Capitolo 13

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BEATRICE

Sarei dovuta essere pronta dieci minuti fa, dato che Andrea, Martina, Elena, Luca, Serena, Gabriel e Francesco mi stavano urlando dalla finestra di scendere, di smettere di guardarmi allo specchio, altrimenti se ne sarebbero andati al McDonald's senza di me. In realtà, non mi stavo guardando allo specchio - quello lo avevo fatto dieci minuti prima per un'ora - , ma stavo correndo per la camera, per cercare una borsa abbastanza grande da contenere un vestito piegato, la borsa dei trucchi e il mio adorato portafoglio, più grande dell'astuccio che usavo per la scuola.

-Ma dove l'ho messa? - ripetei per l'ennesima volta, piegandomi per guardare sotto il letto. Dalla finestra aperta si sentivano le imprecazioni dei ragazzi - e di Serena - e gli inviti a sbrigarmi gentili delle mie due migliori amiche.

Sbuffando, mi diressi alla finestra e mi affacciai.

-Avete rotto i coglioni. Abbiate pazienza, tra poco arrivo. - urlai, zittendo tutti.

Si sentì un coro di "Uhh, Bea è incazzata!", dal momento che non perdevo quasi mai la calma - tranne quando si parla di Luca.

Andai in camera di mia madre, a quest'ora su un volo per Barcellona, e, sgranando gli occhi trovai la mia borsa sulla sedia accanto al letto. -Brutta stronza! - imprecai.

L'afferrai al volo e infilai l'occorrente per il dopo cena all'interno. Feci tante coccole a Lilium prima di lasciarlo da solo a casa e gli promisi che sarei tornata presto.

Quando uscii di casa, in jeans chiari e una maglietta semplice, i miei amici applaudirono ridendo e la vicina urlò dalla finestra di andare via o avrebbe chiamato la polizia.

-Ci scusi, signora Lampronti, ora ce ne andiamo. Arrivederci. -lei mi rivolse un sorriso gentile: mi conosceva da quando ero piccola e mi adorava.

-Non ti preoccupare, Beatrice, se sono tuoi amici allora va bene.- mi rispose, salutandomi con la mano.

I miei amici mi guardarono basiti, forse per i cambio d'umore di quella vecchietta adorabile.

-Alla buonora. Se fosse stato per me, io ti avrei lasciata qui. Sto morendo di fame. - Luca, e chi poteva essere mai, mi affiancò mentre camminavamo sul marciapiede.

-Allora usa quella cazzo di bocca solo per mangiare. - risposi acidamente, aumentando il passo.

-Perché sei sempre così scontrosa? - sbuffò.

-Perché mi stai sul cazzo! Pensavo lo avessi capito.

-L'avevo capito, non ci vuole un genio.

-E allora perché sei ancora qui? - gesticolai, indicando lui e il pavimento accanto a me.

-E dove dovrei andare? - cominciò ad alzare la voce.

-Non qui!

-Vaffanculo, Beatrice. - alzò il braccio e affrettò di più il passo, per raggiungere Serena e le circondò le spalle con un braccio. Bene. Quello era il suo posto. Non me ne fregava niente del fastidio che provavo nel vederlo accanto a lei. Oh, non per il fatto che fossero insieme, ma perché non sopportavo lei, sia chiaro.

-Bea, perché vi dovete sempre urlare contro? Sareste ottimi amici. - Gabriel circondò anche le mie di spalle e io mi sentii subito calma.

-Io sono tua amica, ma non sarò mai la sua. Non ci sopportiamo, punto.

-Perché non avete nemmeno provato a conoscervi: dal primo giorno del primo anno non avete fatto altro che farvi dispetti.

-Io? Ma se io subivo sempre e lui si divertiva?!

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