Capitolo 6

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BEATRICE'S POINT OF VIEW
Quando entro in bagno, un odore di fiori mi pervade. Rose, gigli, margherite, tulipani, gerani... li immagino tutti, ma più semplicemente, c'è odore di Luca, quel profumo che non ho mai potuto sentire da vicino, se non quando gli puntavo il dito contro il petto e lo accusavo di qualcosa.
Con il piacevole dolore al bacino, mi precipito nel box doccia ancora bagnato, dove poco fa è stato anche lui...cavolo...
Prendo il sapone, ai fiori, e inizio ad insaponarmi canticchiando, senza bagnare i capelli, altrimenti ci metterei troppo tempo ad asciugarli.
Il mio sorriso e il motivetto che stavo cantando cessano quando vedo le mie dita sporche di sangue. Inizio a controllarmi tutto il corpo e mi accorgo che all'interno coscia una sottile scia di sangue mi percorre fino al polpaccio. Mi tocco di nuovo e perdo sangue. Non ho il ciclo! Non sono un'esperta, ma sono abbastanza sicura che il sangue esca solo la prima volta. E se è successo qualcosa?!
Mi sciacquo velocemente e afferro il primo asciugamano bianco asciutto che trovo ripiegato sul mobiletto affianco alla doccia e lo avvolgo attorno al corpo.
Esco in fretta dal bagno lasciando una scia di goccioline e impronte sulla moquette grigia della sua camera, ma al momento non è la cosa più importante.
Guardo il letto e mi accorgo che un'altra macchia di sangue è impressa sul coprimaterasso accanto all'altra. Il panico mi assale.
-Luca! - urlo il suo nome dalle scale e lo sento salire velocemente dopo aver detto qualcosa al fratello.
-Che c'è? - mi chiede immediatamente, poi si blocca sulla porta della sua camera e mi squadra dalla testa ai piedi. -Hai deciso che passeremo tutto il giorno a fare sesso? - esordisce con un sorriso malizioso. Quando alza lo sguardo su di me, però, il suo sorriso scompare.
-Che succede?
-C'è qualcosa che non va.
-In che senso?
-E' normale che esca sangue anche la seconda volta? - indico il letto.
La sua bocca si spalanca e mi fissa in silenzio.
-Allora? - lo incinto.
Scuote la testa, abbassando lo sguardo.
Mi copro gli occhi con una mano.
-Ti ho fatto male? - mi chiede avvicinandomi.
-No, non mi hai fatto male...
-Hai le tue cose? - mi sposta un ciuffo caduto dallo chignon dietro l'orecchio.
-No.
-Sono sicuro che non sarà niente di grave, piccola. Sarai stata ancora un po' stretta. -mi accarezza la guancia con le nocche mentre mi stupisce in un sorriso rassicurante. Piccola?
E quando mi giro verso il letto, tutti i ricordi della notte prima riaffiorano. Mi volto con uno scatto verso Luca e mi accorgo che anche lui mi sta guardando con gli occhi socchiusi.
-Ieri sera...- comincia lui.
-Quando siamo venuti in camera...- continuo io.
-Andiamo in camera mia - aveva detto Luca, trascinandomi su per le scale.
-Con piacere - avevo risposto con una risatina maliziosa.
Appena varcato l'uscio, lui si era buttato sul letto e io mi ero messa a cavalcioni su di lui. Avevo cominciato a baciarlo con passione, fino a quando lui non si era sporto dal cassetto per prendere qualcosa (avevo immaginato un preservativo). Presa dalla paura della mia prima volta, avevo preso le due bustine argentate per poi correre nella porta che conduceva al bagno.
-Dove vai? - mi aveva detto, mentre mi seguiva ridendo.
Io non avevo risposo e avevo iniziato a riempire d'acqua quei due involucri di lattice.
-Che stai facendo? Vuoi fare i gavettoni? - Luca era sbucato dalla porta.
Senza dire niente, gliene avevo tirato uno sul petto, bagnandolo completamente.
-Ah, è questo che vuoi fare? - aveva preso il secondo involucro e, quando stava per tirarmelo addosso, io ero uscita dal bagno correndo e lui me l'aveva tirato dietro la schiena, bagnando anche me.
-Stronzo! - avevo urlato ridendo.
Lui era corso giù dalle scale senza dire niente e io l'avevo seguito.
-Ho fame! - aveva esclamato. -Hotdog!
Aveva preso fuori il pane, una confezione di wurstel Ahia e lo aveva inserito tra i due pezzi di pane. Mi ero avvicinata a lui e glielo avevo sfilato dalle mani quando era impegnato a prendere il ketchup.
-Adesso la stronza sei tu!
Aveva ripetuto la stessa opzione con un altro wurstel e aveva spruzzato il ketchup in entrambi i nostri panini.
Quando eravamo tornati in camera sua ci eravamo seduti sul letto a mangiarli.
-Guarda che sta cadendo tutto il ketchup, scema!- aveva urlato ridendo poi quando era caduto sul letto.
-Oddio! Mi dispiace! Sono ubriaca, ma prometto che domani ti aiuterò a cambiare il letto! - gli avevo promesso tra una risata e l'altra.
Mi ero messa a strofinarla con un tovagliolo e avevo espanso di poco la macchia.
-Ho sonno... - avevo detto dieci minuti dopo, in cui eravamo stati sdraiati a guardare il soffitto con la pancia piena.
Lui aveva iniziato a togliersi i jeans e la maglietta. -Ma che fai?
-Sono tutto bagnato.
Avevo scosso la testa, ma poi mi ero tolta anch'io il vestito e, vedendo che lui si toglieva le mutande, me le ero tolte anch'io senza vergogna, assieme al reggiseno.
-Se non fossi così ubriaco e stanco non sai quello che ti farei in questo momento - aveva sussurrato con voce rauca.
-Dormi. - avevo risposto acida, mentre tiravo su il lenzuolo e coprivo entrambi.
Non ci eravamo abbracciati, ma, pian piano, ci eravamo avvicinati e siamo finiti nella posizione in cui ci eravamo ritrovati stamattina.
-I gavettoni?! - Luca scoppia a ridere.
-E il ketchup... - lo seguo io.
-E anche i vestiti bagnati. Tu sei pazza! - mi punta il dito contro continuando a ridere.
-E tu? Che ti volevi approfittare di me perché ero ubriaca?
Inarca le sopracciglia. -Ma che dici? Ero sbronzo anch'io!
-Stavo scherzando, idiota! - gli picchietto con la mano sul petto.
-Quindi... ieri sera non abbiamo fatto niente...
-E la tua prima volta era davvero stamattina... - aggrotta la fronte. -mi dispiace che sia successo così...
-Almeno me lo ricordo. E poi te l'ho detto: non avevo in mente una cosa romantica... ora mi sono tolta il pensiero. - abbasso lo sguardo perché sicura di essere arrossita. Era vero: mi sentivo felice di averlo fatto e mi era piaciuto. Non importa se era stato con Luca, il ragazzo che non potevo minimamente sopportare... beh, in parte m'importava...
-Tolta il pensiero?
-Si, adesso posso essere come le altre ragazze.
-Perché dovresti essere come tutte le altre ragazze?
-Perché sono quelle che piacciono ai maschi.
-Hai intenzione di scoparti il primo che ti capita ora che l'hai fatto? - mi chiese con aria dura.
-Ma ti pare?! Perché devi sempre essere così stupido?! Dico solo che le ragazze vergini non le vuole nessuno perché hanno paura, non sono pronte, c'è troppo da aspettare e bla bla bla. - gesticolai in tono acido.
-E qui ti sbagli. Sai che soddisfazione per noi sapere che nessuno vi ha fatto provare quelle emozioni, che nessuno ha toccato quello che abbiamo toccato noi? Che siete pure e non trasmettete malattie sessualmente trasmissibili?
-Caro, se usi il preservativo non te le attaccano nemmeno le tue troiette - affermai, irritata. - E comunque non si può dire lo stesso di voi maschi...
-In che senso?
-Nel senso che se io, vergine, l'avessi fatto con un ragazzo senza esperienza, probabilmente... - non avrei provato il piacere che ho provato con te? Si sarebbe montato la testa.
-Probabilmente? - chiese, in attesa di elogi.
-Probabilmente mi sarei rifiutata e sarebbe stato ancora più imbarazzante. - feci una faccia schifata, all'immagine di quella scena.
-E meno male ti è capitato un esperto come me. - sospirò teatralmente.
-Se fossi in te non me la tirerei tanto: chi ti ha detto che sei stato così bravo? - mi avviai alla sedia in cui Luca aveva appoggiato tutti i miei vestiti, probabilmente mentre facevo la doccia.
Indossai le mutandine sotto l'asciugamano e poi presi il reggiseno, che allacciai sopra il pezzo bianco che mi ricopriva a malapena il corpo. Intanto vidi Luca avviarsi verso l'armadio e afferrare una felpa scura con la scritta I'm a good boy. Mi venne da ridere.
-Che significa che non sono stato bravo? Io sono sempre bravo!
-Mamma mia quanto sei presuntuoso!
Mi torturavo i gancetti del reggiseno, con il quale litigavo ogni dannato giorno, e giravo in tondo su me stessa, come facevo sempre in camera mia, imprecando.
-Ce la fai? - mi chiese avvicinandosi. Avrei voluto dirgli di aiutarmi, ma poi avrebbe sganciato anche il primo gancetto che ero riuscita ad agganciare.
-Si, non ho bisogno del tuo aiuto. Che ci fai con una felpa con quella scritta? È un'antitesi vera e propria!
-Una che?
-Ma tu stai attento nelle lezioni di italiano?
-E me lo chiedi?
-Come tu faccia a prendere buoni voti me lo chiedo ancora, dopo tre anni.
-So leggere i libri e sono dotato di un'ottima memoria visiva. Comunque, cos'è quella parola?
-E' una contraddizione. Sei incoerente. - indicai la felpa e poi lui.
-Ehi! Io sono un bravo ragazzo!
-Quando sei con tuo fratello.
-E dimentichi a letto.
Scoppiai a ridere. -Vuoi tornare all'argomento del "sono bravo a letto"? - imitai la sua voce.
-Dì quello che vuoi, ma i tuoi gemiti quando eri sotto di me non mi fanno credere a una sola parola di quello che dici.
Smisi di ridere e arrossii violentemente. In effetti...
Accorgendosene, venne verso di me e mi porse la felpa.
-Dovrei metterla?
-E come pensi di vestirti se no? Con un vestitino che ti copre poco e niente in pieno giorno e sporco di ketchup?
Guardai il mio vestito e poi la felpa. Piegai la testa di lato e sospirai accettando la sua felpa.
Mi sfilai l'asciugamano stando attenta a non spostare le coppette del reggiseno e infilai la felpa chiusa, che mi invase le narici di un delizioso profumo di muschio bianco. Cercai di non mostrarmi estasiata da quella fragranza e aprii tutti i casse della stanza.
-Cosa cerchi?
-Le lenzuola. Ricordi? Ti avevo promesso che avrei cambiato il letto.
Annuì e andò dall'altra parte di dov'ero io, per aprire l'ultimo cassetto in passo della cassettiera e tirarne fuori un coprimaterasso bianco e un lenzuolo dello stesso colore, ma a pois blu.
-Carine.
Mi lanciò un'occhiataccia credendo che lo stessi sfottendo.
-Dico sul serio!
-Le mie preferite erano quelle che mi hai appena sporcato di ketchup e del tuo sangue, cara.
-E ne vado fiera! - gli strappai il coprimaterasso e lo spiegai in volo facendolo atterrare sul letto, mentre un altro profumo di pulito e di detersivo mi invadeva. Ma in quella casa tutto aveva un profumo diverso dall'altro?
Lui lo distese per bene e incalzò i lembi agli estremi dei letti, come feci io, ma scoppiai a ridere quando mi accorsi di come li aveva incalzati... o per meglio dire: appoggiati.
-Ma come sei messo? - risi. -hai mai fatto un letto? - andai dalla sua parte e cercai di metterli a posto senza rovinare la mia parte di lavoro. Poi passammo al lenzuolo e in pratica il letto lo cambiai solo io. Giustamente: l'avevo sporcato io!
Lo sentii afferrarmi i fianchi da dietro, mentre ero piegata in avanti e mi irrigidii.
-In questa posizione a novanta gradi stai risvegliando il mio appetito mattutino, lo sai?
-E allora andiamo a mangiare! - esclamai, contenta del diversivo, mentre lo prendevo per il polso e lo trascinavo giù dalle scale.
-Non intendevo proprio quel genere di appetito, Beatrice... - disse, con voce rauca, mentre attraversavamo il soggiorno.
-Non l'avevo capito, Mercuri! - dissi ironicamente, entrando in cucina. Scossi la testa. -sei sempre il solito!
Poi mi stampai un sorriso sincero quando vidi Tommaso seduto al tavolo mentre impregnava dei biscotti di varie forme nella sua enorme tazza di latte.
-Il tè è nel microonde, dovrebbe essere ancora caldo. - mi informò Luca, mentre si indirizzava e io restavo ferma, in piedi, non sapendo cosa fare.
-Siediti! - mi incalzò lui. -cos'è, adesso hai deciso di fare la timida?
Gli mimai con le labbra un "vaffanculo" e tornai a sorridere a Tommaso, mentre mi sedevo accanto a lui.
-Questi sono i biscotti della mamma! Quelli a forma di stella sono i più buoni!
-E quali altre forme ci sono? - chiesi, mentre prendevo un biscotto dalla ciottola e lo intingevo nella tazza rossa fumante di tè.
-Angioletti, rettangoli, la T di Tommaso e la L di Luca. - mi rispose il piccoletto.
-Penso che il mio prossimo biscotto sarà la L di Luca. - afferrai il biscotto prediletto e gli diedi un morso provocante, mentre guardavo il proprietario di quell'iniziale, seduto di fronte a me, che deglutì e si passò la lingua sulle labbra. E stavolta fu lui a mimarmi uno "stronza".
Abbassai lo sguardo sulla sua tazza e scoppiai a ridere. -Che tazza... adorabile!
Era una tazza rossa, con la stampa di un coniglio grigio, circondato da stelline e cuoricini multicolori. E lui arrossì.
-Mi ci sono affezionato! Non offendere il mio dolce coniglietto... - fece il musetto dolce e istintivamente mi venne voglia di baciarlo, ma repressi subito il pensiero.
-Vado a vedere i cartoni! - urlò Tommaso, alzandosi e correndo in salotto.
-Non urlare, Tommy! - lo riproverò il fratello, gridando a sua volta.
Iniziai a sorseggiare il tè, che mi lasciò una piacevole sensazione di calore lungo l'esofago e poi nello stomaco.
-Non prenderò in giro il tuo coniglietto, tranquillo. Ho una tazza simile, solo con una coniglietta. - accennai un sorriso timido, ma lui non poteva prendermi in giro: io ero una femmina.
Sgranò gli occhi per qualche secondo. -Wow. Io ti facevo una dura con una tazza della Marina. - ammiccò in un sorriso.
-Io una dura? Sono buona come questi biscotti!
-Ti piacciono?
-Sono deliziosi. - dissi sinceramente e il suo sorriso si allargò, fiero di sua madre.
Poi una domanda mi assillava la mente e senza nemmeno pensarci lo chiamai:
- Luca?
-Dimmi.
-Ma... - parlai in un sussurro, con le labbra all'interno della tazza. -sono andata bene?
-Eh? - si sporse, perché avevo parlato troppo piano.
Alzai di un pizzico la voce. -Sono andata bene?
-In che senso?
-Hai capito, non farmi continuare solo perché vuoi mettermi in imbarazzo.
Non aveva capito veramente, ma poi ci pensò su un attimo. -Oh... -annuì. - si, sei stata brava. Sei sicura che fosse stata la tua prima volta? - era serio.
-Abbiamo appena cambiato le lenzuola per quello, idiota. - dissi, arrossendo.
-Oh, giusto.
-Perché?
-Te l'ho detto: sei stata brava, forse anche troppo.
Sorrisi timidamente, sperando che dicesse la verità.
-Adesso quella che non si deve montare la testa sei tu, però. - fece un sorrisino sghembo.
Divenni seria e scocciata. -Io non sono affatto come te! Chissà quanti ragazze ti hanno detto che sei bravo, a me lo dicono una sola volta e la mia soddisfazione viene subito spazzata dalle tue parole. -mi alzai in fretta, tirandomi più giù la sua felpa che mi arrivava quasi alle ginocchia e mi indirizzai verso l'uscita della cucina. Ma mi sentii cingere i fianchi e con un movimento veloce la mia schiena premette contro il suo petto, mentre lui mi stringeva.
-Eddai, stavo scherzando, Bea. - mi sussurrò all'orecchio e, per fortuna che avevo le maniche lunghe, perché mi venne la pelle d'oca.
-Mi sono offesa. -feci il musetto e lui strofinò il naso contro i miei capelli lentamente e rabbrividii.
-Non volevo...
-Ti stai scusando? - mi rilassai contro il suo corpo.
-No, ho detto che non volevo non che sono pentito.- la sua voce divenne roca, mentre mi sfiorava il collo con le labbra.
-Sei così incoerente, Luca. - dissi, mentre diventava roca anche la mia voce.
Mosse le mani sul mio ventre e una serie di brividi mi percorse la schiena. Anche io, però, ero incoerente: non lo sopportavo e poi mi lasciavo accarezzare e stringere da lui.
-Lo so. - poi il suo naso mi sfiorò la guancia e, istintivamente, girai la testa verso di lui, incontrando il suo naso.
Avevamo appena iniziato a sfiorarci le labbra, quando Tommaso sbucò dalla porta saltellando e noi ci staccammo immediatamente, schiarendoci la voce.
-Che succede, Tommy?- chiese Luca, vedendo il fratellino triste.
-Voglio la mamma. -piagnucolò.
-Piccolino, la mamma arriverà per pranzo, lo sai che aveva il turno di notte. -Luca prese in braccio il fratello, che gli si avvinghiò come una scimmietta.
Guardai l'orologio: le undici passate. Anche mia madre aveva il turno in aereo; sarebbe arrivata nel pomeriggio, ma era meglio se tornavo prima che arrivasse la madre di Luca.
-Io dovrei andare... - dissi, cercando di nascondere la frustrazione: ero stata così bene.
Luca e Tommaso si girarono verso di me. -No, non andare! - il più piccolo scoppiò a piangere.
-Ehi. - Luca lo guardò sgranando gli occhi, come se fosse strano che piangesse per me.
-Tommy, non piangere.- mi avvicinai e gli accarezzai i capelli, mentre il viso era affondato nel collo del fratello. Lui si girò verso di me e allungò le braccia affinché lo prendessi in braccio.
-Tornerà a trovarti. - disse Luca e io gli lanciai un'occhiata sorpresa. Lui scrollò le spalle. -Se no, non finisce più - sussurrò.
-Si, tornerò a trovarti presto, non ti preoccupare. - mi strinse di più le braccia al collo e io gli lasciai un bacio sui capelli, prima di metterlo giù.
Andai in camera non appena si fu calmato e mi misi il vestito sotto la felpa. Quando scesi, li trovai entrambi sul divano e Luca si alzò, accompagnandomi alla porta. Tommaso mi salutò sorridendo come se non avesse appena smesso di piangere.
-Non fermarti a parlare con nessuno e vai dritta a casa, mi raccomando. - disse a bassa voce, in un'espressione impassibile.
-Si, papino. - risposi con la classica battuta.
-Dico sul serio. Vestita così di giorno è forse più pericoloso che di notte.
-Ma ho la tua felpa sopra.
-Appunto: sembra che sotto tu non abbia niente.
-Ti preoccupi per me? - sorrisi aggrottando la fronte.
Mi guardò e scoppiò a ridere. -No. Solo non voglio averti sulla coscienza e non voglio voler dire a tua madre e alla polizia che eri appena uscita da casa mia quando sei scomparsa.
Mi incupii e guardai quella sua espressione arrogante con disprezzo. E io che per un solo secondo ho creduto che potessimo smettere di odiarci e diventare quasi amici. Illusa.
-Sei proprio uno stronzo! - feci per uscire, ma mi girai. -Ah, e non provare a sputtanarmi con i tuoi amici e tantomeno a rivolgermi la parola, domani!
Aprii la porta e gli rivolsi un sorriso forzato e per niente allegro, prima di chiuderla alle mie spalle.
Oddio. Avevo fatto sesso con questa sottospecie di idiota e avevo avuto voglia di baciarlo di nuovo subito dopo colazione. Forse ero ancora un po' ubriaca: non reggevo molto l'alcool, come avevo potuto notare.
Almeno ero contenta di essere stata cosciente la mia prima volta, anche perché è stato bello e la seconda volta ancora di più.
Nonostante mi tormentasse un lieve dolore al bacino e tra le cosce, andai spedita a casa come mi aveva detto Luca, perché in effetti ero abbastanza svestita. Per fortuna casa mia era abbastanza vicina e su una via non disabitata, per cui arrivai a casa sana e salva, tralasciando qualche occhiata maliziosa da parte degli anziani nonnini seduti sulle panchine del parco a tradire le mogli solo usando gli occhi.
Ero a casa da sola, per fortuna: chissà cosa avesse detto mia madre vendendomi tornare a quell'ora e chissà che avrebbe pensato quando mi avesse visto con la felpa di un ragazzo addosso.
La felpa di Luca. Profumava ancora. Quando mi fui messa i pantaloncini corti del pigiama e la canottiera, rimisi quella felpa. Quella che gli avevo "sequestrato" e non avevo più intenzione di dargli, nonostante i lavaggi, profumava ancora di muschio bianco e del suo profumo naturale.
Basta. Stavo diventando patetica! Dovevo studiare, sì, studiare mi distraeva e faceva azionare i neuroni nel modo giusto.

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