone... Mi mancava un passaggio che non riuscivo a rievocare.

Mi feci forza e, dischiudendo appena gli occhi, li aprii in sottili fessure, cercai di visualizzare per lo meno uno stralcio di realtà attorno a me. Una parete bianca come la luce che mi aveva pervaso poco prima non mi suggeriva granché, ma spostando lo sguardo più in basso, notai sotto di me un letto, grande e altrettanto bianco.
"Sono morto?" mi domandai.
"No, è tutto a posto" mi rispose un uomo dalla barba brizzolata. Un sorriso apparve con riservatezza sulle sue labbra, mentre una mano estrasse dalla sua tasca un cellulare.
"Dev'essere tuo" mi disse, appoggiandolo sul comodino alla mia destra, in legno scuro. Quello era l'unico oggetto colorato che vedevo attorno a me. Persino quell'uomo, dalla stazza notevole, vestiva un camice color latte. Dove essere un medico o un infermiere.

Volsi il mio sguardo verso le sue mani, che posarono il cellulare sul mobiletto. Sí, era il mio, con tanto di cover verde prato.

"E cosí ho cambiato telefono". Dopo un lungo spiegone, Daniel arrestò la sua fiumana di parole e prese fiato, affaticato.
"Anch'io l'ho appena cambiato, ma mi serve una cover". Attorno a noi, una folla di gente cercava di spostarsi fra le bancarelle della piazza. Un signore con un costume vendeva palloncini colorati a una decina di bambini, in fila per mano ai rispettivi genitori, in attesa del proprio turno.
"Mi sono sempre piaciuti i palloncini" tornai a sentire la sua voce. I suoi occhi verdi si alzarono verso quell'immensa nuvola di globi colorati, principalmente gialli e blu.
"Chissá se ce n'è uno verde" si domandò, spostando rapidamente lo sguardo alla ricerca del palloncino color speranza.
"Perché?".
"Volevo prenderne uno per te" disse, continuando a cercarlo.
"Ma Daniel, i miei mi uccidono se torno con un palloncino. Lo sanno che me l'hai regalato tu".
"Be'? Cosa c'è di male?" disse, cercando uno spicciolo nella tasca dei suoi pantaloni.
"Fermo... Ti prego, no. Non voglio che i miei tocchino quell'argomento. Non voglio se la prendano con te" dissi, supplicandolo di lasciare perdere, per quanto fosse stato un pensiero gentile.
"Allora te ne compro uno e lo lasciamo volare. Che ne dici?".
"E toglierlo a un bambino che magari lo vuole per sé?". Daniel pensò un istante.
"Hai ragione". Accennai un sorriso.
"Però guarda lí che belle cover!" esclamò, indicando un ragazzo dalla pelle scura venderne alcune a una bancarella.
"Ti regalo una cover" disse, avviandosi verso di essa quasi correndo. Non potei che seguirlo e accettare il suo regalo, praticamente già acquistato nel momento in cui, forse una decina di secondi dopo di lui, avevo raggiunto anch'io il venditore.
"Ecco a te" disse, porgendomela.
"Non è verde come i tuoi occhi, ma ci si avvicina".

La distanza riunisce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora