VANESA
"Ciao, amore mio". Quelle parole, unite a un sorriso smagliante, mi accolsero a casa del mio ragazzo.
"Ciao Vanesa" una voce femminile si uní ai saluti, distante, forse proveniente dalla cucina, dalla quale proveniva un buon odore di vaniglia. Che fosse il compleanno di qualcuno e non lo sapessi?
"Come sei bella". Un'altra dimostrazione di affetto nei miei confronti venne pronunciata dalla persona che, dinanzi a me, era appoggiata allo stipite della porta, aperta per metà.
"Anche tu sei bellissimo. Lo sei sempre" dissi, entrando definitivamente in casa. Tommaso, con una maglia a tinta unita, del colore dei suoi capelli, mi rivolse un altro sorriso. I suoi denti facevano contrasto con gli occhi, neri. A guardarli, cosí perfetti, sembrava impossibile li avesse avuti così tanto storti da aver dovuto portare l'apparecchio per svariati anni. Ma erano diventati bellissimi.
"Ciao". La voce di suo fratello si fece sentire dal salotto dal quale, di fronte alla televisione, si udivano rumori di spari e grida.
"Mia madre gli ha regalato un nuovo videogioco per il compleanno e ora rompe" disse.
"Ti sento, rispose lui" spegnendo tutto improvvisamente. Si alzò da terra, una posizione che avrei scelto anch'io per giocare a un videogioco, e venne a salutarmi.
"Tutto bene?" mi domandò, sporgendo la sua guancia verso la mia.
"Si, grazie. E tu?" domandai.
"Anche. Il tuo fidanzato rompe, ma lo si sopporta" disse, ricevendo una pacca sulla nuca dal fratello maggiore.
"Oddio, ma hai cambiato la voce" dissi, spalancanso gli occhi e stupendomi di udire una voce ingravitasi rispetto all'ultima volta che l'avevo visto, qualche mese prima.
"Già, il moccioso sta diventando grande" disse Tomnaso, guardando Filippo, che alzò una mano nel tentativo di dare, a sua volta, una pacca al maggiore, che lo bloccò in tempo.
"Vanesa ha un anno meno di me, allora anche lei è un mocciosa" disse.
"Senza offesa" aggiunse, poi, guardandomi con i suoi occhi color caffé.
"Se non avessi iridi tanto belle ti avrei già cavato gli occhi" dissi, scherzosamente. Avevo un bel rapporto con Filippo.
"Ma non puoi" disse, provocandomi.
"Se Tommaso mi autorizza, posso colpirti come ha fatto lui prima".
"Ma non c'è bisogno di chiedere, per me puoi picchiarlo finchè vuoi, altro che permesso". Tommaso non pareva avere problemi al riguardo. Sporsi una gamba verso di lui, colpendolo all'altezza della coscia. Filippo lamentò il colpo e, improvvisamente, la madre comparve dalla cucina.
"Filippo, cosa stai facendo? Smettila, fai il maturo" li rimproverò la madre, scatenando la mia ilarità.
"Ma cosa, è Vanesa che mi ha tirato un calcio" lamentò lui, osservando la madre alzare gli occhi al cielo.
"Scusalo. I maschi sono degli eterni bambinoni" mi sussurrò la padrona di casa, facendosi udire dal figlio che, prontamente, borbottò."Ho preparato una torta con le fragole, giacchè è stagione". La madre dei due fratelli, slacciando il grembiule da dietro la schiena con entrambe le mani, mi rivolse i suoi occhi, nocciola. Sicuramente i figli dovevano aver preso dal padre occhi tanto scuri.
Ogni tanto mi perdevo ad analizzare le somiglianze che entrambi avevano con i rispettivi genitori. Non avevo visto spesso il padre, ma dal poco che avevo potuto analizzare, potevo dire che i due avevano molte cose in comune con lui, più che con la madre.
"Ti andrebbe di mangiarne una fetta, Vanesa?" mi domandò, pronta a scattare in cucina per offrirmi un pezzo della delizia.
"Sí, grazie mille".
"C'è della panna. Ti va bene?".
"Perché, se non le andasse bene la rifaresti daccapo?" domandò Filippo, ironicamente. Gli diedi un colpetto sulla spalla, al quale rispose ridendo.
"Filippo, smettila di fare il buffone" lo riprese sua madre. Questi, però continuò a sorridere beffardo.
"Eh, gli ormoni" si aggiunse Tommaso, scherzando.
"Fra i due, non so come tu faccia a sopportarli" si meravigliò la gentile signora, prima di tornare in cucina per preparare la merenda."Adoro troppo la tua stanza" dissi, accomodandomi sul letto del mio ragazzo. Filippo, tornato in salotto, aveva capito volessimo stare un po' da soli.
"Cosa ti piace? La tua è più bella della mia". Alzai gli occhiali verso il soffitto. Un lampadario piatto, color crema, sembrava un lenzuolo dalla forma affusolata. Spostando il capo verso destra, i miei occhi ricaddero su un'ampia finestra, che illuminava pienamente la scrivania, con due file di cassetti, uno a destra e uno a sinistra. Il letto, con due soffici cuscini, invitava a tuffarcisi immediatamente.
"Tutto" risposi, alzando le spalle.
"Mi piace anche il profumo di questa stanza. Forse sarà solo psicologia, ma sapere che ci vivi praticamente tutto il giorno tu mi fa sentire bene. Sento mio questo posto" dissi, sdraiandomi sul letto, spargendo i miei capelli sui due cuscini, coperti da federe blu cobalto, con qualche sfumatura celeste sul bordo.
"Che lunghi i tuoi capelli". Tommaso si sdraiò accanto a me, appoggiando le braccia ai lati del mio corpo. I nostri petti erano l'uno contro l'altro.
"Pensavo di andare a tagliarli" dissi, guardando negli occhi il mio ragazzo. Lo trovavo così bello. Ma, effettivamente, lo era.
"No, ti prego...". Tommaso alzò espressivamente le folre sopracciglia.
"Perché?".
"Li voglio cosí. Sono perfetti". Guardai Tommaso. Il suo petto si alzava ritmicamente, e con dolcezza, contro al mio mentre respirava. La sua mano sinistra, posta sotto al mento, piegava appena quest'ultimo facendo comparire una fossetta non tanto accentuata, ma comunque presente. I suoi occhi emanavano tenerezza. Per un istante mi sentii mancare per l'amore che avvertivo nei suoi confronti e che sapevo essere ricambiato. Mi sentivo così innamorata.
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La distanza riunisce
RomanceIl rapporto di Daniel e Andrea sembra essere inevitabilmente rovinato. La loro separazione, dovuta a ostacoli insormontabili, è decisiva. Ognuno prenderà la propria strada, lontano dall'altro, fino a quando non si incontreranno di nuovo.