Capitolo
Can
Felice
Così mi sentivo, anni che quella parola non mi apparteneva più, da quando ero andato via di casa non sapevo cosa significasse essere felice.
Bevevo per dimenticare, facevo a botte per sfogarmi e cercavo la mia felicità nel mondo, ma nessuna delle ragazze con cui ero stato mi dava quello che mi dava Eva.
Erano pochi mesi che ci conoscevamo ma con lei potevo dire di sentirmi a casa.
La casa che mi mancava.
Nella mia infanzia e adolescenza sono sempre stato viziato e amato nonostante il mio carattere da ribello, forse i miei genitori pensavano che cambiassi con il tempo ma sono rimasto lo stesso.
Un Can che vuole viversi la vita e non stare dentro quattro mura.
Eva emanava felicità, purezza e dolcezza, più la guardavo e più mi incantavo da lei, mi sentivo stregato.
Nei suoi occhi color nocciola mi ci perdevo ogni volta.. i suoi capelli lunghi e ondulati profumavano di un odore che non si toglieva dalla testa.
Casa sua era diventata anche casa mia, ormai erano due settimane che vivevo lì, mi svegliavo con lei accanto e mi sveglio prima di lei e rimanevo a fissarla, era così innocente con le sue labbra socchiuse e i suoi capelli che stavano dappertutto, quando si svegliava facevo finta di dormire e poi la pregavo di rimanere accanto a me e non andare a lavorare ma non cedeva, quando se ne andava lasciava in me un senso di vuoto, stavo bene solo quando stava accanto a me, passavo il mio giorno ad aspettare il suo ritorno e quando tornava mi sentivo di nuovo completo ad averla accanto. E facevamo tanto sesso.. mi piaceva farle urlare il mio nome. I suoi ansimi e i suoi gemiti mi mandavano in tilt.
Quella sera avevo preparato la cena e l'aspettavo impaziente sul divano spostano lo sguardo dalla televisione al orologio attaccato al muro.
E finalmente senti le chiavi girare e cominciai a respirare.
Felice.
Le andai incontro e mi fondai sulle sue labbra carnose.
Lei non se lo aspetto ma non ci vuole molto per ricambiare il mio bacio.
La desideravo, avevo pensato tutto il giorno a come prenderla quella sera.
'Ti voglio.' Sussurrai contro le sue labbra e lei sorrise, anche lei mi voleva.
I jeans che indossava le fasciavano un sedere meraviglioso, la feci girare contro il mio petto e cominciai a sfiorare il suo corpo con ancora troppi vestiti addosso, le slaccia la zip e mi abbassai per abbassarle i jeans, mi soffermai sul suo sedere che indossava un paio di slip nere e le mozzicai il culo e lei per il dolore o spavento urlò ma un urlo di piacere.
Le abbassai anche le mutandine e mi alzai facendola girare per averla di fronte a me
'Sei bellissima.' Lo pensavo, lei era la più bella di tutte.
La accompagnai verso il divano e le tolsi la maglietta e il reggiseno e mi affondai sul suo seno perfetto leccandolo e mordendolo facendole uscire un gemito di piacere cosa che mi faceva andare fuori di testa, amavo sentire la sua eccitazione soprattutto quando ero io a causarla.
Lei gettò la testa all'indietro e io ne approfittai per soffermarmi sul suo collo e lasciarle un succhiotto.
Volevo che tutti sapessero che lei fosse mia.
Lei era mia.
La feci stendere sul divano e lei mi guardava dal basso mentre mi toglievo i pantaloni e le mutande e mi osservò dall'alto al basso soffermandosi sul mio corpo nudo più del dovuto
'Ti piace ciò che vedi?' Le chiesi e lei arrossì
'Tranquilla sono tutto tuo principessa.'Andai verso di lei e cominciai a baciarla entrando dentro di lei, il mio posto preferito.
Cominciai a muovermi mentre lei accavalco le gambe intorno a me.
A ogni spinta sentivo il piacere scorrere nelle vene e lei a ogni spinta ansimava.
E in quel preciso instante mi accorsi che io amavo Eva.
Amavo la ragazza che stava sotto di me.
Amavo lei e i suoi problemi.
Amavo lei e Chris.
Io amavo Eva.
Un nuovo sentimento per me.
Finalmente sono riuscita ad aggiornare, grazie per il vostro sostegno proverò a scrivere il più presto possibile.
Buona giornata!!! E scusatemi se non sono riuscita ad aggiornare prima
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Un nuovo inizio // CY
Romance"La prima volta non fu quando ci spogliammo ma qualche giorno prima, mentre parlavi sotto un albero. Sentivo zone lontane del mio corpo che tornavano a casa" (Franco Arminio)