Capitolo 38

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EMMA

Mi alzo dal letto, con la stessa voglia che avevo ieri. Anche questa notte non ho dormito molto, i sogni mi tormentavano, o meglio ricordi.
Sono completamente esausta.

Oggi ho deciso che andrò a scuola, sono stanca di farmi condizionare la vita da lui. Ha fatto la sua scelta ed io ora devo continuare la mia vita.

È una giornata scura, come il mio umore, le nuvole hanno completamente coperto il sole e il colore del cielo, promette un acquazzone.

Infilo dei leggings neri e una felpa enorme lilla, le mie solite converse e mi trucco leggermente.

Esco di casa e metto gli auricolari per liberare completamente la mente, ma le domande che ho nella testa si fanno sempre più frequenti: cosa farò quando vedrò Noah? Devo fare finta di niente? Come faccio a far finta di niente?

Ogni domanda è rivolta a lui. Perché l'ho ancora in testa, dopo tutto quello che ha fatto?

Con i miei pensieri arrivo finalmente a scuola.
Mi dirigo direttamente in classe, non ho voglia di vedere nessuno.

"Hey...possiamo parlare?" chiede qualcuno dietro di me, afferrandomi il braccio.
So bene a chi appartiene quella voce, alla stessa persona che mi ha invaso la mente per tutto il tempo.

Mi giro di scatto cercando di togliere il braccio dalla sua presa e andare a sedermi nel mio banco.

"Ti prego, ascolta la mia versione..."
"Se non è quello che è successo veramente, perché me lo hai tenuto nascosto...dovevi solo essere sincero con me, ora sparisci!" Dico con le lacrime agli occhi.
Non dice altro e con lo sguardo basso si allontana da me.
Raggiungo il mio banco il più velocemente possibile, sono già stanca di tutta questa situazione e il solo incontro con Noah, mi ha già fatto rattristire.

"Che succede?" chiede Josh avendo visto la scena.
"Niente" rispondo.
"Dai ti conosciamo parla con noi" interviene Brooke.

"Ha baciato Julia alla festa e non solo." Continuo con una risata amara.
"Non ci credo! Sei sicura?" Chiedono in coro.
Annuisco continuando a guardare davanti a me.

"Ma ci hai parlato?" Chiede Brooke.
Scuoto la testa in segno di negazione.
La mia migliore amica non è molto sicura di ciò che ho appena detto, ma non replica altro fortunatamente, capendo il mio stato d'animo.

"Buongiorno ragazzi..." interviene la professoressa di inglese.
La lezione finalmente comincia.

Non ho seguito praticamente niente, la mia mente mi riporta solo a quell'istante in cui Noah mi ha preso il braccio per fermarmi. Quale giustificazione potrebbe darmi?

"Perciò ricordatevi di studiare per il test che avrete tra pochi giorni..." continua concludendo finalmente la prima ora.

L'ora successiva, di biologia, passa come la precedente, ho bisogno di uscire da qui, di ritornare a casa e rinchiudermi in camera, nel mio posto sicuro.

Quando la prof di arte varca la soglia d'entrata, chiedo di uscire e prendere aria. Apro la porta di corsa e mi fiondo in bagno. La testa mi gira, tutto intorno a me si muove, il mio respiro si fa sempre più frenetico. Ho la tachicardia. Dietro di me sento solo delle voci ovattate che mi chiamano preoccupate. Mi accascio a terra e metto le mani sul capo, come per tenerlo fermo.

"Hey chiamiamo casa..." Brooke si posiziona di fianco a me, portandomi un braccio sulle spalle e stringendomi forte.
"Respira, lentamente, facciamolo insieme" continua facendomi vedere come fare.

Inspiro ed espiro una ventina di volte, fino a quando non sento il mio corpo rilassarsi e prendere un respiro regolare.
La mia migliore amica inizia ad alzarmi, visto che ho ancora dei capogiri allucinanti.

"Dovresti mangiare qualcosa sai?"
Non rispondo, so che ha ragione, tranne qualche foglia di insalata in questi giorni non ho veramente toccato cibo. Sono semplicemente rimasta chiusa in camera.

La campanella della terza ora è suonata. I ragazzi appena usciti dalle aule fanno a gara per andare a prendere qualcosa da mangiare.
Chiamo velocemente casa, per non rischiare di incontrare Noah.

Fortunatamente James non tarda ad arrivare e tutto preoccupato mi aiuta a farmi salire in macchina.
Mi porta in camera mia e mi fa stendere sul letto, costringendomi poi a mangiare della semplice pasta, che la mamma ha preparato.

Mi sforzo di mangiare anche solo il primo boccone, il mio stomaco non vuole nulla di tutto ciò, ma so che se non lo faccio, inizieranno a farmi la paternale, perciò ne mangio qualche forchettata.

"Ehi come ti senti?" Mi scrive Brooke preoccupata.
"Tranquilla, sto bene"
"Non dirmi cazzate, non a me. Non fare quella che non ha emozioni, ti ho vista oggi...dovresti parlarne con lui..."

Forse dovrei davvero parlare con lui, anche solo per chiudere questa storia...
"Si, hai ragione..."

Spengo il telefono, la testa mi scoppia e l'ultima cosa che voglio in questo momento è guardare uno schermo.

Chiudo gli occhi e mi faccio cullare dal silenzio che c'è nella stanza.

Sun in a stormDove le storie prendono vita. Scoprilo ora