Capitolo 55

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LUCA
Era assolutamente la ragazza più bella che avessi mai visto, nella sua semplicità e innocenza: infatti lei non sapeva nemmeno di esserlo. Ed era questo che la rendeva meravigliosa agli occhi di tutti i ragazzi.
Probabilmente anche a quelli di Gabriel... forse era per quello che le aveva regalato quel costume che le stava da dio. Chissà se gliel'avesse mai visto addosso. Mi ritrovai a sperare di no, perché quel costume, nonostante le coprisse tutto quello che si doveva coprire, la faceva sembrare ancora più sexy di quando già non fosse.
Quando si era sdraiata a pancia in giù, mostrandomi una magnifica visione completa del suo lato B, mi era venuta in mente quell'idea del non seguire le regole e avevo pensato che il modo migliore per convincerla fosse dirle che era per il mio compleanno, ma in realtà morivo letteralmente dalla voglia di baciarla dappertutto e siccome eravamo in mezzo alla gente non avremmo potuto fare sesso – e quindi neanche baciarci.
Ero rimasto con il busto sulla sua schiena per più di mezz'ora, anche se sapevo che stava morendo di caldo a contatto con la mia pelle, perché mi aveva detto che aveva bisogno di un po' d'ombra, ma sapevo che in realtà le piaceva quando i nostri volti stavano a una distanza massima di cinque centimetri; lo sapevo da come le era venuta la pelle d'oca non appena mi ero messo in quella posizione.
E così il sole lo stavo prendendo io, che non avevo nemmeno messo la crema protettiva.
-Ti va di andare in acqua? – le chiesi, a contatto con la sua tempia. Con la mano appoggiata sul suo fianco risalii lungo di esso fino ad arrivare a toccare la pelle laterale del seno che si intravedeva appena siccome aveva slacciato il costume. Lo facevo innanzitutto perché mi piaceva particolarmente quella parte del suo corpo che aveva la pelle anche più liscia e morbida del resto e poi perché avevo visto alcune occhiate maschili dai teli vicini e la cosa non mi piaceva. Non che si vedesse particolarmente qualcosa, ma dei quarantenni non dovevano permettersi di guardarla neanche se avesse indossato una tunica da suora.
Beatrice si divincolò ridacchiando. –I bambini ci sono ancora, Luca. – bofonchiò.
-Non stanno guardando. – le baciai un spalla. –Allora vieni?
-No, vai tu, io resto qui a riposare. – rispose.
La verità era che aveva come paura dell'acqua e non sapeva nuotare bene.
-Dai, cosa faccio là da solo? Mi annoio! – mi lamentai, provando a convincerla percorrendole la pelle con le dita.
Beatrice sbuffò – e rabbrividì -, poi fece per alzarsi ma ovviamente dovette prima aspettare che mi alzassi io. Avevo il petto tutto sudato e stavo letteralmente morendo di caldo, come fosse la fine di luglio.
-Vengo solo perché ho caldo. – mi informò, e provò a prendere i lembi del costume per allacciarselo.
La aiutai, vedendola in difficoltà, e quando glielo ebbi allacciato le lasciai anche un bacio su una scapola, giusto perché mi andava e quel giorno potevo farlo.
Beatrice sembrò un po' imbarazzata, ma mi sorrise alzandosi e scrollandosi la sabbia di dosso, per quanto potesse. Borbottò qualcosa sul fatto che odiasse la sabbia, tolse gli occhiali, si legò i capelli in una crocchia disordinata e mi seguì verso la riva che si stava pian piano liberando da tutti i giochi e i castelli dei bambini.
L'acqua non era poi così fredda come mi aspettavo,  non appena ci mettemmo piede dentro.
-Però non fare lo stupido, va bene? – ordinò.
Non fece neanche in tempo a dirlo, che le cinsi i fianchi con entrambe le braccia, la sollevai e corsi con lei in braccio – che strillava - finché i miei piedi riuscirono a correre controcorrente. E lì cademmo.
Mi sedetti sulla sabbia, perché l'acqua era ancora molto bassa, e mi passai una mano sugli occhi per poi aprirli: vidi Beatrice dirigersi verso riva senza dire niente, con le braccia conserte.
Camminare nell'acqua la faceva sculettare e la rendeva ancora più sexy.
-Dai, Bea, stavo scherzando! – scoppiai a ridere correndole incontro prima che raggiungesse la riva.
Mi parai davanti a lei e fissai il suo sguardo arrabbiato.
-L'avevo appena finito di dire, Luca! – sbottò.
-Mi dispiace. Giuro che non lo faccio più – usai il mio sguardo da bambino e mi avvicinai di più a lei.
Continuava a sfregarsi gli occhi: probabilmente era finita sott'acqua con gli occhi aperti e non era abituata.
-Non lo farai più perché io non vengo più in acqua. – fece per sorpassarmi ma l'abbracciai.
-Scusa. – le sussurrai sorridendole sinceramente.
Beatrice mi guardò un secondo incerta, poi fu lei a darmi un bacio a stampo, prima di alzare gli occhi al cielo. Non me l'aspettavo.
La liberai dalla mia stretta e lei mi seguì verso l'acqua più alta.
-Però non andiamo dove non si tocca. -
Annuii.
Mi fermai solo quando l'acqua mi arrivò fino a metà torace, perché a lei arrivava al seno. Mi girai verso di lei, muovendo un po' le braccia per sgranchirmele e la guardai ammirare quello che c'era attorno a lei; sembrava un po' in imbarazzo perché probabilmente non sapeva cosa fare.
-Vieni qui. – le dissi, facendole cenno con la mano.
Lei riportò lo sguardo su di me e si avvicinò cautamente. Si fermò ad un metro da me ed io non potei fare a meno di ridacchiare, avvicinandomi.
-Hai paura di me? – risi.
-Ho paura che tu mi faccia andare sotto. – rispose sinceramente.
-Non lo farei mai. – risposi fintamente offeso.
-Ma se l'hai appena fatto!
-Perché non hai mai imparato a nuotare? Tutti i bambini vanno in piscina da piccoli.
-Beh, sono rimasta traumatizzata quando da piccola un'onda mi ha quasi fatto passare a miglior vita, perciò non ho mai voluto andare in piscina. – ammise.
Non potei fare a meno di immaginarla come una bellissima bambina dai capelli biondo scuro e un costumino rosa a pois che veniva sovrastata da un'onda più grande di lei.
Solo il pensiero mi fece venire i brividi e istintivamente le cinsi la vita per la decima volta quella mattina.
Beatrice sembrava sorpresa da quel gesto, ma mi cinse comunque i collo con le braccia e, stavolta sorprendendo me, i fianchi con le gambe.
Era una posizione che mi piaceva alquanto, ma non era molto favorevole al fatto che fossimo in un luogo pubblico.
-Non vuoi più imparare? – le chiesi, piegando indietro la testa perché in quella posizione era più alta di me.
-Ho vissuto diciassette anni senza saper nuotare e sono ancora qui. – liquidò il tutto con un gesto della mano.
Passai qualche secondo a fissare i suoi capelli bagnati che formavano onde e le lasciavano il viso completamente scoperto.
Dopo un po' Beatrice sospirò e appoggiò la mia guancia alla sua, sistemandosi meglio contro di me.
-Sì, non ti muovere troppo. – dissi a denti stretti, osservando un gruppetto di bambini che giocava a palla proprio dietro le sue spalle.
Lei ridacchiò e si rimosse.
Allora fui costretto ad allontanarmi.
Non da lei, ma dai bambini.
Sempre tendendomela a koala, la portai dove l'acqua mi arrivava poco più sotto della spalle.
-Luca! Ho detto che non voglio andare dove non tocco! – esclamò esasperata.
-Tu stai attaccata a me, che tocco. Fidati. – aumentai la stretta sui suoi fianchi per farle rendere l'idea.
Lei si arrese e rimase immobile. Poi prese a lasciarmi una lunga scia di baci bagnati dal petto fino al collo, arrivando fino alle labbra.
A quel punto ci lasciammo andare in un bacio salato e appassionante che mi fece venire i brividi lungo la schiena. E dire che l'acqua non era così fredda.
Abbassai la mano sott'acqua e le toccai il sedere, accarezzandoglielo e poi la feci risalire fino al pezzo sopra del costume, che le tirai giù completamente sotto al seno.
Lei, stranamente, non si oppose, probabilmente perché sapeva di essere sott'acqua con quella parte del corpo. Scesi lungo lo stomaco e mi fermai a pochi centimetri dal sotto del costume. Rimasi con la mano ferma lì, continuando a baciarla, poi provai ad arrivare un po' più giù.
Non mi fermò.
Allora proseguii e infilai la punta delle dita sotto al costume, nervoso.
Sì, nervoso perché avevo paura che si spaventasse e si allontanasse proprio quel giorno che potevo finalmente baciarla e farle tutto quello che volevo senza limitazioni.
Ma lei non mi allontanò.
Allora proseguii ancora e arrivai finalmente al punto in cui volevo arrivare da tanto tempo. Da più di sei mesi. Se non da tre anni.
Si irrigidì ed io mi fermai immediatamente, non allontanando però la mano.
-Continua.. – mormorò timidamente contro le mie labbra ed io mi sentii il ragazzo più felice della Terra.
-Sei sicura? – mi staccai appena per guardarla negli occhi.
Lei annuì. Finalmente quel periodo "non guardare Luca negli occhi" era finito, perché era stato veramente insopportabile.
-Non voglio che ti senti costretta per via di Andrea... cioè.. a me non importa se non... – continuai a dire, ma lei mi interruppe per un bacio.
-Tu sì che sai rovinare i bei momenti con tutti i tuoi "sei sicura?"! – scimmiottò la mia voce. Mi prendeva sempre in giro sul fatto che le chiedessi se fosse sicura, quando io cercavo solo di essere premuroso e renderla sicura.
Inarcai un sopracciglio. –E' un bel momento.
-Sta diventando un imbarazzante momento.-
Sorridendo, ripresi a baciarla, anzi, approfondii ancora di più il bacio e quando l'atmosfera fu tornata nuovamente calda, azzardai a muovere le dita; le strofinai, scoprendo che era morbida e liscia proprio come immaginavo.
Gemette appena quando infilai un dito dentro e in acqua non potei purtroppo percepire se fosse già bagnata.
Continuai ad accarezzarla e lei affondò il viso nel mio collo, mordicchiandolo appena io andavo un po' più a fondo.
Pronunciò il mio nome un paio di volte contro la mia pelle ed io ce l'avevo talmente duro che faceva quasi male. Il suono dolce dei suoi gemiti, poi, non aiutava affatto.
Tolsi la mano dalle sue mutandine e Beatrice si lamentò. Ma non la feci aspettare molto: mi abbassai appena il costume e scostai il suo, per poi entrarle immediatamente dentro.
Era una sensazione fantastica. Forse anche più delle altre volte. Probabilmente era l'acqua quel che di diverso che amplificava il piacere al massimo.
-Luca, ci sono... dei bambini. – borbottò, ansimando a contatto con la mia guancia.
-Siamo lontani. – dissi solo e spinsi più a fondo dentro di lei.
Non mi sarei mai stancato delle sensazioni che mi faceva provare e in quel frangente non riuscii nemmeno ad immaginare a come avevamo fatto a fare sesso così tante volte senza guardarci negli occhi o baciarci. Era una cosa impossibile.
-Se ne accorgeranno tutti. – borbottò ancora, ma sembrava incerta di ciò che diceva.
-Tu evita di fare quelle facce e non ci vedranno. – la presi in giro, anche se quando faceva quelle espressioni tirate dal piacere era adorabile.
-Stronzo. – bofonchiò, poi mi morse il collo – probabilmente mi aveva lasciato il livido, da quanto mi aveva fatto male – e mosse i fianchi contro ai miei.
Era diverso.
Ma stupendo.
Avrei voluto farlo in acqua più spesso, non avrei mai creduto potesse essere così.
Il problema era che tutto ciò era talmente coinvolgente ed eccitante che non mi fece durare molto.
-Sto per... – non ebbi nemmeno finito di dirlo che lei cercò di soffocare un grido ed io la seguii immediatamente.
Ogni volta era come se fossimo sincronizzati.
la strinsi a me, godendomi la sensazione del suo seno contro il mio petto e rimanemmo in silenzio abbracciati per un bel pezzo a riprendere fiato.
-E' stato... – iniziò, come se mi avesse letto nel pensiero, ma poi non concluse ed io pensai che forse non voleva nemmeno dirlo a voce alta.
Assaggiai la sua pelle fresca, continuando a lasciarle tanti baci dappertutto, anche sott'acqua sul seno, sapendo che avevo le ore contate.
Quando si risistemò il costume coprendosi le tette, le chiesi se voleva ritornare sulla spiaggia e lei mi mostrò le sue dita con la pelle raggrinzita.
Senza nemmeno parlare gliele baciai involontariamente.
Cazzo, non volevo più finire di baciarla!
Quando mi ordinò di portarla dove toccava con i piedi, di malavoglia uscii da lei mi risistemai per bene il costume,cercando di nascondere l'erezione che mi era venuta nuovamente mentre le baciavo le tette.
   Appena arrivammo a riva, lei gemette ed io mi girai verso di lei.
-Che succede?
-Mi fanno male le gambe e i glutei. – rispose stendendosi a peso morto sul telo.
Ridacchiai, sapendo il motivo di quel dolorino e mi stesi accanto a lei.
Per fortuna non tirava un filo d'aria, altrimenti in quella stagione avremmo potuto avere un gran freddo, tutti bagnati.
Stupendomi, Beatrice si avvicinò a me e mi fece aprire il braccio sinistro per accoccolarsi nell'incavo.
Non sembrava esserci alcun imbarazzo, come se non vedessimo l'ora di fare tutti questi gesti che ci eravamo sempre categoricamente obbligati a non fare.
Inoltre ero così contento del fatto che finalmente si fosse lasciata toccare. Non avevo mai bramato tanto toccare una ragazza in quel modo né mi era mai piaciuto così tanto: quando facevo sesso, in passato, pensavo quasi esclusivamente al mio piacere, non anche a quello della ragazza con cui stavo.
Ma in quel momento, con Beatrice, mi sentivo anche fin troppo timoroso di non essere all'altezza delle sue aspettative – proprio io, che avevo molta ma molta più esperienza di lei – e di deluderla, oltre al fatto che desiderassi ardentemente avere piacere nel toccarla.
E ne avevo avuto.
   Aspettai che entrambi ci fossimo un po' asciugati, poi le lasciai timidamente un bacio tra i capelli e le chiesi se aveva fame.
Beatrice annuì però non accennò ad alzarsi per vestirsi.
-Perché quando parlo di Gabriel sembri scocciato? – mi chiese all'improvviso.
Mi colse un po' alla sprovvista: dovevo inventarmi una scusa, perché se lei fosse venuta a sapere che il suo migliore amico era innamorato di lei, probabilmente la loro amicizia sarebbe finita.
Almeno che non ricambiasse...
Eliminai il pensiero stringendo i denti e sospirai. –Non è vero.
-Sì, invece, non mentirmi. Avete litigato?-
-No. È sempre il mio migliore amico. – risposi. Forse ancora per poco...
-E allora?
-E allora è solo una tua impressione, perché io non ho niente contro Gabriel. – dissi tutto d'un fiato, poi mi alzai a sedere, facendo alzare anche lei. –Andiamo a mangiare? – cambiai discorso.
Beatrice mi scrutò ancora per qualche secondo, poi scosse la testa e si alzò in piedi.
Infilò il suo bel vestitino e facendo come solo le ragazze sapevano fare, si cambiò anche il costume, senza l'aiuto di nessuno.
E io rimasi imbambolato a guardarla come un tredicenne in pieni ormoni.
Dal momento che io non avevo bisogno di cambiarmi perché avrei usato il costume come pantaloncini, piegai –alla bell'e meglio- entrambi i nostri teli e infilai il mio nel mio zaino e il suo nella sua borsa.
-Possiamo andare. – rispose raggiante, iniziando a camminare con le scarpe in mano; poi si fermò di colpo.
-Aspetta, dove andiamo? – domandò ed io scoppiai a ridere per quanto era buffa.
-Andiamo nel bar sulla spiaggia in cui facevo la festa. -
Beatrice non sembrò molto contenta.
-Almeno questa me la devi concedere, visto che hai scelto tu la spiaggia. – puntualizzai.
-No, non l'ho scelta io! Tu mi hai detto "o in quella a destra o in quella a sinistra del bar". – appoggiò le mani sui fianchi e venne voglia di farlo anche a me.
-E tu hai scelto quella a sinistra, quindi qualcosa hai scelto.-
Beatrice sbuffò e si incamminò verso il bar senza dire una parola. Realizzando che probabilmente, visto come era fatta, sarebbe stata arrabbiata con me per tutto il giorno, la raggiunsi in fretta e mi parai davanti a lei, provando di sistemare le cose.
-Scusa. Andiamo dove vuoi. – sentenziai, sospirando e abbassando lo sguardo.
Il suo si illuminò e pensai quasi che volesse saltarmi addosso.
-Facciamo come dici tu questa volta, ma solo – e alzò un dito per precisare il solo – perché è il tuo compleanno e oggi mi sento di buon umore.-
Quel giorno mi stava proprio stupendo: in altre circostanze non avrebbe mai ceduto nemmeno se mi fossi inginocchiato.
Ancora una volta, il mio istinto non tenne conto neanche un po' della razionalità e le diedi un bacio sul naso, poi la presi per mano.
Dio, stavo diventando troppo dolce. Le avevo promesso che non sarebbe cambiato niente!
Tuttavia, la sensazione che mi diedero le sue dita intrecciate alle mie era troppo piacevole perché io togliessi la mano, quindi mi promisi che quello sarebbe stato l'ultimo gesto dolce in definitiva.
-Grazie. – le dissi, provando a smorzare la tensione quando mi accorsi che era arrossita e imbarazzata per quel bacetto.
Lei neanche rispose ma tornò ad essere allegra e sorridente.
Se io avevo la sua stessa espressione, allora tutti, persino i bambini, avevano capito che avevamo appena fatto sesso. E del fantastico sesso.
Camminammo mano nella mano come una di quelle coppiette – che noi non eravamo, ovviamente – in fase luna di miele fino al bar in cui lavorava il mio amico che mi permetteva di festeggiare i compleanni lì.
Non appena entrammo nella veranda, composta da tavoli e divanetti bianchi e lilla bassi, vidi Beatrice alzare gli occhi al cielo perché probabilmente quel posto le ricordava tutti gli scherzi di cattivo gusto che le avevo fatto.
-Luca Mercuri! – sentii esclamare dall'interno e subito trascinai Beatrice dentro per salutare Daniel, il proprietario del locale. Era un ragazzo di ventitré anni, ben curato, divertentissimo e disponibile, ma il suo modo di parlare gli dava una profonda aria da snob a prima impressione, che però era l'ultima caratteristica che gli avrei dato, conoscendolo bene.
-Ehi! – lo salutai, dandogli una pacca sulla spalla.
Quando mi staccai, ripresi come se niente fosse la mano di Beatrice, quando in realtà mi ero fatto sei secondi di pare mentali sul riprenderla o meno.
Lei me la strinse, però, ed io mi sentii sollevato.
-Aspettavo una tua chiamata da una settimana per organizzare la festa e iniziavo a pensare che avessi trovato un altro posto. – ridacchiò. –Sei venuto oggi per prenotare?-
Mi passai una mano tra i capelli, in imbarazzo. –In realtà quest'anno pensavo di non fare niente.
-Come no?! – esclamò. Per lui le feste di compleanno erano d'obbligo.
-Già, volevo fare qualcosa di diverso...-
Allora, in quel momento, Daniel saettò lo sguardo su Beatrice, intenta a guardare i panini esposti al bancone con quel suo sguardo innocente.
-Ah, quest'anno si festeggia con la ragazza, eh. – ammiccò verso di me, facendo anche il gesto con la mano dello scopare e Beatrice girò immediatamente lo sguardo verso di lui. Si sentiva presa in causa?
-No, lei è una mia amica. – puntualizzai, dicendo la classica frase che però non veniva mai creduta la verità.
In questo caso però lo era.
-Sì, come vuoi. – Daniel liquidò ciò con un gesto della mano, come se quello che avevo appena detto non influisse assolutamente su quello che già pensava lui di noi due.
-Io sono Beatrice. – si presentò cordialmente, stringendogli la mano, ma lui la attirò in un abbraccio.
Non c'era motivo di essere geloso dato che a lui non piacevano le ragazze in quel senso, ma d'altronde non avrei dovuto esserlo a prescindere da ciò.
Daniel la squadrò per bene e poi aggrottò le sopracciglia.
-Ehi, aspetta... Beatrice... hai un volto familiare...- affermò.
-Sono venuta a tutti i compleanni di Luca. – rispose.
-Ah! – disse dopo un po' – ma tu non sei quella bella biondina che Luca ha chiuso a chiave in bagno due anni fa?-
Strinsi le labbra e anche la mano di Beatrice perché me la stava per lasciare.
-Sì, sono io. – rispose, provando di non sembrare secca.
-Non avrei mai creduto che...- scosse la testa, sorpreso, poi gli si illuminò lo sguardo, -...anche se avrei dovuto capire... da come ti... –lo interruppi sul nascere.
-Noi avremmo fame. – constatai, cercando di evitare figure di merda, e spinsi delicatamente Beatrice verso il bancone, posizionandomi alle sue spalle.
Daniel tornò dall'altra parte del bancone e aspettò che scegliessimo.
Osservai tutti quei corposi e colorati panini e realizzai che li avrei presi tutti.
-Tu cosa prendi? – chiesi a Beatrice.
-Quello. – indicò decisa un panino con pomodoro, mozzarella e insalata.
-Uhm, non fa per me... io prendo quello con il prosciutto crudo e il formaggio. -
Daniel afferrò i panini con un aggeggio apposta e li mise sul fornetto per riscaldarli, intanto ci disse di accomodarci.
Scegliemmo di andare fuori, sui divanetti perché c'era più aria fresca.
Mi sedetti e Beatrice fece per sedersi di fronte a me.
-Vuoi venire in braccio? – solo quando lei mi guardò con gli occhi spalancati realizzai di averlo detto io.
-Uhm... ma non devi bere il latte...-
Cazzo, che figura.
-Sì, beh, giusto... sì, è l'abitudine. – mi passai una mano tra i capelli, cercando di riderci su.
Restammo in silenzio a guardarci intorno finché non arrivò Daniel con i nostri panini e la Coca Cola e l'acqua che avevamo ordinato.
-Grazie. – rispondemmo entrambi e Daniel dovette andarsene per servire altri due clienti.
Controllai il cellulare, che stranamente non avevo guardato per tutta la mattina, e trovai un messaggio di Andrea: "Sei con Bea?"
Sorrisi e guardai l'ora in cui me l'aveva inviato, le otto e cinque di mattina.
-Chi è? – mi chiese Beatrice, con la bocca piena.
-Andrea. – risposi prima di scrivere: "Perspicace, davvero".
-Mi ha chiesto se ero con te. Ha capito subito che eravamo insieme.-
Appoggiai il cellulare sul tavolo e diedi finalmente un morso al mio panino.
-Non ci vuole un genio, sai, se eravamo assenti tutti e due avrà fatto due più due. – diede un altro morso al panino ed io le feci il verso, sentendomi stupido.
-Oggi pomeriggio stiamo ancora in spiaggia? – le chiesi.
-Come vuoi. E' rilassante, ed io ho bisogno di rilassarmi.
-Ehi, io ti faccio rilassare tutti i giorni! – le feci un sorrisetto, fingendomi offeso.
-Non in quel senso, Luca! – arrossì.
Era incredibile: sei mesi che ci "frequentavamo", per così dire, e ancora arrossiva quando facevo qualche battutina sul sesso o su di lei nuda o la sfioravo un po' più del normale. Era semplicemente innocente e questo la rendeva semplicemente fantastica.
Proseguimmo il pranzo parlando di Tommaso e poi delle manie di sua madre in totale agio e quando finimmo, mi alzai senza dire niente e mi buttai letteralmente a peso morto sul divanetto, accanto a Beatrice.
Lei rise perché le ero atterrato volontariamente sopra ad un braccio e mi rimproverò scherzosamente.
Appoggiai un braccio sullo schienale del divano dietro al collo di Beatrice e per un po' di tempo ci fissammo in silenzio con un sorriso accennato sulle labbra; si appoggiò al mio braccio con una guancia, continuando a guardarmi di lato.
-Hai voglia di baciarmi? –
Per un momento pensai di averlo detto io, invece quella richiesta era uscita direttamente dalla bocca timida e perfetta di Beatrice.
Evitai di farle notare che ero rimasto di sasso da quella affermazione per paura di metterla in imbarazzo – e rovinare il momento, come diceva lei – e il mio sorriso si amplificò.
-Me lo chiedi pure?-
Era arrossita di nuovo.
Senza darle il tempo di pentirsene e ribattere, mi avvicinai e la baciai sulle labbra.
Non usai però immediatamente la lingua: prima le diedi una lunga serie di baci a stampo, perché erano quelli che mi facevano rabbrividire di più, nonostante me lo proibissi tutte le volte. Ma oggi potevo farlo e domani sarebbe tornato tutto come prima.
Intensificai il bacio ma non di molto perché sapevo che se no mi avrebbe fermato subito, dal momento che ci trovavamo in un bar.
Le afferrai le gambe e gliele appoggiai sopra le mie, per averla più vicina e lei sorrise. Non ci eravamo mai baciati in modo così spensierato.
E in quel momento non desideravo nemmeno andare oltre.
Una voce si schiarì dietro di me.
Girammo entrambi lo sguardo verso Daniel, in piedi a guardarci con uno sguardo imbarazzato.
-Capisco che vi amiate e siate giovani quindi abbiate voglia di fare sesso e bla bla bla, ma quella bella famigliola – indicò con un cenno del capo del capo per non farsi vedere – si è, diciamo, lamentata per questi "atti osceni in luogo pubblico" – mimò le virgolette.
Lanciai uno sguardo alla famiglia in questione: due genitori stavano seduti al tavolo fissandoci come fossimo due carcerati mentre i due bambini si facevano i cazzi loro con gli iPad.
-Ci stavamo solo baciando! – esclamai sorpreso.
Daniel annuì, cercando di rimanere serio; evidentemente anche a lui risultava una cazzata: ammetto che forse eravamo coinvolti un po' più del dovuto, ma non da "atti osceni in luogo pubblico".
-E non ci amiamo. – ci tenne a puntualizzare Beatrice, ricomponendosi e togliendo le gambe da sopra le mie. Ahia.
-E abbiamo appena finito di fare sesso. – continuai io, cercando di sdrammatizzare – e di nascondere quella fitta al petto –, ma beccandomi una gomitata dolorosa sulle costole da Beatrice.
-Ma quanto sei deficiente?! – esclamò esasperata ed io risi.
-Dì a quei signori che ci dispiace, per favore. – disse cambiando del tutto atteggiamento, rivolta a Daniel.
-Vado a pagare. – le dissi alzandomi e lei non si impuntò come quasi tutte le ragazze per pagare la sua parte. Che furbetta.
Mi avviai al bancone e Daniel digitò alla cassa in fretta un numero senza che gli ricordassi nemmeno cosa avevamo preso e mi fece pagare la metà. Prese i soldi velocemente e li infilò nella cassa dandomi il resto come se volesse sbrigarsi per passare a cose più serie.
Infatti, subito dopo, appoggiò i gomiti al bancone e si mise a fissarmi.
-Cosa c'è? – gli chiesi, rimettendo il portafoglio nello zaino.
Dopo qualche secondo rispose: -Mi ricordo di quella ragazza...-
-Lo so, l'hai già detto.
-Arrivava sempre tardi alle tue feste e sembrava che ogni volta tu la aspettassi guardando costantemente l'orologio.-
Scossi la testa. –Ma che dici?
-E quando venivi a conoscenza del fatto che era arrivata smettevi qualsiasi cosa stavi facendo e ti avvicinavi a lei.
-Sì, perché non vedevo l'ora di infastidirla con qualche scherzo che inventavo sul momento.- ridacchiai, ricordando quei momenti: ogni volta che la vedevo mi veniva l'ispirazione di fare qualcosa di folle. Ma da sei mesi e forse di più mi ispirava solo ed esclusivamente qualcos'altro.
Daniel però non stava ridendo come me. –No. Quando la vedevi ti si illuminavano gli occhi. E so che quando l'hai chiusa a chiave in bagno l'avevi prima seguita e avevi intenzione di entrare con lei, ma poi è arrivato il tuo amico e hai cominciato a fare l'idiota. – questa volta fece un sorrisetto malizioso, ma sul finale tornò serio.
Cazzo, come faceva a saperlo?
-Non... non è così... – balbettai, imbarazzato.
-Sì che lo è. E non so che cosa sia successo poi per darle il coraggio di venire qui con te e baciarti così nonostante quello che le facevi passare. Penso che sia pazza.- scosse la testa ridacchiando.
-Ehi, non sono poi così male. – ribattei, quasi offeso.
-Non ho detto questo, anzi...- mi guardò come se fossi uno spiedino di carne sulla brace ed io feci un passo indietro senza darlo a vedere. -... dico solo che... insomma, non mi aspettavo di vederti mano nella mano proprio con lei.
-No, di solito non ci teniamo per mano o roba simile. Solo oggi che è il mio compleanno. – cercai di sdrammatizzare e lui rise e guardò dietro di me.
Due secondi dopo Beatrice ci raggiunse e si piazzò accanto a me, prendendomi la mano; ignorai quel costante brivido che avevo sull'avambraccio ogni volta che ci sfioravamo o che ci pensavo.
Sembrava proprio che l'avesse fatto apposta e che avesse sentito la conversazione.
-Dannazione, speravo saresti passato all'altra sponda! – esclamò.
Lo guardai interrogativo. –Quando mai ho detto che non ci ho pensato?! – finsi sgomento.
Entrambi restarono interdetti e mi fissarono, poi Daniel fu il primo a ridere.
-Cavolo, Luca, per un attimo ci ho creduto sul serio e stavo per chiamare il mio tipo e lasciarlo. – affermò, ancora ridendo.
-Andiamo? – mi sussurrò Beatrice all'orecchio, mentre si stringeva al mio braccio.
Cazzo, se avesse fatto così tutti i giorni avrei potuto finire per innamorarmi di lei.
Annuii, capendo che non si sentiva molto a suo agio e salutai Daniel, promettendogli che sarei tornato a trovarlo ancora prima del mio prossimo compleanno.
Prima di andare, Daniel abbracciò Beatrice e le sussurrò qualcosa all'orecchio che però non riuscii a sentire. La vidi spalancare appena gli occhi e poi due rughette le si formarono sulla fronte corrucciata.
   Non appena uscimmo dal locale e mettemmo i piedi sulla sabbia rovente, decidemmo immediatamente di trovare un posto all'ombra su cui stendere i nostri teli.
Trovammo un albero proprio all'inizio della spiaggia e ci sdraiammo nell'ombra della sua chioma.
-Cosa ti ha detto Daniel? – le chiesi, curioso, mettendo le mie braccia sotto alla testa.
-Niente di importante. – rispose solo, girandosi su un fianco e tirando fuori un libro dalla borsa. Ma aveva ancora un'espressione diversa da poco prima.
-Posso leggere? – mi chiese timidamente.
-Ma certo. Quando mai non ti porti un libro da leggere dietro.- ironizzai, trovando però molto piacevole osservarla concentrata sulle pagine.
Alzò gli occhi al cielo e come se fosse normale per noi, si posizionò orizzontalmente rispetto a me, con la testa sul mio petto e i piedi stesi fuori dal telo.
Che poi, pensandoci bene, quel gesto sarebbe potuto essere lecito anche altri giorni: dopotutto era così che stavano gli amici in queste occasioni.
Mi rilassai, sospirando al profumo dei suoi capelli e chiusi gli occhi.
     -Luca? – mi chiamò dopo un po'. Non potevo guardarla in faccia, così le osservai il profilo.
-Mmm?
-Davvero hai pensato di passare insomma... all'altra sponda? – mi chiese in un sussurrò imbarazzato.
Ridacchiai. –Ma no! Mi dispiace per Daniel ma ho sempre preferito le ragazze. Però sapevo che mi avesse sempre trovato attraente. – scherzai, elogiandomi.
-Ah. – affermò. –Pensavo di dovermi iniziare a preoccupare anche dei ragazzi, oltre che delle femmine. -
Sollevai la testa, con un sopracciglio inarcato. –Perché, ti preoccupi delle ragazze che mi giravano intorno? – le chiesi, sorpreso e... boh, strano.
In realtà, se mai si fosse dovuta preoccupare, nell'ultimo periodo non ce ne sarebbe stato bisogno, dato che era come se finalmente le ragazze avessero capito che non ero interessato a loro e non mi ronzavano più intorno. Almeno non insistentemente come prima. E per fortuna mai di fronte a Beatrice, perché se reagiva come aveva fatto la settimana prima...
-N-no. Certo che no! Se dovessi pensarci sarei già impazzita, dato che quasi tutte sono come Serena e fanno passare i succhiotti che ti faccio io per loro e associano il tuo recente buon umore ai loro "servizi" – mimò le virgolette.
-Sono di buon umore recentemente? – mi stupii. In effetti sì, mi sentivo molto sereno e  tranquillo nell'ultimo periodo.
-Diciamo di sì. Anche se tu hai i tuoi momenti.- ci tenne a precisare per darmi fastidio.
Alzai gli occhi al cielo. –Comunque non c'è motivo di essere gelosa, Bea. Io e te sappiamo che i segni me li fai tu. – sorrisi, sapendo di infastidirla.
Alzò la testa e la girò verso di me. –No, ma io non sono per niente gelosa, eh. Confondi la gelosia con il disgusto.- disse velocemente.
Tanto velocemente da farmi capire che invece lo era.
Liquidai la faccenda con un gesto del capo, sapendo che tanto non c'era speranza che lei ammettesse che in effetti un pochino le davano fastidio le attenzioni delle altre ragazze nei miei confronti.
    Passammo il resto del pomeriggio a rilassarci e per metà a dormire senza fare nemmeno un bagno perché altrimenti saremmo arrivati a casa bagnati e raffreddati, per via dello sbalzo termico che si creava tra giorno e pomeriggio tardo.
   Il viaggio in treno fu estremamente tranquillo e lei non si oppose quando la attirai a me per farla sedere sulle mie ginocchia come durante il viaggio di andata.
Mi addormentai ancora sul suo petto - perché dovevo ammettere che era un morbidissimo e comodissimo cuscino per la mia guancia – e una volta arrivati alla stazione del nostro paese, ci sedemmo un momento sulla panchina di aspetto prima di tornare a casa.
-Ti devo dare il regalo. – mi disse, in piedi davanti a me. Appoggiò la borsa sulla panchina, la aprì ed estrasse una sportina azzurra chiusa con una molletta colorata.
-Mi hai fatto anche il regalo? – seriamente non me l'aspettavo.
-Solo perché mi avresti fatto pena se fossi rimasto senza. – scherzò, scompigliandomi i capelli.
Sorrisi. –Lo apprezzo comunque.
Lo aprii immediatamente, curioso di sapere cosa ci fosse dentro.
Vi trovai un portachiavi con un diavoletto e la fissai.
-Per le chiavi della macchina, quando ti deciderai a studiare l'ultimo capitolo del libro e fare l'esame per la patente. – rispose ovvia.
Scoppiai a ridere. Effettivamente era un bel regalo e azzeccato, sia per la macchina, ma soprattutto perché lei mi aveva sempre detto di essere un diavolo ai suoi occhi.
Ma tanto sapevo che mi trovava attraente lo stesso, mi elogiai.
Guardai ancora dentro e ci trovai un paio di quella che sembrava una tenuta da calcio.
-Quando ti deciderai a tornare a giocare la potrai mettere agli allenamenti. – mi spiegò.
Io la fissai, cercando di non sembrare scocciato. –Io non tornerò a giocare. – risposi secco.
Beatrice annuì, mostrandosi comprensiva e sorrise: –Allora la userai per andare a correre con Andrea. – mi consigliò. –Così magari non parlerete dei miei problemi ma della tua fantastica divisa. – cercò di sdrammatizzare ed io mi alzai in piedi per abbracciarla.
Affondai il viso nel suo collo, baciandoglielo e lei mi cinse la vita.
-Problemi superati. – le sussurrai, contro la sua pelle.
Beatrice strinse la mia maglietta a pugno e si lasciò abbracciare.
-Non del tutto. – la sentii borbottare, come se fosse quasi arrabbiata con sé stessa, ma io feci finta di non averla sentita.
Sapevo che stava ancora cercando di superare l'imbarazzo ogni volta che Andrea, da stupido quale era, tirava fuori l'argomento sesso in generale.
-Comunque grazie per i regali. Non me l'aspettavo davvero. –Le baciai una guancia.
Sembrava che una volta scesi dal treno, tutto fosse tornato drasticamente come prima.
Mi staccai in fretta, per paura che Gabriel o qualcuno dei suoi amici potesse passare casualmente per la stazione. Già, i maschi potevano essere molto più pettegoli delle femmine, a volte.
Anche se solitamente a quell'ora del pomeriggio erano praticamente tutti a giocare al campetto.
-Non c'è di che. –sorrise dolcemente, contenta.
-Allora... andiamo a casa? – esortai.
Beatrice annuì. Cominciò a camminare, ma due secondi dopo l'afferrai per la borsa e la riportai indietro, facendola girare verso di me.
La baciai sulle labbra, sapendo che sarebbe stato l'ultimo bacio della giornata e non solo.
La strinsi a me come avevo fatto ogni volta per tutta la giornata e assaporai le sue labbra dolci finché lei non si staccò e mi fissò con un'espressione perplessa. La stessa di quel pomeriggio.
Si sforzò di sorridere per ricambiare il mio sorriso e la salutai velocemente per lasciarla andare perché vedevo le sue gambe nude tremare per il freddo.
-E' stata una bella giornata. Mi sono divertita...Ci vediamo domani a scuola. – mi disse, poi proseguì per la sua strada.
-Anch'io. A domani.-
   Passai tutta la sera con la mente altrove a pensare a quanto mi fosse piaciuto toccarla finalmente e fare sesso con lei in acqua, a quanto fosse stato bello baciarla e tenerla per mano senza dover pensare costantemente se stessi facendo qualcosa di illecito e poi pensai alle parole di Daniel.
Era vero.
Era vero che tutte le volte arrivava tardi e nel frattempo io non sapevo come passare il tempo; mi annoiavo e appena sentivo la voce di Gabriel speravo sempre che lei fosse arrivata con lui come ogni anno e non avesse cambiato idea sapendo come sarebbe stato –mi chiesi perché continuava a venire ogni anno.
Era vero che quando arrivava ero felice di vederla e scattavo, smettevo di fare qualsiasi cosa io stessi facendo.

*****
Scusatemi le due settimane di ritardo ma ci tenevo ad aggiornare con due capitoli perchè nel primo non succedono poi molte cose. Spero sia valsa la pena di aspettare.
Volevo ringraziarvi per i 2M di visualizzazioni e dirvi che sono stra felice del fatto che molti di voi continuano a seguire la storia nonostante la stia tirando un po' per le lunghe e non aggiorni tanto spesso.
Inoltre, mi scuso anche per i numerosi messaggi privati che purtroppo non riesco a leggere subito, perciò se vi rispondo dopo un mese (e mi dispiace), non è che non vi voglio rispondere e quindi li lascio perdere, ma è proprio perché ne ricevo veramente tanti e in non sempre riesco a rispondere a tutti. Ma se avete qualsiasi genere di problema, suggerimento o altro, continuate comunque a scrivermi e cercherò di rispondere il prima possibile, anche perchè mi fa veramente piacere leggerli e aiutarvi.
A prestissimo.
Buona lettura!

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