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La sera prima...

Andrea

"Non ce la faccio più" era stato il pensiero fisso, fino a poche ore prima. Quel viaggio di ritorno mi aveva stravolto. La valigia, pesante, sembrava essere raddoppiata rispetto al viaggio di andata. A pensarci bene, le bottiglie di succo di pomodoro che avevo messo nella tasca laterale davano il loro contributo in massa. Mi piaceva tantissimo quel succo e il non averlo mai trovato in un qualsiasi supermercato di Torino mi aveva spinto a fare la pazzia: tre chili in più da trainare si facevano sentire.

Non era molto che lo bevevo: ricordavo di averlo assaggiato la prima volta da Daniel, d'estate. Per pranzo, un giorno, mi aveva invitato a mangiare. Sua madre, per celebrare la cucina spagnola come era solita fare, almeno una volta a settimana, aveva preparato il Gazpacho.
"Oddio, una zuppa fredda coi pomodori. Sembra buonissima" avevo pensato fra me e me, quando una ciotola bianca e verde con la pietanza al suo interno era stata appoggiata davanti a me, su una tovaglietta americana di tessuto, emanando un buon odore di fresco.
"C'è pomodoro, aglio, verdure crude e pane. Spero ti piaccia". Il sorriso smagliante della madre di Daniel, assieme con il profumo di quella zuppa, mi fece sentire improvvisamente felice.

"Mamma, ma quanta acqua hai messo? Sembra succo di pomodoro". Le lamentele di Daniel avevano, in un attimo, rovinato l'atmosfera bellissima che la María Inés aveva creato fra colori e un po' di musica di sottofondo. Non dissi nulla, ma avrei pagato oro per una madre che cucinava così bene come la sua.
"I pomodori erano acquosi, Daniel. Quest'anno va così" disse María Inés, sistemando il grembiule a cavallo di una sedia posta nell'angolo della cucina e sedendosi a mangiare con noi.
"Esiste il succo di pomodoro?" domandai, incuriosito da quanto era stato appena detto dal mio ragazzo. Le sue labbra umide, già rosse di sue, si erano colorate di una tonalità molto accesa dopo un solo sorso di zuppa.
"Certo. Non dirmi che non l'hai mai assaggiato". Sorrisi. Poi scossi la testa. Daniel si alzò da posto, dirigendosi verso il frigorifero. Credo fosse l'unica famiglia ad avere un frigo privo di magneti: qualsiasi persona avessi conosciuto ne faceva la collezione, appoggiandoli sulla superficie dell'elettrodomestico sino a ricoprirne l'intera superficie.

"Ecco a te". Le mani, grandi e ben curate di Daniel posarono sulla tavola una bottiglia da due litri in cartone, bianca e rossa. Una scritta gialla campeggiava in stampatello maiuscolo per buona parte della superficie della facciata. Una cascata di pomodori circondava il nome della marca. A primo impatto, sembrava un buon prodotto.
"Succo di pomodoro?" domandai, per accertarmi che ciò che stessi bevendo fosse ciò che pensavo.
"Già". Aprii la bottiglia, servendomi poco meno di mezzo bicchiere di succo nel bicchiere di vetro.
"Alcuni mettono anche un po' di sale o di pepe, ma io ti consiglio di provarlo così, prima".
Bevvi un sorso, tastando con le labbra quel liquido denso, rosspolposo.

"Che sete" pensai, pulendomi le labbra sporche di succo col dorso della mano, che si colorò di rosso.
Strofinando una mano con l'altra, mi assicurai che il succo sparisse dalla mia pelle. Fortunatamente, non era dolce, o almeno non come quelli alla frutta (anche se, paradossalmente, il pomodoro apparteneva a quella categoria di alimenti): se avessi tentato di riprodurre l'esperimento di pulizia sbrigativa con il succo all'ananas avrei finito per avere la pelle tutta appiccicosa.

Osservai il mio bicchiere pieno per metà. Qualche briciola di pepe, sminuzzata in piccolissime parti dalla macina, galleggiava sulla superficie del liquido, dando una nota piccante sulle labbra quando il succo si poggiava su di esse.

"Allora? Come ti sembra?". Daniel, curioso di ricevere una risposta da parte mia, mi osservava con le sopracciglia sollevate, pendendo dalle mie labbra colorate di una tonalità rubra.
"Lo trovo molto buono. È... Particolare". La madre di Daniel si sedette al tavolo, aggiungendosi a noi tre. Portai nuovamente il bicchiere alle labbra, bevendo un altro sorso, questa volta più deciso.

La distanza riunisce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora