Capitolo 26

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NOAH

"Possiamo parlare?" le chiedo vedendola uscire dalla porta.

Non mi degna nemmeno di uno sguardo e molto probabilmente sta facendo la cosa giusta, non la merito e se ne è accorta anche lei.

Non ho idea del perché io abbia reagito in quel modo è tutto nuovo per me e in un certo senso ho paura?

Le sue ultime parole mi rimbombano in testa "stai lontano da me" lo voleva davvero?
Corro fuori in cerca di Tyler.

"Per quale cazzo di motivo hai detto quelle cose a mensa?"
"Perché non è una tua amichetta?"
"No, cazzo lei no!" sbraito.
"Non dirmi cazzate, so benissimo dove vuoi arrivare, vuoi portartela a letto come tutte le altre." comunica accennando un sorriso.
Non rispondo non è così, lei è diversa.

"E sinceramente non ti biasimo affatto, lo farei anche io."
"Che cazzo ha detto coglione?" urlo contro di lui.
"Ho detto che me la porterei a letto" dice scandendo bene ogni parola.

Il nostro discorso ha attirato molti ragazzi che si sono messi in cerchio incitando la nostra discussione.

Gli salto addosso, iniziando a dargli pugni sul viso.
Dopo un po' i ruoli si invertono, ora lui è sopra di me e sta facendo lo stesso.
Lo ribalto di nuovo e così da avere di nuovo io il controllo.

"Fermi ragazzi!" ci urla il coach Jones separandoci.
"Che sta succedendo qui? Perché vi state picchiando?"
"Io devo andare" dico incamminandomi verso casa.

Perché ho reagito così? Quella ragazza mi sta facendo il lavaggio del cervello.

Ritorno a casa per prendermi qualche soldo e dirigermi in un bar poco distante da lì.

"Cosa ti porto?" mi chiede una ragazza avvicinandosi al mio tavolo.
"Whisky"
"Arriva subito"

La cameriera poco dopo mi porta un bicchiere pieno dell'alcolico che avevo chiesto.
Il liquido arriva allo stomaco, lasciando un senso di calma e tranquillità.
Ordino un altro bicchiere, poi un altro ancora...

Non so dirvi quanto whisky ho in corpo, so solo che ho aggiunto anche una birra.

La testa mi scoppia, devo tornare a casa.

I miei piedi però mi portano da un'altra parte, da lei.
Percorro la strada barcollando, fino a vedere, in maniera sfocata, la sua casa bianca.

Prendo il telefono e le scrivo un messaggio.
"Ti prego scendi, ho bisogno di te."

Dopo poco vedo la luce della sua stanza illuminarsi, si affaccia alla finestra e mi guarda con fare interrogativo.

"Che ci fai qui?" mi scrive.
"Ho bisogno di parlarti, devo farlo ora."

La luce della sua camera si spegne ed io improvvisamente perdo le speranze, non vuole vedermi e non la biasimo.

D'un tratto sento la serratura della porta girarsi, sta venendo da me.
"Che cosa c'è?" mi chiede arrabbiata.
"Io..."
"Sei ubriaco?"
"No" dico mentendo.
Le mie idee di mischiano con il discorso che volevo fare.
"Ho voglia di baciarti" continuo guardandola negli occhi.

"Ti riaccompagno a casa, riesci ad indicarmi dove andare?"
Annuisco, non era la prima volta che tornavo a casa ubriaco, da solo.

"Dobbiamo andare qui" dico indicando la via di casa.
"È questa casa tua?" mi chiede poco dopo essere arrivati.
Annuisco, senza dire una parola.
"Andiamo" continua sorreggendomi.

Mi accompagna in camera mia, per poi buttarmi sul letto.
"Ora riposati un po' domani starai meglio" dice recandosi all'uscita.
"Emma..." la chiamo per farla girare verso di me.
"Non andare" continuo.

Si limita solo ad annuire mentre scrive un messaggio a qualcuno.

"Ho scritto a mio fratello, gli ho detto che Brooke non sta bene e che quindi dormo da lei."

Annuisco mentre le prendo una mia felpa e dei pantaloni della tuta, così da stare più comoda.

Si siede sul letto e mi guarda con quei suoi occhi dolci, sono un coglione e non la merito affatto.

Sun in a stormDove le storie prendono vita. Scoprilo ora