Capitolo 33

234K 7.9K 559
                                    

                 BEATRICE
Appena lessi il messaggio, lanciai un libro contro il muro, sebbene per me i libri fossero sacri.
Dio Santo, ma si poteva essere più incoerenti di Luca?!
Cioè, prima mi pregava di andare a casa sua, nonostante i miei rifiuti, poi mi mandava un messaggio con scritto che aveva cambiato idea.
Per risposta, scrissi la prima cosa che mi venne in mente, perciò lo mandai a fanculo.
Cominciai a studiare, dato che mi era passata la fame, cercando di distrarmi, ma finii solamente per rileggere la stessa riga almeno diciassette volte. Accidenti!
Così mi misi a guardare la TV e The Vampire Diaries mi distrasse per un po', fino a quando non finì.
Tornai quindi a studiare, ma dopo un'ora di lettura inutile, mi allontanai dalla scrivania per paura di strappare qualcosa. Non sapevo cosa fare, perché in teoria avevo programmato di andare da Luca per tutto il pomeriggio, perciò non mi ero organizzata per un eventuale cambio di piano.
Il culmine della rabbia arrivò quando lo schermo del mio cellulare si illuminò.
"Ti va ancora di venire, vero?"
Ma che stronzo del... mi fermai prima di non finire più di insultarlo.
"Ti ho già mandato a fanculo.", scrissi.
"Lo accetto. Ora vieni?"
"Ma non ci pensare neanche lontanamente!"
Poi gli scrissi ancora, per puntualizzare: "Non sto ai tuoi comodi. Hai un sacco di numeri di altre ragazze, trovati un'altra. Io ho da fare".
"Scommetto che in questo momento ti stai girando i pollici, invece."
"Beh, ti sbagli. Sto cucinando."
Non c'era niente da cucinare, perché non avevo voglia di fare la spesa.
"Perché non sei credibile?"
"Perché sei tu che sei cretino. Addio."
"Non fare così..." poi ne arrivò un altro subito dopo. "Ero un po' di cattivo umore e se fossi venuta avremmo finito per litigare..."
"Perché?" perché cambiava umore così repentinamente?
"Se vieni te lo dico"
Per quanto fui tentata di saperlo, scrissi: "Ci vediamo domani a scuola."
Conclusi e misi da parte il telefono, iniziando a fare la lavatrice. Almeno mi tenevo un po' impegnata, anche se non ne avevo voglia. Lilium si accoccolò ad una mia gamba mentre ero in ginocchio a infilare i vestiti nella lavatrice.
Lo accarezzai un po', prima di mettere il detersivo nell'aggeggio apposito e poi uscii dal bagno.
Quando sentii suonare il campanello, mi aspettai che fosse la mia vicina di casa, che, anche se dopo un po' diventava stressante, era venuta a farmi compagnia.
Aprii con un sorriso, che si spente quando trovai Luca con un sorriso contrito.
Cercai di chiudergli la porta in faccia per la terza volta nel recente periodo, ma lui mi precedette e mi spinse dentro casa prima che potessi farlo.
-Non dovresti chiedere "chi è", prima di aprire? Sei a casa da sola, ricordi?
-Adesso ti preoccupi per me? – risposi sarcastica.
-Dai, smettila di fare la bambina! -
Incrociai le braccia al petto e lo trucidai con lo sguardo. Anche se quello era proprio il comportamento tipico di una bambina.
Dopo un attimo di silenzio in cui eravamo rimasti a lanciarci occhiate folgoranti, Lui esordì con un "Ho fame".
-Anch'io.
-Non ha ancora mangiato?
-Mi era passata la fame quando... quando sono arrivata a casa.
-Anche a me. Ma ora mi è tornata. Mangiamo?
-Non ho niente in casa. Devo andare a fare la spesa. – sbuffai.
Infatti, anche se non mi fosse passata la fame poco prima, non avrei saputo cosa mangiare. Biscotti? Farina?
-Ah, sì? Ma non stavi cucinando?-
Restai interdetta per un attimo. Cavolo! –Infatti ho finito la roba, perché ho cucinato.
-E cos'hai cucinato? – fece un sorrisetto.
-Ah, va al diavolo!
-Andiamo a casa mia? Cucini tu, però. –propose.
-Solo perché ho fame e non ho voglia di farmi vedere in giro con te se andiamo a mangiare fuori, sia chiaro.- gli puntai il dito contro, poi andai in camera, salutai Lilium, accoccolato ai piedi del letto e mi cambiai i jeans con un paio di comodi leggins neri. Per fortuna non mi ero messa il pigiama, quando ero tornata a casa da scuola, come facevo di solito.
Scesi le scale, presi cellulare e chiavi e mi indirizzai verso la porta, seguita da Luca.
La chiusi a chiave e mi incamminai sul marciapiede, come se fossi sola.

-Hai intenzione di venire a casa mia ma di ignorarmi? – mi chiese, raggiungendomi.
-Forse non ti è chiaro che io vengo a casa tua solamente perché da me non c'è niente da mangiare e non ho la minima voglia di andare a fare la spesa! -
Alzò le mani in segno di difesa e restò zitto per buona parte del tragitto, escludendo qualche tentativo di fare un minimo di conversazione, del tipo "Hai visto che sole che c'è oggi? Sembra quasi primavera!". Lo diceva sorridente, ma quando vedeva che io nemmeno lo guardavo e non gli davo corda, il suo sorriso si spegneva. E a me, nel profondo, dispiaceva.
-Luca! –esclamò una voce anziana, dietro di noi.
Ci voltammo entrambi e trovammo una deliziosa vecchietta vestita a fiori con una borsetta coordinata, che ci veniva incontro.
-Quanto tempo! Quando ti ho visto l'ultima volta? Saranno stati almeno sette anni fa. Eri così carino, da piccolo! – iniziò a parlare a manetta ed io lanciai uno sguardo a Luca, che le sorrideva imbarazzato. Ero sicura che non sapesse nemmeno chi era quella vecchietta, come succedeva sempre a noi ragazzi.
-Non ti ricordi di me, vero? – gli chiese, forse accorgendosi della sua perplessità.
-Ehm...no. – Luca cercò di essere il più cordiale possibile, ma era comunque imbarazzato.
Sì, anche io non sapevo mai cosa fare in questi momenti.
-Io sono la Rina, l'amica di tua nonna! – metteva l'articolo davanti al nome, come era solito fare nel nostro paese, principalmente dagli anziani.
-Ahh! – in quella lunga esclamazione, Luca cercava di ricordarsi, ma ovviamente non ci riuscì. Eppure abitavamo nello stesso paesino, ma neanche io l'avevo mai vista prima.
La signora si voltò verso di me. –E lei è la tua fidanzatina? – congiunse le mani, facendo un singolo applauso. –Come sono contenta! State così bene! io l'ho sempre detto con tua nonna che avresti trovato presto una ragazza esemplare e bellissima che ti meriti! – esclamò, esuberante.
Dopo essere arrossita un poco, dissi sottovoce, tra un colpo di tosse finto: -Perché te la meriti. – e Luca mi tirò una gomitata furtiva.
-No, lei non è la mia fidanzata. Devo ancora trovare la ragazza esemplare e bellissima che merito... – fece una faccia da cucciolo smarrito. Poverino!
-Oh. – esclamò imbarazzata. –Che peccato. Vi vedevo così affiatati... -
Per poco non scoppiai a ridere: non gli stavo nemmeno rivolgendo la parola fino a dieci secondi prima e camminavamo a quasi due metri di distanza!
-No, beh... – rispose Luca imbarazzato. – ora dovremmo andare, sa, non abbiamo ancora mangiato...
-Oh, poveri piccoli. – ma questa parlava sempre così? -Andate, andate, siete così sciupati... non voglio negarvi un pasto! -
Le sorridemmo imbarazzati e io le strinsi la mano. –E' stato un piacere conoscerla.
-Oh, anche per me, cara. Ma ora andate e mangiate in abbondanza, mi raccomando!-
Proseguimmo per il poco tragitto che ci era rimasto e, quando ci fummo accertati di essere fuori dal campo visivo di quella signora, scoppiammo a ridere.
-Ma quella è matta! – esclamò Luca.
-Sì, a dire che ti meriti una ragazza esemplare e bellissima, sì. – gli sorrisi malignamente.
-E lo è ancora di più ad affermarti come tale.
-Stai insinuando che io non sia una ragazza esemplare. E neanche bellissima? – scherzai, perché sapevo di non essere così.
-Esemplare non direi proprio. – alzò le sopracciglia. – però le tue tette ti precedono...- focalizzò lo sguardo sulla casta scollatura della mia maglia, che però era aderente.
-Pervertito! – esclamai, coprendomi con le braccia come meglio potevo.
Lui inserì la chiave nella serratura di casa sua e aprì la porta, ridendo.
Ormai conoscevo bene quella casa, perciò mi indirizzai in cucina senza sentirmi in imbarazzo.
Iniziai ad aprire tutti i mobili per trovare una pentola e la pasta per iniziare a cucinare.
-Fai come se fossi a casa tua. – disse sarcastico Luca, entrando in cucina.
-Già fatto. Intanto su apparecchia. – risposi frettolosa, mentre riempivo d'acqua il tegame.
Dopo pochi minuti, quando l'acqua iniziò a bollire, misi il sale grosso e poi versai una porzione di pasta per due porzioni e mezzo, perché sapevo che lui mangiava come un maiale. E si, beh, un po' anch'io.
-Allora, perché eri così di cattivo umore, prima? – gli chiesi, appoggiandomi al ripiano, aspettando che la pasta si cuocesse: otto minuti erano estremamente lunghi.
-Ah, non te lo dico. – scosse la testa, mentre metteva un bicchiere per ciascuna tovaglietta sul tavolo rettangolare.
-Ma avevi detto che me l'avresti detto se fossi venuta a casa tua! – misi il broncio come una bambina.
-Se fossi venuta. Ma io ti sono venuto a prendere. – sorrise divertito.
Gli lanciai un maccherone preso dalla confezione che non avevo cotto e lui imprecò perché gli arrivò sull'orecchio.
-Che persona malvagia che sei. Lanciarmi un maccherone, wow!
-Smettila o te ne lancio un altro. – pestai un piede a terra e mescolai la pasta nell'acqua. – Non ti parlo più.
Lo sentii ridere e poi la tv sopra ad un mobile si accese.
-Preferisci guardare la tv piuttosto che fare conversazione con me?! – mi girai verso di lui, offesa.
-Mi hai appena detto che non mi parli più! – strabuzzò gli occhi.
-Oh. – realizzai.
Tornai in silenzio a mescolare la pasta, poi l'assaggiai e mi sembrava cotta.
-E' pronto? – sbuffò.
-Vieni a sentire. Mi sembra di sì- risposi secca. Mi stava su il fatto che sbuffasse: non ero mica io che decidevo la cottura della pasta, eh!
Mi strappò il mestolo dalle mani e cercò di prendere un maccherone, ma imprecò ogni volta che gli scappava.
-Dà qua. – gli ristrappai di mano il mestolo e gliene presi uno facilmente, portandoglielo alla bocca.
-Attenta che cade, attenta... – mise una mano sotto al mestolo e il maccherone, in equilibrio precario, gli finì sulla mano.
Iniziò a gridare e a saltellare e il maccherone saltellò con lui, sulle sue mani a coppa.
Scoppiai a ridere per la scena buffa, perché non sapeva dove metterlo. Intelligente com'era, non aveva pensato che poteva ributtarlo nella pentola oppure nel lavandino.
-Cazzo! – continuò a strillare.
-Luca! Fermati!- continuai a ridere, vedendo la sua faccia.
Presi un piatto che aveva messo in tavola e glielo porsi, tra una risata e l'altra.
-Mettilo qui! – lo sporsi verso di lui.
-Porca puttana! – fece un ultimo saltello e lo lanciò nel piatto.
-Oddio! – ripresi a ridere.
Ci soffiai sopra e poi glielo porsi, per farglielo assaggiare.
-No, io non lo voglio. Mi fido. – scosse la testa, ripudiandolo con una mano davanti a sé.
Sorrisi divertita e mi diedi una mossa a scolare la pasta, prima che passasse di cottura.
Pasta all'olio andava più che bene.
Feci un copioso piatto per entrambi e mi sedetti di fronte a lui a mangiare.
-C'è mancato poco che non mi ustionassi le mani. – esordì, tra una boccata e l'altra.
-Per un maccherone, esagerato!-
Mi lanciò un'occhiata rabbiosa e non aggiunse altro, mangiando in fretta e guardando la tv.
Io, invece, mangiai lentamente, un maccherone alla volta, perché se no mi sarei gonfiata come una palla dopo due bocconi.
-Cos'altro c'è da mangiare? – mi chiese, quando il suo piatto fu vuoto.
-E' casa tua. Se non lo sai tu...
Si alzò seccato e aprì il frigo. –Non c'è nemmeno un avanzo! Robe da matti.-
Tirò fuori il latte e se lo versò nel bicchiere.
-Ma tu bevi latte ad ogni pasto?-
Annuì e lo bevve. Gli rimasero i baffi, come quella volta a Venezia ed io risi, porgendogli il tovagliolo.
-Sì, mi capita spesso.
-Ecco perché a volte, a scuola arrivi con il sopra delle labbra tutte bianche.- affermai, divertita.
-Beh, alcune volte mi dimentico di guardarmi allo specchio e se non vedo Tommaso che me lo dice prima di uscire, mi scordo.
-Tu ti dimentichi di guardarti allo specchio?! – esclamai, sarcastica.
-Guarda che non sono così vanitoso come credi. – si mostrò offeso.
-E allora perché lo credo?
-Perché non mi conosci bene.
-Oh, sì che ti conosco, invece.
-Ma non nel senso in cui dico io. – rispose vago.
D'un tratto, un lampo di curiosità si insinuò nella mia testa, ma lo repressi per non mostrarmi invadente. Se avesse voluto, avrebbe potuto mostrarmi qualunque parte di lui volesse. Così forse si sarebbe dimostrato meno insopportabile.

Sex or love?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora