Capitolo 20

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Il giorno seguente a scuola non avevo idea di come comportarmi con Luca: la sera prima, dopo quel fugace complimento che mi aveva fatto, eravamo rimasti in silenzio per tutto il resto del cammino, non sapendo cosa dire. Non gli avevo nemmeno detto grazie. Ma credo non se lo aspettasse neanche: sembrava così imbarazzato dopo aver pronunciato quel "sei bellissima", che pensai avesse sperato che io non lo avessi sentito. Alla porta di casa mia mi aveva sorriso appena, mentre mi fissava negli occhi, con un'espressione strana in volto. Poi mi aveva detto un "ciao" appena udibile e io lo avevo salutato con la mano. Mi erano venuti i brividi quando, mentre riportavo la mano sul mio fianco, lui mi aveva dolcemente preso il mignolo con il suo indice, con lo sguardo ancora fisso su di me, come se non se ne fosse accorto. Io dovevo aver sussultato e rivolto un'occhiata alle nostre dita, perché lui di scatto fece un passo indietro togliendo la mano. Borbottò un "scusa, ho sonno. Buonanotte" e se n'era andato quasi di corsa, lasciandomi armeggiare con le chiavi che poi caddero sul pavimento da quando mi tremavano le mani.

Quindi come avrei dovuto comportarmi quel giorno?
Dovevo mostrarmi indifferente a quel suo complimento e a quell' insignificante -anche se per me aveva un significato diverso - oppure avrei dovuto sorridere "complice" come se avessi interpretato un  "ora mi chiederai la mano e staremo insieme per sempre"?
Vidi arrivare Luca in classe con passo lento e stanco e raggiungere il suo banco dietro il mio senza prestare attenzione a nessuno, tantomeno a me, come se stesse pensando ai fatti suoi. Forse stava pensando la mia stessa cosa? Come si doveva comportare? Se lui aveva scelto di non rivolgermi nemmeno un fugace sguardo allora io dovevo fare lo stesso. Avrei passato tutta la giornata ad ignorarlo. Deciso.
La prima cosa che fece il prof di scienze naturali quando entrò in classe fu dare un'occhiata di sfuggita a me e poi, dietro di me, a Luca.
Abbassai velocemente lo sguardo, arrossendo al ricordo della situazione in cui ci aveva trovati pochi giorni prima.
Sperai vivamente che non facesse le sue solite battutine quando vidi quel consueto sorrisetto dipingersi sul suo viso, che faceva ogni volta che qualcosa lo divertiva ma non voleva darlo a vedere. Lo stesso di quando ci aveva trovato sulla cattedra a pomiciare.
Chissà se Luca si era accorto dell'occhiata del professore. Forse a lui non interessava più di tanto.
Quando iniziò a fare il noioso appello sul registro elettronico che come al solito si faceva perdere quei venti minuti e passa di lezione, mi venne la pelle d'oca: Milani e Mercuri erano uno dietro l'altro.
-Buongiorno.- salutò specificamente solo noi due su venticinque alunni.
-buongiorno...- rispondemmo io e Luca a bassa voce. Anche lui sembrava a disagio. Se il prof avesse parlato a lui sarebbe andato bene? Infondo non c'era niente di male nei confronti dei nostri compagni. Almeno per lui, perché Gabriel non ne sarebbe stato molto contento e si sarebbe arrabbiato con me perché mi aveva detto dalla prima superiore che, nonostante Luca fosse uno dei suoi migliori amici, non era il ragazzo giusto per me e mi avrebbe fatto solo soffrire. A volte avevo pensato che lui fosse anche sollevato dal fatto che noi due litigassimo sempre.
-come va, Luca? E tu Beatrice, come stai? Vi trovo bene stamattina.- ancora quel sorrisetto impertinente. Era più pervertito degli adolescenti in pieni ormoni!
-T-tira avanti, prof.- udii la voce profonda di Luca balbettare a disagio dietro di me.
-Ah, è così dura la tua vita? Non hai nemmeno un secondo di svago immagino...- rispose il professore e vidi l'espressione di Martina, accanto a me, farsi dubbiosa.
-Non ne ho molto a dire il vero, sa, lo studio e tutto il resto...
-tutto il resto? E dimmi, le ragazze? Come va con gli ormoni? Mi sembri un ragazzo tanto sveglio quanto in piena tempesta d'ormoni, dico bene?-ma dove voleva arrivare questo qui?!
-n-non lo so, cosa intende? - era sempre più a disagio.
Il professore ignorò la sua domanda e concentrò lo sguardo su di me. Oh Dio.
-Beatrice Milani.- sentenziò come se stesse facendo ancora l'appello- che tra l'altro non aveva ancora terminato.
-Si, prof?- risposi cauta.
-e tu? Non ho mai avuto occasione di conoscerti. Insomma, sempre sui libri, studio, studio e ancora studio. Non ti stanchi mai?
-mi piace studiare.- risposi cercando sicurezza.
-e non ti viene mai voglia di fare altro, che so- fece finta di pensarci su- uscire con qualche ragazzo, divertirti...
Martina mi fissava ancora più perplessa.
-b-beh, ma io esco con i miei amici, non sto mica in casa tutto il giorno a studiare...
-con gli amici?
-S-si, ovvio. Con chi dovrei uscire? -feci una risata nervosa, guardandomi in giro e notando le facce perplesse dei miei compagni.
-semplice curiosità.- sentenziò calmo, poi riprese a fare l'appello.
A cosa era servita quella conversazione? Era totalmente prima di senso!
Speravo solo che nessuno dei miei amici si sarebbe interrogato sul perché avesse fatto quasi le stesse domande e solo a noi due.
-che vuol dire? - mi chiese a bassa voce Martina, dopo aver risposto all'appello.
-che ne so...- risposi nervosa.
Mi girai velocemente indietro e notai che Luca si era incantato a fissare la mia testa. Non vedeva nemmeno più che al posto dei capelli ora c'era la mia faccia. Aspettai che se ne accorgesse e con un sussulto mi guardò interrogativo. Scossi la testa come per dire che non ne sapevo niente e mi rigirai sperando che quella lezione passasse in fretta.
Quando la campanella suonò, sentii il sospiro di sollievo di Luca sovrapposto al mio.
Ma purtroppo il professore ci chiamò alla cattedra ed io mi allarmai.
Quando ci avvicinammo, io e Luca non eravamo in grado di guardarmi in faccia, o forse solo io.
-ragazzi, -disse a bassa voce, nonostante nella classe ci fosse la confusione tipica del cambio dell'ora.-non capisco veramente se stiate insieme oppure no, anche se questo non mi deve riguardare, ma gradirei che le pomiciate non fossero fatte in un corridoio della scuola, dove vi possono vedere tutti. -poi tossicchiò mentre pronunciava a bassa voce: -almeno andate in bagno- ed io sgranai gli occhi guardando Luca, che lo guardava altrettanto sbigottito.
-la professoressa Foglia ed io- continuò- abbiamo deciso di non prendere provvedimenti, però sappiate che la prossima volte ricapiterà ed io non chiuderò gli occhi. Chiaro? - si era fatto stranamente serio.
-Chiaro.- asserimmo entrambi.
Diedi un'ultima occhiata a Luca prima di tornare al mio posto.
-che vi ha detto?- chiesero Andrea e Martina. Fui costretta a girarmi ma decisi di non guardare Luca.
-niente di importare, la prossima volta forse ci interroga e ci ha detto di prepararci.- rispose lui, deciso. Si era già preparato la bugia? Probabilmente se lo aspettava che chiedessero. Io, dal canto mio, non avrei saputo proprio trovare una scusa...
-Ahi, se vi ha detto di prepararvi sarà un'interrogazione difficile: sapete com'è fatto...- commentò Martina. Il professore interrogava a tappeto e faceva due domande a testa; se ne sbagliavi una dava sei, se tutte e due, regalava un bel quattro e se rispondevi giusto -com'era capitato a me diverse volte, dava un bell'otto, non di più. Se svelava chi avrebbe interrogato la volta successiva, sarebbe stata un'interrogazione molto più lunga e ardua di sole due domande.
-beh, io vado alle macchinette a prendere un cappuccino prima che arrivi la prof di italiano.- esordì Andrea alzandosi.
-vengo con te, devo prendere un tè caldo per il mal di gola che ho.- lo seguì Martina, passando dietro alla mia sedia per uscire dalla fila di banchi mentre si sistemava il foulard che aveva al collo.
Se ne andarono lasciandomi da sola girata verso il banco di Luca. Abbassai lo sguardo, non volendo guardarlo in faccia, nel frattempo decidevo se girarmi senza dire niente oppure farglielo presente. Ma che cazzo gliene frega se ti giri, gli vuoi dire "allora io mi giro?"!, mi rimproverai mentalmente.
Decisi quindi di girarmi senza dire niente, quando una sua mano mi toccò una spalla, immobilizzandomi a metà rotazione.
-Beatrice...- sentenziò, incerto.
-si?- il mio tono non era molto più sicuro.
Tolse la mano dalla mia spalla quando vide che mi stavo girando completamente davanti a lui, sedendomi cavalcioni sulla sedia.
-ecco... Io volevo...- si grattò la nuca, pensieroso. Ti prego non parlare di ieri sera, ti prego!, lo implorai mentalmente.
-si...?
-Tommy mi ha chiesto...- si bloccò di nuovo.
-Ah, Tommy, come sta?!- cercai di smorzare la tensione, anche se saperlo mi interessava davvero. Non lo vedevo da circa due settimane, perciò mi mancava, quel bel bambino.
Lo vidi illuminarsi: voleva un gran bene a suo fratello.- bene, è felice...- annuì ancora una volta pensieroso. Perché non avrebbe dovuto esserlo?, avrei voluto chiedergli, ma poi lui proseguì:- in realtà stamattina ha fatto una scenata...- riprese un po' meno sicuro di poco prima.
-perché? - cercavo davvero di avere una conversazione ragionevole con lui, che non implicasse insulti, baci rubati , vestiti lanciati e bustine di preservativi strappate. Ci stavamo riuscendo, per ora.
-beh... Gli manchi...-rispose imbarazzato.
Mi portai una mano al petto, commossa.- ohh, anche lui mi manca tanto. Diglielo.
-perché non glielo dici direttamente?- sollevò lo sguardo in cerca del mio, dopo che avevamo guardato ovunque se non nei nostri occhi.
-eh?- chiesi, perplessa.
-ecco.. Oggi pomeriggio viene un suo amichetto a casa nostra e beh, siccome mia madre lavora io devo badare a loro. Tommy mi ha chiesto se venivi anche tu.
-io?-rimasi a bocca aperta. Me lo sarei aspettata, ma non volevo più rimettere piede in quella casa, dopo tutto ciò che era capitato!
-si, tu. Io non me la sono sentito di dire di no, perché stava piangendo e non la smetteva, continuava a ripetere che voleva la mamma, ma poi diceva il tuo nome e poi di nuovo quello della mamma...- lasciò la frase in sospeso come se avesse dei dubbi sulla reazione di suo fratello, ma in quel momento parve tanto dolce che nemmeno io me la sentii di dire di no a quell'espressione da bambino innocente che mi incantava tanto.
-beh, va bene... Che sarà mai un pomeriggio a fare da babysitter a due splendidi bambini!- risposi, cercando di essere entusiasta. In parte lo ero, ma se pensavo al fatto che avrei dovuto passare del tempo a casa di Luca -e con lui-, il mio entusiasmo svaniva di poco. Non che detestassi la sua compagnia- tanto avremmo finito comunque per litigare come sempre-, avevo anzi paura di me stessa e del mio comportamento se avessi inalato il suo profumo e della sua casa intensamente; avevo paura che non sarei riuscita a resistere se fossimo capitati in una situazione ambigua.
Si illuminò di nuovo.- sul serio?- sorrise.
-Certo. Ho voglia di vedere il mio piccolo Tommy!
Sbuffò una risata.- ne parli come se fosse tuo fratello o lo conoscessi da sempre!- e il fatto che imitò la mia voce dire 'il piccolo Tommy' bastò a farmi irritare di già.
-oh, Signore, la gelosia gioca brutti scherzi...- cantilenai girandomi verso la prof che era sulla soglia della porta a parlare con una collega.
-Ehi, io non sono geloso di un bambino che è la mia copia esatta di quando avevo cinque anni!- lo sentii borbottare dietro di me.
-beh, dovresti, perché se a cinque anni eri così ti avrei sposato subito.- risposi, rendendomi conto solo dopo delle parole  che avevo detto.
Lui non sembrò darci troppo peso e ribadì: - perché, adesso che ne ho diciassette non mi sposeresti?
-neanche se sulla Terra foste rimasti tu e uno scimpanzé.
-passeresti il resto della tua vita con uno scimpanzé, anziché con me?!- sbottò risentito.
-Eccome.
La prof entrò in classe appoggiando il piccolo computer portatile e una pila di compiti in classe corretti sulla cattedra. Quel giorno era di buonumore.
-buongiorno ragazzi!
-Buongiorno prof. -rispondemmo in coro.
Andrea e Martina rientrarono in classe con le mani piene di merendine e la professoressa di italiano non commentò come faceva di solito.
Quando Martina si sedette mi porse una crostatatina ai mirtilli e io la guardai confusa.
-io non ti ho chiesto di prendermi qualcosa.
-in questi giorni mi sembri un po' strana. Ho pensato che qualcosa di dolce ti avrebbe fatto bene. Offro io.- mi sorrise, allegra.
In effetti non aveva tutti i torti... Alla fine della lezione l'avrei mangiata, d'altronde non avevano nemmeno la merenda. La riposi nello zaino e sentii dei sussurri e delle risatine da parte della classe. Io e Martina ci girammo verso Luca che stava chiedendo ad Andrea come mai quel giorno la prof era così allegra e spensierata e lui gli aveva risposto:-si sarà trovata l'amante: sanno tutti che suo marito la tradisce con la prof di ginnastica di prima C. -commentò e noi scoppiammo a ridere.
Il marito della professoressa era il vicepreside della nostra scuola e giravano voci, poco attendibili, sul fatto che lui la tradisse con la prof di ginnastica più giovane del nostro liceo- ventisette anni e sexy contro i cinquantaquattro e la calvizie di lui.
La prof di italiano richiamò il silenzio e io e Martina ci girammo per ascoltarla.
-prima di consegnarvi i compiti corretti, che oltretutto fanno schifo, vi devo parlare della gita di quest'anno.-esordì con un sorriso e nella classe ci fu di nuovo il caos.
-purtroppo- proseguì- quest'anno non ci sono molti fondi dalla scuola e per non far pesare un'enorme spesa alle famiglie, l'uscita sarà solo di tre giorni, dei quali uno sarà il viaggio.-ci fu un coro di delusione, nonostante fossimo ancora abbastanza elettrizzati per sapere dove saremmo andati.
-dove si va, prof?- chiese un compagno dal fondo della classe.
-resteremo in Italia...a Venezia!- esclamò entusiasta. Venezia non era lontana dal nostro piccolo paesino in Emilia-Romagna, perciò il viaggio sarebbe stato breve in pullman, solo due o tre ore.
Questa volta il coro si mostrò entusiasta e ci mettemmo tutti a parlare, decidendo già le camere. Io sarei stata ovviamente con Martina e se fosse venuta anche la classe di Giulia, pure con lei.
-e quando si parte? -chiese Andrea.
-purtroppo c'è poco preavviso, ma partiremo la prossima settimana, di preciso Mercoledì mattina e torneremo Venerdì sera.- rispose sempre più entusiasta: ovviamente ci avrebbe accompagnato lei.
   L'ora finì in fretta, tra i mormorii riguardanti la gita e i richiami da parte della professoressa che ci invitava a seguire la lezione e a pensare più tardi alla gita.
  Quando le cinque ore di scuola finirono, mi indirizzai spedita verso casa non vedendo l'ora di accarezzare il mio cagnolino. Mia madre sarebbe tornata quella notte dal lavoro in aereo, perciò avrei fatto in tempo a dirle della gita. In parte mi piaceva stare a casa da sola la maggior parte del tempo: mi sentivo indipendente; ma poi quando arrivavo a casa da scuola e dovevo farmi la pasta da sola oppure quando di notte c'erano i temporali e avevo solo Lilium per proteggermi, mia mamma e specialmente mio papà mi mancavano infinitamente.
Quando varcai la soglia di casa, il mio telefono trillò, segno che era arrivato un messaggio.
'Ciao, ti ricordi ancora di venire a casa mia, oggi pomeriggio?' Era Luca. Mi percorse un brivido.
Mi arrivò un altro messaggio: 'Per Tommy, ovviamente' si affrettò a precisare.
'Certo che me lo ricordo, non vedo l'ora!' Risposi subito con un sorriso. Poi rilessi il messaggio e piegai la testa da un lato 'di vedere Tommy.' Aggiunsi.
'Ovvio. Ti aspetto tra un'ora?'
'Okay.'
Riposi il cellulare e mi preparai un'insalata con tonno, cetrioli e pomodori e mi misi seduta al bancone mentre guardavo la TV assieme a Lilium che, ai miei piedi, mangiava i suoi croccantini.
   Ci misi più di mezz'ora per decidere cosa mettere e un'altra mezz'ora per prepararmi.
Optai alla fine per un semplice vestitino leggero azzurro visto che, anche se era fine settembre, quel giorno era caldo. Decisi di non truccarmi e di mettere un paio di sandali, tanto saremmo restati in casa. Salutai Lilium con un bacio e un po' di carezze, poi uscii di casa ripassando mentalmente i miei piani per il pomeriggio: non saltare addosso a Luca per nessuna ragione.
  Quando arrivai a casa sua a piedi, Suonai il campanello desiderosa di un po' d'ombra: stavo morendo di caldo dopo la camminata sotto al sole.
Ad aprirmi venne Luca, con un sorriso stampato in faccia; il sorriso svanì quando mi squadrò dalla testa ai piedi. Aggrottò le sopracciglia e deglutì prima di invitarmi ad entrare. Cos'aveva questo vestito? Insomma, non era lunghissimo, ma neanche cortissimo, arrivava sopra il ginocchio, ma non a metà coscia; aveva le spalline e la scollatura a cuore, però non si vedeva il reggiseno... Mah.
-vuoi qualcosa da bere? Ti vedo esausta.- sembrava anche gentile.
-si, grazie. Casa tua non è molto lontana, ma comunque da fare alle tre del pomeriggio è dura.- decisi di mostrarmi anche io gentile.
Mi condusse in cucina, anche se sapevo già dov'era e mi versò dell'acqua in un bicchiere con Titti disegnato (è stata dura per me sapere che Titti era un maschio...) sopra: quelli della Nutella.
Cercai di nascondere un sorriso, ma lui se ne accorse?
-Che c'è?
-no, niente...- sorrisi di nuovo e lui capì perché stavo fissando il bicchiere divertita.
-oh, scusa, è che sono abituato a bere...- si interruppe grattandosi la testa imbarazzato -cioè, non è che io beva dal bicchiere di Titti...- piegò la testa di lato- si, okay, bevo da questo bicchiere, ma perché mia madre mi ci ha abituato fin da piccolo.
-Ehi, perché sei così imbarazzato? Non c'è niente di male a bere in un bicchiere di Titti...- non c'era niente di male, però era buffo per un ragazzo della sua stazza di quasi diciotto anni... Era quasi dolce.
-è solo che tu penserai... Sai, con la tazza e il bicchiere... Ti giuro che i cartoni li guardo solo perché li vuole guardare Tommaso! -sollevo le mani.
Scoppiai a ridere e lui mi seguì, mentre mi resi conto che stavamo avendo un'altra rara conversazione normale, ridendo come due amici e compagni di classe.
-A proposito di Tommaso... Dov'è? - gli chiesi, quando mi fui rinfrescata la gola con l'acqua fresca.
Lui appoggiò il mio bicchiere nel lavabo e si girò verso di me. Sembrava perfettamente a suo agio e, stranamente, lo ero anche io. Non che mi mettesse a disagio lui, era la situazione.
-è in camera sua con Matteo.-rispose.- stanno giocando a non so cosa, credo un puzzle.
Sorrisi ricordando quanto amassi fate i puzzle con mio padre da piccola, ma poi mi rattristai al ricordo di lui.
-che succede? -mi chiese facendo diversi passi verso di me. Mi allarmai: 'non saltargli addosso per nessuna ragione, Beatrice!', ripeté la mia testolina.
Mi allontanai repentinamente indirizzandomi verso le scale.- niente, andiamo da loro!
Quando arrivai in fondo, mi venne d'istinto proseguire lungo il corridoio e procedere dritto verso la porta infondo.
-Dove vai? -mi chiese Luca, fermo a metà corridoio.
Mi bloccai improvvisamente: perché stavo andando in camera di Luca?! Che stupida! Che figura!
-Ehm... Io... -balbettai. Lui doveva essersi accordo del mio imbarazzo, perché mi rivolse un sorriso malizioso solo per provocarmi:- se vuoi prima facciamo un giro in camera mia...nel caso non ricordassi bene la stanza...- ammiccò.
Eccolo. -sei proprio un idiota. -scossi la testa allibita.
Tornai indietro e aprii la stanza di Tommaso, il quale stava seduto sul tappeto della Walt Disney a trovare i pezzi di un puzzle di... Dinosauri, mi pareva dalle poche piastrelle. Di fronte a lui c'era un bambino biondo cenere ben messo, con dei calzini strani ai piedi cicciottelli. Erano talmente concentrati che non ci avevano sentiti entrare.
-Ehi!- esclamai per attirare la loro attenzione. Tommy alzò la testa e appena mi vide si alzò in piedi facendo zig zag tra i pezzetti di puzzle sparsi sul pavimento e mi abbracciò le gambe.
-Beaaa! -strillò contento. Mi fece piacere. Almeno qualcuno era felice quando arrivavo. Non che mi sentissi in carenza di affetto, però mia madre non c'era mai, i miei amici, si, ci stavamo simpatici, ma non è che appena arrivavo esultavano (avevo i miei momenti nervosi anch'io) e Luca, beh, Luca... Che cazzo c'entrava Luca?! Santo cielo, non dovevo aspettarmi niente da lui, tantomeno che si sarebbe messo a fare i saltelli di gioia e scodinzolare come Lilium. Oddio, ammetto che mi sarebbe piaciuto...
-Come stai, piccolino? Mi sei mancato! -lo presi in braccio.
-anche tu, tantissimo! Luca non voleva farti mai venire!-piagnucolò.
Mi voltai verso il fratello maggiore ferita, cercando di non darlo a vedere.
-No, non è così. Il fatto è che sapevo mi avresti detto di no.- si giustificò. Non aveva tutti i torni: doveva passare un po' di tempo per calmare le acque.
Lo ignorai stizzita e tornai sorridente verso i bambini. -perché non mi presenti il tuo amico?
-Lui è Matteo, il mio migliore amico!- esclamò allegro.
-Ciao.- salutò timidamente il piccoletto ciocciottello.
Tommaso volle scendere dalle mie braccia per tornare al suo posto, non prima di avermi dato un bacio sulla guancia.
-che stavate facendo? -Chiesi, sedendomi accanto a loro.
-un puzzle dei dinosauri- rispose Matteo. Ci avevo azzeccato.
-posso aiutarvi? Quando ero piccola adoravo fare i puzzle.
Annuirono entrambi e mi misi a cercare i pezzi mancanti.
Quando alzai lo sguardo, Luca stava giocando con il cellulare a uno di quei videogiochi orrendi dove c'è sangue dappertutto. Gli lanciai una piccola pantofola di Tommaso trovata sul pavimento e lui mi guardò sbigottito.
-potresti venire ad aiutarci invece di rovinarti la vista con quei giochi?- lo ripresi. Sbuffò e si sedette di fronte a me. Iniziò anche lui a cercare i pezzi e rimanemmo in silenzio per una buona mezz'ora. Poi, mentre stavo per mettere un pezzo sul disegno, Luca parlò:- Bea, guarda che non è quello il pezzo. È questo qui.- mi indicò il tassello che aveva in mano lui. Lo esaminai e scossi la testa. No, è questo.
-Ehm, no.
-ti dico di sì, provaci.
-no, ho ragione io, punto.
Sbuffò.
-guardate che quello giusto è questo qui.- sentenziò Tommaso, mentre aggiungeva il tassello al puzzle.
-Ah.- aggiungemmo io e Luca all'unisono.
Tacemmo per il resto del completamento. Mi ero sorpresa più volte a guardare Luca mentre cercava concentrato i pezzi e li metteva meticolosamente nel disegno. Era così... Non so... Dolce, carino, bello? Diverso, strano?
  Una volta finito, ci dirigemmo tutti in cucina per fare merenda. O meglio, Luca mi disse dov'era il pane, la Nutella e la marmellata e poi andò nel giardino sul retro a giocare con i due bambini mentre io dovetti preparare i panini.
Spalmai un po' di marmellata su alcune fette di pane e un po' di Nutella sulle altre e misi tutto in un grande vassoio che mi aveva dato Luca, poi aprii il frigo e trovai del succo di frutta, perciò ne riempii quattro bicchieri e andai in giardino. Nell'angolo c'era un tavolino bianco di plastica con sedie coordinate è una tovaglia a fiori. Il resto del giardino era prato tagliato perfettamente e aveva due piccole porte da calcio, sicuramente per far allenare Luca quando ci giocava e in cui ora stavano facendo dei palleggi.
-venite? -li chiamai. Mi sentivo quella ragazza della pubblicità dell'olio di mai di una volta che chiamava tutti a tavola e c'era suo marito che scavalcava la staccionata con un salto. Cioè mi sentivo un po' ridicola, ma loro non ci fecero troppo caso perché abbandonarono il pallone e vennero di corsa ad addentare i panini.
-uh, a me non piace il succo di frutta...- mi informò Luca un po' a disagio
-Oh, beh ti vado a prendere una coca o qualcos'altro.- in effetti non avrei potuto fare tanto, perché non sapevo cosa c'era in casa.
-No, vado io, tranquilla.
-sai che...- Tommy si fermò a masticare lasciando a metà una frase- a mio fratello piacciono le tue tette.-concluse come se niente fosse.
Mi bloccai a metà panino e spalancai gli occhi.
-Tommy!- gemette Luca, che doveva essere tornato in tempo per udire suo fratello.
Mi schiarii la voce guardandolo.
-che ho detto?-  Disse innocente il fratellino tutto sporco di Nutella.
Continuavo a fissare Luca in attesa che trovasse il coraggio di guardarmi.
-e così tu parli di queste cose con tuo fratello di cinque anni? -lo rimproverai.
-guarda che è lui che...- lo indicò freneticamente gesticolando e poi sospirò - ah, lascia perdere...- abbassò la testa e bevve il bicchiere di latte.
-Si, penso proprio che lascerò perdere.- continuai a mangiare.
Quando tutti i panini furono stati spazzati via -la maggior parte da Matteo- portai il vassoio in cucina e quando tornai, si erano rimessi a giocare a pallone. Luca si rigirava la palla tra le gambe con fare esperto mentre Tommy e Matteo cercavano di prendergliela, ma senza risultato. Luca era felice quando giocava a calcio: aveva un sorriso sincero e una luce negli occhi che gli vedevo raramente in quasi cinque anni che lo conoscevo.
Tommy riuscì a prendergliela e corse verso una delle porte, buttandola dentro.
-Goaaaaaal- esclamò correndo verso suo fratello e abbracciandolo. Che carini che erano insieme.
Matteo venne verso di me e mi abbracciò le gambe. -sorpresa, mi irrigidii, ma poi lo abbracciai anch'io.
-Loro due si abbracciano e noi due ci sentiamo soli, così ho pensato che potevo venire da te.- mi disse, alzando lo sguardo su di me.
Risi e lo abbracciai più forte, abbassandomi alla sua altezza. -così non ci sentiamo più soli.- risposi.
-Ehi, facciamo una partita?- propose Tommaso, venendo verso di noi.
-a cosa? -chiesi.
-A calcio!- rispose ovvio.
-Ma anche io?
-certo!
Non ero molto portata per lo sport e poi mi guardai i vestiti.
-ho un vestito, non riuscirei a giocare... E poi ho i sandali.- meno male che dovevamo stare in casa.
-beh...- parlò Luca- potresti giocare scalza: il prato è tagliato.
L'idea non sembrava delle migliori, ma non volevo fare la guastafeste: senza di me sarebbero stati in tre.
Sfilai i sandali e mi sistemai il vestito; essendo largo ero sicura che sarebbe venuto su. Infondo non c'era niente che Luca non avesse visto...
-giochiamo io e Matteo contro i fratelli Mercuri!- sentenziai, prima di andare al centro del campo.
Non so fare la telecronista, ma dopo mezz'ora di tempo io e Matteo eravamo a zero mentre gli altri due a cinque. Il mio compagno stava vicino alla porta in difesa perché dopo aver corso dieci minuti era stremato e non ce la faceva più, mentre io cercavo di rubare la palla a Luca e poi a Tommy. Tutti i miei tentativi falliti: Tommaso era molto più bravo di me. Stavamo ridendo così tanto che chiunque ci avesse visti da fuori avrebbe pensato che eravamo incapaci e goffi a correre.
L'unica volta che riuscii a rubare la palla a Tommaso fui felicissima e mi indirizzai goffamente per la prima volta verso la porta avversaria. Ma non riuscii a fare più di tanto, perché le mie gambe furono ostacolate da quelle esperte di Luca e le sue mani mi afferrarono i fianchi. In un solo secondo mi ritrovai sul prato con la schiena e Luca sopra di me con le gambe ingarbugliate alle mie. Che male al sedere!
-fallo! Cartellino rosso! -iniziai a strillare ridendo e gemendo per il dolore al fondoschiena. Luca, sopra di me, scoppiò a ridere rumorosamente.
-mi hai sputato!- esclamai, con le lacrime agli occhi. Non sapevo dove mettere le mani: finora le avevo sulle sue spalle dandogli dei colpetti per suggerirgli di alzarsi, ma lui mugugnò uno 'scusa' e crollò ancora di più su di me, ridendo, appoggiandosi sui gomiti.
-guarda che è fallo, ora è punto nostro!- continuai puntandogli il dito contro.
Scoppiò di nuovo a ridere e si appoggiò con la testa nell'incavo del mio collo -guarda che non è fallo! Siamo semplicemente inciampati!- sentivo le sue labbra in un sorriso che si muovevano quando parlava e i suoi denti quando rideva contro il mio collo. Ebbi un brivido lungo la spina dorsale, ma lo associai subito al dolore della caduta.
-Si, casualmente qualcuno mi è venuto addosso.- mi rilassai all'istante per il calore che sentivo e inspirai il suo odore; appoggiai le mani sulla sua schiena.
Ricominciò a ridere.- ti giuro che non l'ho fatto apposta, però è stato così bello vederti cadere come un sacco di patate che strilla!
Spalancai la bocca sbigottita è divertita.
-ti sembra che io indossi un sacco marrone e pesi due tonnellate?!- gli chiesi, dandogli un colpetto con la mano.
Intanto Tommaso aveva preso il possesso della palla e Matteo, senza fiato, lo stava rincorrendo cercando di rubargliela. Non sembravano nemmeno essersi accorti di noi due stesi uno sopra l'altra al centro del campo.
Luca sollevò la testa e tornò a guardarmi.
-uhm, vediamo...- abbassò lo sguardo tra di noi, sul mio vestito e anche io. Mi irrigidii quando scoprii che il vestito era venuto su nella caduta e scopriva le mie mutandine azzurre con le farfalline e tutta la pancia. Come avevo fatto a non accorgermi del contatto dell'erba sulla pelle? Probabilmente ero troppo presa dalle sensazioni che provavo a stare sotto a questo ragazzo. Se ne era accorto anche lui, ovviamente, ed era rimasto fermo a guardare in basso. Mi sentivo osservata.
-uh, -deglutì -ti è salito il vestito...-commentò.
-me ne ero accorta, sai?- affermai improvvisamente a disagio. Perché doveva sempre finire così?
Si sostenne su un gomito mentre l'altra mano si appoggiava Sun un fianco e mi accarezzava la pancia. Mi venne la pelle d'oca e lui se ne accorse, indugiando ancora, prima di trascinare l'orlo del vestito. Mi sollevai con un colpo di reni in modo da far passare il vestito anche sotto il fondoschiena dolorante ma, nel farlo, mi inarcai contro di lui. Gemette e sentii un'accenno di erezione.
-scusami.- sussurrai, incapace di dire altro. Luca tornò con lo sguardo rivolto verso di me e mi fissò intensamente. Oddio, ora mi bacia.
Si avvicinò ancora e rimase lì a fissarmi negli occhi, mentre le mie cosce gli stringevano i fianchi e le mie mani erano appoggiate alla sua schiena. Non era proprio la posizione ideale per stare in giardino con due bambini attorno, ma quel giorno andava così.
-forse dovremmo alzarci...- proposi in un sussurro strozzato. Non riuscivo a smettere di fissarlo negli occhi.
-già.- rispose anche lui con voce roca.
Ma nessuno dei due accennava a muoversi. Eravamo immobili a fissare l'uno la bocca dell'altra, in una posizione non troppo casta.
Scosse la testa e fece per tirarsi su, come preso da un pensiero che fosse in grado di fermarlo, ma proprio in quel momento sentii un macigno affondare su di me. Strillai dolorante ed esterrefatta, sentendomi schiacciata. Matteo e Tommaso si erano buttati sopra di noi. Sopra di me, una povera e fragile fanciulla.
Luca scoppiò a ridere, ora completamente spalmato su di me con la testa nuovamente nel mio collo.
-Ahia...- gemetti piano. Provai a ridere ma ci riuscii a fatica: tre maschi, sebbene due fossero piccoli, non potevano stare sopra ad un'adolescente femmina senza lesionarla.
-dove? -mi chiese Luca, non sollevando la testa.
-Le tette!- risposi con un filo di voce, cercando di muovermi inutilmente.
Lui sembrò rianimarsi improvvisamente e cercò di muoversi.
-Ehi, bimbi stiamo facendo male a Beatrice. -disse con voce dolce.
-nooo- esclamarono in coro, volevano stare ancora così.
Tuttavia, dopo qualche secondo, Tommy si tirò su immediatamente.
-Scusa Beatrice.- mi rivolse un sorriso imbarazzato.
Ricambiai il sorriso e avvolsi involontariamente le braccia sulla schiena di Luca, che ora si era sollevato sui gomiti.
-te le massaggerei, ma...- non continuò la frase, tanto avevo capito. Però non sembrava malizioso, il suo tono.
-non fa niente, lascia perdere.- gli feci cenno di alzarsi e lui obbedì.
Mi sistemai il vestito in fretta e accettai la sua mano per tirarmi su.
Continuammo la partita stando attenti a non scontrarci, con un minimo di imbarazzo, e io e Matteo perdemmo dieci a tre.
Tornammo tutti in casa ridendo, mentre Luca e suo fratello ci prendevano in giro scherzosamente.
Ci stendemmo tutti sul grande divano a penisola e scegliemmo di guardare i Baby Loney Tunes.
-li adoro! Da piccola li guardavo sempre e cantavo la sigla con la spazzola come microfono.-rammentai la mia infanzia, tutta felice.
-noi tre li guardiamo ancora.- disse Luca ridendo per il mio ricordo.
-immaginavo che tu li guardassi ancora.- gli sorrisi divertita.
Matteo mi abbracciò un fianco e appoggiò la testa un mio braccio.
-no, Bea è mia- si lamentò Tommy, cercando di scavalcare il suo amico.
Luca, dall'altro mio lato si avvicinò.
-tra i due litiganti il terzo gode!- cantilenò, prima di cingermi la vita con un braccio e accoccolarsi sul mio petto chiudendo gli occhi, come se niente fosse.
Mi irrigidii e poi mi rilassai assuefatta ancora una volta dal suo profumo. Porca miseria, perché doveva fare un profumo così dannatamente buono?!
Tommy si mise quasi a piangere perché si sentiva escluso.
-tesoro vieni qua...- divaricai le gambe stese e lui ci si mise in mezzo, appoggiando la sta sulla mia pancia. Dovevo stare attenta a tenere giù il vestito sotto e su la scollatura sopra.
-Cavolo, avrei voluto esserci io lì.- sussurrò Luca contro la mia pelle.
Ebbi un senso di calore al basso ventre all'idea di averlo tra le mie gambe, ma dovetti placarlo in fretta ricordandomi che c'era un bambino in quel momento.
Continuammo a guardare la TV, ma non riuscii a concentrarmi perché osservavo la testa di Luca a un passo dal mio seno reso appena visibile dal vestito.
-ti abbiamo fatto tanto male prima? -sussurrò, non alzando la testa.
-un po'... Come quando ti tirano un calcio nelle palle: fa male ma poi ti passa.- alzai le spalle.
-un calcio nelle palle fa veramente male...- borbottò e sentii la sua fronte aggrottarsi contro il mio petto. Chissà se riusciva a sentire che il battito le mio cuore era accelerato da quando lui si era messo in quella posizione.
-esatto. -asserii sempre a bassa voce.
Improvvisamente appoggiò le labbra sulla mia pelle e iniziò a darmi piccoli baci, ma umidi, lungo la clavicola, il petto fino alla scollatura del vestito, dove indugiò sulla curva prosperosa del seno appena visibile dal vestito e nel solco tra i due seni. Sussultai sentendo dei brividi dappertutto e i capezzoli inturgidirsi. Avrei giurato che la mia faccia fosse tutta rossa e che avessi il respiro irregolare.
-Bea...-gemette contro la mia pelle. Santo cielo.
Si spostò ancora più vicino a me continuando a baciarmi il petto lentamente mentre faceva risalire la mano che mi cingeva sul fianco fino alla coscia. Non riuscivo a fermarlo in alcun modo: era troppo bello.
Mi augurai che Tommy è Matteo fossero veramente addormentati dato che avevano gli occhi chiusi. Quando si spostò, sentii la sua erezione sul fianco e andai letteralmente a fuoco.
Gli era venuta un erezione un'ora prima perché ero sotto di lui e mi era salito il vestito ed ora, un'ora dopo, gliene era venuta un'altra con il solo baciarmi il petto. Non potevo fargli quest'effetto, non ero così bella!
Luca si, invece, per questo era lui a farmi quest'effetto.
-non ce la faccio!- sibilò, prima di allontanarsi e alzarsi dal divano di scatto. Prese le scale di corsa e lo sentii chiudere la porta di camera sua, lasciandomi da sola con due bambini, accaldata, eccitata e frustrata.
'Avevo detto non buttarti addosso a Luca!', ripeté la mia coscienza. 'Ma non sono io che gli sono saltata addosso, è stato lui!'
'E tu non l'hai fermato'.
'E come potevo, visto come mi faceva sentire?'

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