Capitolo 35

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LUCA
In teoria, il fatto che io e Beatrice fossimo diventati scopa-amici avrebbe dovuto farci avvicinare di più e permetterci di scopare ogni volta che volevo - com'era nei miei obiettivi. Invece, da quando lo eravamo diventati, ci eravamo allontanavi ancora di più. Non sapevo se odiare di più mia nonna, Beatrice, Gabriel o me stesso.
Anello di fidanzamento? Ma che cazzo...?
Il primo bacio di Beatrice era stato con Gabriel?!
E io l'avevo praticamente cacciata da casa mia da un momento all'altro senza neanche salutarla!
Porca miseria, ma la Provvidenza di cui si parla nei Promessi Sposi non dovrebbe arrivare dove la giustizia umana non arriva? Dopo tutto quello che ho patito dalla sera in discoteca di due mesi fa, non mi merito un piccolo aiuto divino, cazzo?
Era una settimana che non ci parlavamo. Ovviamente.
Non sapevo come fare per farmi passare il senso di colpa, che nell'ultimo periodo si era mischiato anche all'invidia e alla rabbia, nei confronti di Gabriel.
A volte passavano in un battibaleno, come quando ho chiesto a Beatrice di venire a casa mia sebbene due ore prima le avessi detto di non farlo; o come quando tutti i giorni a scuola mi passava di fianco e sentivo il suo profumo.
Negli ultimi due giorni mi ero anche spaventato, perché credevo di essere diventato uno stalker ossessionato dal profumo di una donna.
Mi ripetevo durante le lezioni i discorsi che volevo farle, ma appena c'era un momento in cui potevo parlare con lei, il mio cervello diventava una tabula rasa e, per causa diretta, anche la mia voce.
Lei, da parte sua, comunque, non aveva nemmeno provato a chiedermi come mai avessi cambiato umore così repentinamente. Ero sicuro che mi considerasse bipolare, nel migliore dei casi. I primi giorni mi ero detto "bene, così non dovrò inventarmi nessuna scusa per non doverle dire la verità", poi, però, ci avevo riflettuto ed ero arrivato alla conclusione che a lei, di me, non gliene fregava niente. E - mi duole ammetterlo - ma mi erano venuti per un momento gli occhi lucidi nel vederla sorridere per una cosa che aveva detto Gabriel il giorno prima. Non era gelosia, solamente avrei voluto che avesse riso per una cosa che avevo fatto io, come quando mi ero scottato con maccherone.
Se questa non si chiama gelosia..., mi ricordò il mio inconscio.
No, questa non si chiama gelosia.
E quindi, passata una lunga e dolorosa settimana tutto solo, mi ritrovavo per quella che sarebbe stata l'ennesima volta da quando l'avevo conosciuta, a fissarla occultamente mentre eravamo raggruppati fuori dalla scuola, al termine tanto atteso delle lezioni.
-Oh, dovete consigliarmi un film da vedere stasera con mio fratello, altrimenti devo giocare a scacchi con lui.- esordì Andrea, mentre Francesco dava un tiro alla sigaretta che aveva appena acceso.
Beatrice, accanto a lui, gesticolava con le mani per mandare via il fumo che le era arrivato dritto in faccia. Per poco non scoppiai a ridere per quanto era buffa nella sua ingenuità, mentre tossiva. Poi, però, il fumo invase anche le mie narici ed imprecai contro Francesco. Odiavo l'odore del fumo.
-Spostati, se non ti va bene. - mi disse, indifferente.
- Spegnila, dato che stai importunando tutti. - ribattei.
-Ma se la maggior parte di noi fuma!
-Beh, non in faccia a me e alle ragazze. - indicai Beatrice e Francesco fece una risatina.
-Da quando ti interessa del bene delle ragazze? Di solito te le scopi anche se hanno mangiato un aglio intero il giorno prima.-
Pessima battuta, al quale, oltretutto, nessuno rise. Tantomeno Beatrice.
-Non rompere i coglioni e vattene, se no te la spengo io. - usai il tono più acido possibile. Probabilmente ebbe visto la mia faccia, perché sbuffando, si allontanò per andare ad infastidire un altro gruppo di fumatori.
-Dio, non lo sopporto proprio! - esclamai agli altri.
-E' simpatico, si crede solo un po' troppo figo. - rispose Martina.
-Quindi, il film? - chiese Andrea, per cambiare discorso.
-Non lo so, che genere?- chiese Beatrice.
-Boh, un genere che piace ad un bambino di dieci anni. -alzò le spalle. -Azione?-
-Jurassic World? - propose Gabriel.
-Nah, l'ho visto al cinema ma non è un granché.
-World war Z? - intervenne Beatrice.
-Non mi piace Brad Pitt.
-Le pagine della nostra vita? Devo finire di vederlo, ma... - fui interrotto da una risata generale.
Guardai Beatrice per prima e aveva le lacrime agli occhi. Aggrottai la fronte non capendo. -Che c'è?
-Ma sei scemo? Le pagine della nostra vita è uno dei film più sdolcinati e per donne che ci sia! - rispose Andrea, tra una risata.
Rimasi esterrefatto dalla facilità con cui mi ero fatto prendere per il culo da Beatrice.
Le lanciai un'occhiata di fuoco e tenni il broncio per il resto della conversazione, senza dire niente. Alla fine erano arrivati alla conclusione che Andrea e suo fratello avrebbero guardato 22 minutes.
Quando ci salutammo, erano giù le due e andammo tutti a casa di corsa per mangiare.
Beatrice decise di fare la strada lunga, per la prima volta da quando tornavo a casa con Gabriel, per fare un pezzo di tragitto con Gabriel - e con me-.
Restai in silenzio tutto il tempo in cui loro ridevano per episodi accaduti non avevo capito bene quando, dove e perché, siccome ero attento a tutti i gesti affettuosi che si scambiavano. Fortunatamente ce n'erano stati pochi quel giorno.
Quando salutammo Gabriel -e lui salutò Beatrice con un bacio sulla guancia, ovviamente -, ci urlò dal giardino del suo palazzo: -Non scannatevi, voglio vedervi entrambi, domani! - ridendo.
Gli facemmo tutti e due un sorriso forzato e ci incamminammo in silenzio.
Lei si guardava intorno, come se fosse una turista e non avesse mai visto quella via e io guardavo dritto davanti a me.
-Grazie mille per la magnifica figura di merda che mi hai fatto fare davanti agli altri, prima. - esordii, prima che il mio cervello mi dicesse che continuare il gioco del silenzio sarebbe stato meglio.
-Di niente. - rispose, continuando a guardarsi attorno.
-Certo. - annuii e poi calò nuovamente il silenzio.
-La smetti?! - altra esclamazione che il mio cervello non aveva avuto il potere di controllare. Mi fermai sul marciapiede, guardandola.
Quando si accorse che mi ero fermato, fece lo stesso e si volto a guardarmi. -Di fare cosa, scusa?
-Di evitarmi.
-Evitarti significa che per me non esisti, invece io sto solo ignorando la tua esistenza. - rispose tranquilla.
Corrugai le sopracciglia. -E non sarebbe la stessa cosa?
-Credo di no. - fece finta di rifletterci. Ero sicurissimo che dietro quella sua calma insolita ribollisse il rancore.
-Beh, perché mi "ignori", allora? - feci le virgolette, per marcare il tono sarcastico della parola.
-Io non ti sto ignorando.-
La guardai come se fosse pazza. -Ma l'hai appena ammesso, cazzo!
-Verba volant, Luca. - usò la prima frase del proverbio latino "Verba volant, scripta manent", le parole volano, le cose scritte rimangono.
Dio, quando la odiavo quando usava il latino per non rispondere alle domande!
-La smetti, cazzo?
-Ma di fare cosa?- spalancò le braccia. Si stava divertendo.
-Bea, ho aspettato per una settimana, weekend compreso, che tu mi parlassi o mi chiedessi perché ti ho mandata via e tu non mi hai nemmeno rivolto uno sguardo. Ti sembra divertente?!-
Lei si fece seria. -Perché avrei dovuto farlo?
-Perché... perché pensavo ci tenessi a me.... come scopa-amico, intendo...- balbettai: non mi aspettavo che lo chiedesse.
-Beh, e perché non lo hai fatto tu, dato che sei stato proprio tu a mandarmi via?
-Perché non sapevo cosa dirti! - esclamai esasperato.
-Potevi cominciare dal motivo per cui mi hai mandato via, forse!-
Stavamo dando spettacolo in mezzo alla strada. Speravo non passasse nessuna amica di mia nonna, tantomeno Clementina, altrimenti la nonna sarebbe venuta a farmi visita e non perché aveva voglia di vedermi.
-Beh, non è importante, quello... - risposi, in difficoltà.
-E cos'è importante?
-Il fatto che tu non me l'abbia chiesto prima. Neanche un messaggio la sera stessa, cazzo. Hai fatto come se non fosse successo niente!-
Incrociò le braccia al petto. -Me l'hai insegnato tu. - sentenziò, con aria di sfida.
Dovetti chiamare all'appello tutte le mie sacrosante forze per non strangolarla.
Vedendo che non dicevo niente, aggiunse: -"Senti, Bea, fa come se non fosse successo niente... io..." - scimmiottò la mia voce. -Questa frase, me l'hai ripetuta quante volte?-
La guardai contrito, ma determinato a chiarire con lei. -Quello è successo tempo fa. - mi stavo arrampicando sugli specchi, cazzo, ma non riuscivo a restare in equilibrio in piedi sul filo della razionalità.
-Anche ciò che è successo una settimana fa, allora è passato.
-Dai, ero di cattivo umore...- tentai.
-Sì, ma non ti puoi sempre giustificare così: prima mi inviti a casa tua, poi sei di cattivo umore e disdici, quando vengo sei tanto dolce e tranquillo, poi, un istante dopo sei di nuovo di cattivo umore?! Ma tu hai dei problemi, caro! - gridò ed io le feci segno di abbassare la voce, poiché eravamo in mezzo alla strada.
Lei sbuffò e ricominciò a camminare.
-Non puoi ignorarmi ogni volta che litighiamo- la seguii.
-E cosa ti aspetti che faccia? Che ti baci? - magari.
-No, ma almeno parliamone.
-Abbiamo già finito, per quanto mi riguarda.
-E il sesso?
-Basta! Da quando ho accettato sei ancora peggio di prima. Non riesco a tollerarti! Perciò basta! - strillò ancora.
-No...-
No... quello no...
Pensa a Gabriel...
Non me ne fotte un cazzo di Gabriel. Io voglio continuare a fare sesso con Beatrice.
-Sì, invece. - ribadì, perentoria, continuando a camminare.
-Bea, aspetta, ti prego, non arriviamo a conclusioni affrettate. - cercai di restare calmo.
-Io ho preso la mia conclusione già una settimana fa, quindi non è affrettata. Per questo non ti ho chiesto spiegazioni. Per me resti Luca Mercuri, il mio fastidioso compagno di classe per ancora un anno e mezzo.

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