Capitolo 18

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BEATRICE
Proprio non capito la mentalità di Luca: il giorno prima mi sarebbe saltato addosso immediatamente, se glielo avessi permesso e quello dopo, a scuola, non mi rivolgeva la parola, mi spintonava dicendo che non l'aveva fatto apposta e mi lanciava occhiate strane. Cosa avevo fatto? Ero io che davo troppa importanza a queste piccole cose e lui non ci faceva minimamente caso? Bah, valli a capire, i maschi!
-Mi è venuta una fantastica idea su come trascorrere la serata di giovedì.- esordì Andrea, quello che pensava sempre ad un modo per divertirsi.
-Sentiamo. - risposi secca, di cattivo umore già di prima mattina. La professoressa di latino doveva ancora entrare in classe e il mio gruppo ne aveva approfittato per circondare il banco mio e di Martina, sedendosi intorno o sopra ad esso. Non avevo nemmeno uno spiraglio libero da cui poter respirare e questo mi fa venire mal di testa. E poi divento acida, cattiva, scontrosa e stronza.
-Calmati Bea. - mi riprese Martina. -Luca, puoi toglierti da davanti a lei e lasciarla respirare, per favore? - per fortuna lei conosceva il mio problema con i luoghi poco arieggiati.
Luca alzò le mani in segno di resa, sbuffando e spostandosi dietro di me, appoggiato ad un banco.
-Allora, questa idea?- chiesi con un po' più di calma.
-Andremo in una casa. - rispose Andrea eccitato.
-Vuoi andare a rubare? Perché? I soldi non ti mancano. - intervenne Francesco.
Lo guardammo tutti come se fosse stupido, ma lui continuò a non capire.
-Si tratta di una casa abbandonata.- continuò Andrea - è fuori paese, in campagna, siccome solo io ho la macchina, alcuni dovranno andare a piedi. Non è lontano. Solo, portate torce e vestitevi, perché tirerà vento.
-E perché dovremmo andare in una casa abbandonata? Di notte, poi? - domandò Martina.
-Perché sarà divertente: porteremo delle coperte e ci siederemo al suo interno a raccontarci storie.
Rabbrividii: ho sempre detestato le storie di paura. Da piccola una mia "amica" alle elementari me ne raccontò una spaventosissima -almeno per me - ed io mi ero messa a strillare per tutta la classe, correndo dalla maestra e piangendo. Da quel momento niente più film horror in vita mia.
Luca parve sentire il mio brivido, poiché d'un tratto iniziò a giocare con i miei capelli, sfiorandomi di tanto in tanto il collo con le dita. Ora, tutti sanno che il collo è una zona molto sensibile, ma per me è il mezzo migliore per andare in estasi.
Cercai di non roteare gli occhi all'indietro e di non chiuderli: visto che gli altri non sembravano far caso a quel gesto, era meglio non dare spettacolo.
Ed ecco ritornato il ragazzo dolce e sensibile di quando eravamo soli nel suo letto.
-Io avrei paura. -disse Martina.
-Io di più. - la assecondai al seguito.
-Dai ragazze, ci siamo noi che vi proteggiamo dagli spiriti maligni! - disse Gabriel, accanto a Martina, gesticolando con le mani per imitare un fantasma ed emettendo versi che sembravano più un uomo che raggiungeva un orgasmo.
-Ah, allora siamo apposto...-ridacchiai, assieme alla mia amica.
Luca mi tirò appena i capelli, ma non disse niente, forse per non far attirare l'attenzione sul suo gesto, che mi calmò assolutamente. Ma io, sentendo un forte dolore alla cute, d'istinto spostai indietro la sedia e sentii un gemito sommesso da Luca, il quale lasciò i miei capelli.
Mi girai non capendo cosa stesse succedendo e lo trovai quasi piegato in due, con le mani sul cavallo dei pantaloni.
-Cazzo, Beatrice, non so se mi conviene starti vicino! Mi restano ancora due anni in classe con te. - gemette, con uno sguardo assassino.
Mi portai le mani alla bocca, mentre gli altri, compresi quelli che si trovavano dall'altro lato dell'aula, scoppiarono a ridere.
Mi alzai in piedi e per poco non lo colpii ancora.-Scusa, scusa, scusami, ti giuro che stavolta non l'ho fatto apposta! - ero seria.
-Sì, come il primo giorno di scuola. - mi accusò.
-No, beh, lì ammetto di averlo fatto apposta - ridacchiai, ma smisi subito, vedendo il suo sguardo truce -ma ti giuro che non l'ho fatto apposta, credimi.
Piagnucolò impercettibilmente. Dovevo avergli fatto proprio male questa volta.
-Vuoi andare a mettere un po' di ghiaccio? - propose Francesco.
Senza annuire, si incamminò verso la porta e io, dopo aver fatto un cenno ai miei amici di non continuare senza di noi, lo seguii.
In corridoio non mi rivolse nemmeno una parola, tantomeno uno sguardo: camminava con le spalle leggermente ricurve ed entrambe le mani sul cavallo dei pantaloni. Mi affrettai a raggiungerlo, anche se non andava veloce, visto il suo disagio.
-Luca? - provai di nuovo a scusarmi.
Si girò lentamente verso di me. -Che vuoi?
-Ti ho già detto che mi dispiace.
-Ho sentito.
Svoltammo entrambi in un'altra area della scuola: quella dei collaboratori scolastici (come ci obbligano a chiamarli a scuola), nonché i bidelli. Silenzio tra di noi e silenzio intorno a noi. Poteva anche essere un ottimo scenario del delitto che presto avrebbe commesso Luca; glielo leggevo negli occhi.
Mi torturai le mani cercando nella mia testa, tra i miliardi di parole che circolavano, una frase di senso compiuto, ma proprio mentre stavo per dire qualcosa, Rita, la nostra bidella preferita (da notare la rima), ci si presentò davanti preoccupata.
-Che ti è successo, caro? - si rivolse a Luca, aggrottando la fronte.
-E' stata lei. - piagnucolò indicandomi con un cenno del capo.
Rita lo abbracciò premurosa. -Oh, tesoro, vieni qui.
Poi guardò me, scuotendo la testa, in segno di finto rimprovero, perché mi adorava. Tanto sapeva dei nostri continui battibecchi e non sapeva cosa farci, dato che non era la prima volta che andavamo da lei perché io gli avevo fatto male o lui aveva fatto male a me.
-Io... non l'ho fatto apposta! - sussurrai, contrita.
-E' la terza volta, cazzo!- Luca mi lanciò l'ennesima occhiata.
Abbassai lo sguardo, dispiaciuta, ma poi lo rialzai spazientita. -Ah, non fare la vittima ora! - quello stato di mortificazione durava sempre poco quando parlavo con questo ragazzo.
Luca si sciolse in fretta dall'abbraccio di Rita e si rivolse a me. -Mi hai appena fatto male per l'ennesima volta e io non dovrei fare la vittima? Ma tu sei completamente pazza a fare l'arrabbiata, ora!
Rita lo trattenne prima che si avvicinasse troppo a me ed io arretrai di un passo.
-Perché non mettiamo un po' di ghiaccio? In un secondo il dolore passerà! - intervenne allegra, la bidella.
-Buona idea. -la assecondai.
-Ora però voglio l'abbraccio della pace! - continuò ed io sgranai gli occhi. Ma dove eravamo? All'asilo?
-Oh, su, non fate quelle facce. È l'ennesima volta che litigate e così non può continuare. - Rita scosse la testa. -Abbracciala. - fece cenno a Luca di avvicinarsi a me.
Lui passò lo sguardo da me a Rita per tre volte, poi, sbuffando, venne verso di me.
Lentamente ci avvicinammo, in imbarazzo, e poi lui avvolse le sue mani attorno alla mia vita ed io attorno al suo collo, restando entrambi rigidi.
-Oh, su, non fate i bambini! - sentimmo entrambi una spinta sulla schiena, segno che dovevamo avvicinarci. - Non siate rigidi, nessuno dei due puzza!
La fissai -Io mi sono lavata stamattina!
-Anche io! - mi assecondò Luca, rimanendo con le braccia attorno alla mia vita, ma un po' più rilassate.
-Appunto:allora potete anche abbracciarvi come si deve!
Ritornai a guardare Luca e per un momento ci fissammo negli occhi, poi sospirammo e io mi alzai in punta di piedi per appoggiare la testa sulla sua spalla, siccome lui era più alto di me.
Lo sentii sistemarsi tra i miei capelli ed inspirare. Poi seguì un lungo silenzio. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare ancora di più, appoggiandomi completamente a lui e spostando la mia testa nell'incavo del suo collo, facendolo trasalire.
-Scusami. -sussurrai, con le labbra che gli sfioravano la pelle.
Sospirò. -Va bene. - la sua voce attutita dalla mia mandria di capelli mi provocò un brivido, per quando era roca.
-Stai bene? - mi chiese, sollevando la testa.
-Io? Sì, perché?
-Stai tremando... hai freddo?
Sgranai gli occhi e mi staccai in fretta, prima che si accorgesse che quei brividi erano stati causati da lui.
-Ehm...- mi guardai attorno, a disagio, pur di non guardarlo negli occhi. - Dov'è Rita? - aggrottai la fronte. Era sparita.
-Boh. È andata via... doveva darmi il ghiaccio! - fece una faccia da cucciolo.
Guardai verso il piccolo freezer accanto alla cattedra delle bidelle e mi avvicinai per prendere una busta di ghiaccio.
-Ma sei sicuro che così ti passerà il male? - inclinai la testa fissando la busta.
-Mi hanno detto di sì. Infondo ho preso una bella botta, il ghiaccio serve a questo.
Cercai un pezzo di stoffa e glielo avvolsi attorno, per attutire il freddo eccessivo, poi mi avvicinai a lui.
Gli diedi il ghiaccio in mano, però lo vidi impacciato: non sapeva come slacciarsi i pantaloni.
-Ehm... vuoi che... uh... ti aiuti? - balbettai, indicando il cavallo dei suoi pantaloni. Quando alzai lo sguardo, lo vidi intento a fissarmi con un'espressione strana: un misto tra sorpresa, desiderio e... paura, controllo. Ma perché sempre tutta questa paura e controllo?
-S-si, se v-vuoi - balbettò anche lui.
Mi avvicinai ancora di più ed esitai a portare le mani sul primo bottone. C'erano due bottoni e una lampo. Ok, dovrebbe essere facile.
Con calma, slacciai il primo, poi portai una mano sul secondo ed indugiai un pochino, perché avevo le mani sudate e non riuscivo a far passare il bottone nell'asola corrispondente. Il mio pollice e il mio medio andarono a sfiorare qualcosa che non avrebbero dovuto, mentre nella mia testa si eseguiva un elogio a me stessa per essere riuscita in quella ardua impresa e sentii Luca sussultare.
-Bea... - sentii il mio nome in un sussurro rauco e, con molta lentezza alzai lo sguardo. Aveva gli occhi chiusi.
Quando li aprì e incrociò il mio sguardo, sembrò impallidito ed esitante, cosa alquanto strana per il nostro Luca.
Continuammo a fissarci ed io, decidendo di farla finita con quella situazione imbarazzante, mi decisi a tirare giù la lampo, mantenendo il suo sguardo.
Quel gesto sembrò eclissare quel mezzo sguardo di paura e in un secondo nei suoi occhi c'era solo desiderio, desiderio puro. Quando poi gli strappai di mano il ghiaccio e lo feci aderire ai suoi boxer, perse ogni tipo controllo sulle sue azioni.
Gettai a terra la busta del ghiaccio, quando con le mani mi afferrò i fianchi, mentre la sua bocca era già sulla mia, in un bacio impetuoso, audace, privo di alcun autocontrollo. Gli cinsi la vita con le gambe e in un secondo fui sulla cattedra delle bidelle, con lui tra le mie gambe. Il mio bacino aderì al suo, strappando ad entrambi un gemito.
-Sei tutto bagnato. - dissi, sulle sue labbra. Sentivo del bagnato anche attraverso i jeans leggeri.
-Ti giuro che è stato il ghiaccio. - mi rispose, non staccandosi. -Non vengo tanto presto. -i suoi denti si scontrarono con i miei quando entrambi ridemmo sommessamente, ma continuando a baciarci.
Con le mani ancora sui miei fianchi, si insinuò sotto la mia maglietta, sfiorandomi la pelle nuda della parte inferiore della schiena ed io gemetti nella sua bocca.
Le mie mani, legate dietro il collo, invece, scesero ad accarezzargli il petto, per poi trovare la meta tra i suoi capelli morbidi, per stringerli.
-Oddio. - gemette, staccando una mano dal mio fianco, per portarsela sul davanti dei boxer. Sorrisi contenta di avergli fatto quell'effetto e continuai a divorargli le labbra, mordicchiandogliele e leccandole.
-Che cosa state facendo?! - tuonò una voce adulta maschile.
Ci staccammo immediatamente, schiarendoci la voce e girandoci, per trovare il nostro professore di scienze naturali a fissarci, con la sua valigetta in mano. Non riuscivo a capire se il suo sguardo era arrabbiato, disgustato oppure... divertito.
-Ecco, io gli stavo... - indicai i jeans di Luca, ma poi capii che non era stata una buona idea.
Il prof. sgranò gli occhi. -Tu gli stavi cosa?
-Io gli stavo mettendo...
Fui interrotta da un paio di tacchi che arrivò nella nostra direzione e si fermò bruscamente alla vista dei pantaloni sbottonati di Luca, dei suoi capelli scompigliati e della mia maglia leggermente tirata su, che ricordai solo in quel momento di tirare giù.
-Che cosa sta succedendo?! - chiese anche lei, strillando.
-Io stavo... - ritentai, ma fui nuovamente interrotta.
-Perché sei tutto bagnato? - gridò ancora una volta con quella sua voce stridula, la professoressa di italiano della terza C, mentre il professore sghignazzava. Guardai nella direzione in cui stava guardando la professoressa e sbarrai gli occhi. Oh Santo Cielo.
-Le giuro che non è quello che pensa lei! - alzò le mani in segno di innocenza e poi guardò verso di me, cercando aiuto, ma io gli rivolsi solo un'occhiataccia cercando di fargli capire di allacciarsi i pantaloni. Quando capì, non perse tempo e si risistemò.
-Oh, io penso proprio di sì. - intervenne il professore, cercando di reprimere un sorriso - jeans sbottonati, boxer bagnati, capelli scompigliati, maglietta tirata su - e indicò me -e cosa c'è qui? - si avvicinò a me, ridendo sotto i baffi, mentre la professoressa mi guardava disgustata. Mi scostò una ciocca di capelli e guardò soddisfatto il mio collo.
-Ma che...? - inclinai la testa per guardare anch'io e vi scoprii un succhiotto. Quando mi aveva fatto un succhiotto? Lanciai a Luca un'altra occhiataccia e lo sorpresi a stringere le labbra per non sorridere. Sì, ridi pure, intanto i pantaloni bagnati da qualche strano liquido sospetto li hai tu.
-Che cosa facciamo, Ettore? - chiese la prof. all'altro professore, che ora si era allontanato, sghignazzando ancora. Oh, per avere una sessantina d'anni non si perdeva d'animo nel vedere due adolescenti eccitati che si saltano addosso.
-Facciamo che ora tornano in classe immediatamente. - tornò repentinamente serio.
Mi alzai dalla cattedra, sulla quale ero ancora seduta e, rivolgendo un'occhiata innocente al professore, mi avviai verso il corridoio sulla quale era affacciata la nostra aula, seguita da Luca. Non appena avemmo fatto la curva, mi appoggiai al muro e Luca accanto a me.
-Dio, pensi che ci metteranno una nota? O peggio... ci sospendono?! - strillai a bassa voce, preoccupata.
Prima che lui potesse rispondermi, sentimmo i due professori parlare nel corridoio accanto.
-Dovremmo prendere provvedimenti, Ettore.
-Angela, sono solo ragazzi, è ovvio che siano nel pieno degli ormoni. -rispose il professore con una voce tranquilla.
-Ma si stavano saltando addosso! Sulla cattedra delle bidelle! E quel ragazzo aveva i pantaloni slacciati, con le mutande bagnate! Cosa pensa gli stesse facendo, quella ragazza?!- strillò ancora lei.
Guardai Luca, che fissava il pavimento. -Io non ti stavo facendo niente. - sussurrai.
-Lo so, c'ero anch'io, sai? - mi rispose, seccato.
-E' ovvio che lo stesse masturbando, ma è normale... - continuò il nostro professore e mi stupì la calma e la leggerezza con cui trattava l'argomento. Era alquanto imbarazzante.
-In un corridoio della scuola? Dove può passare chiunque? Le sembra normale?! - rispose. In effetti aveva ragione. Non che stessimo facendo chissà cosa, ma come ci era saltato in mente di limonare in corridoio?
-Come ci è venuto in mente di limonare in corridoio? - Luca sembrò avermi letto nel pensiero.
-Come ci è venuto in mente? Guarda che sei tu che mi sei saltato addosso!
-Cazzo, mi hai messo una mano nei pantaloni!
-Io ti stavo solo aiutando a slacciarli e poi ci ho messo il ghiaccio. - dissi con tono pacato, anche se ero cosciente di averci messo un po' del mio e non fossi del tutto innocente.
-Senti, dimentica quello che è successo e finiamola qui. - si staccò dal muro e fece per indirizzarsi verso la classe.
-Come se fosse mai iniziato qualcosa. - borbottai, mentre lo seguivo.
O fece finta di non sentire o non sentì proprio, perché non ribatté con una delle sue frecciatine.
Si fermò davanti alla porta chiusa dell'aula per aspettarmi.
Mi parai di fronte a lui e gli sistemai i capelli ancora scompigliati e quel gesto lo fece trasalire, forse per la sorpresa; poi fu lui a sistemarmi i capelli, posizionandomeli davanti alle spalle, poi fissò il mio collo. -Così non si vedrà. - affermò serio, riferendosi al succhiotto.
-Quando me l'hai fatto?
-In un momento in cui eri troppo in estasi per essertene accorta. -ghignò, mentre io alzavo gli occhi al cielo e aprivo la porta dell'aula.
La prof era già alla lavagna a correggere la versione per casa e quando si girò verso di noi parve seccata.
-Non è la prima volta che arrivate in ritardo, Mercuri e Milani. - affermò.
Io mi andai a sedere in silenzio, poiché l'ultima volta che avevo osato aprire bocca non era finita molto bene, al contrario di Luca, il quale rispose con un ghigno e un "dovrà farci l'abitudine, perché l'anno è ancora lungo".
Nella ricreazione ci risistemammo tutti in cerchio come prima, ma fui io a sedermi sul banco, mentre Luca si era piazzato il più lontano possibile da me.
-Allora, dov'eravamo rimasti? - esordì Gabriel.
-Giovedì sera andremo in quella casa abbandonata di cui parlavi. - rispose Martina, poco convinta.
-Ma siete proprio sicuri? - mi lamentai.
-Sì, non ti preoccupare, ci penso io a te. - mi disse Francesco, mettendomi un braccio attorno alle spalle.
-Leva subito le mani da lei. - lo rimproverò Gabriel. Mi capitò di guardare di sfuggita -per caso, eh - nella direzione di Luca e notai che stava scuotendo la testa, come se stesse cercando di capire qualcosa. Ma che cosa? Forse perché Gabriel mi difendesse. Ci ero talmente abituata: lo faceva sin dall'elementari e io quasi non gli rispondevo neanche più di lasciar perdere.
Francesco sembrò intimidito dal tono minaccioso del suo amico, perché tolse il braccio dalle mie spalle e si allontanò di poco da me.
-Beh, io vengo, però se ho paura, Andrea mi riaccompagni a casa. - continuò Martina e io annuii d'accordo con lei.
Quando uscimmo da scuola il sole era ormai cocente, perciò mi affrettai ad arrivare a casa, ma venni fermata da una voce accanto a me.
-Bea, ti va di fare il tragitto insieme? - mi chiese Luca, come se stamattina non fosse successo niente.
-Stai scherzando? - risi amaramente.
-Ehm... veramente no. - si portò una mano sulla testa, confuso.
-Ma quando vuoi crescere?
-A che cosa ti riferisci?
-Ti hanno mai insegnato a non far finta che le cose non siano mai successe, solo perché ti conviene? - camminai più in fretta.
-Ti riferisci a stamattina? - mi raggiunse senza alcuno sforzo. Si vedeva che aveva fatto anni di calcio: a me era già venuto il fiatone, mentre sembrava tranquillo come se stesse aiutando una vecchietta ad attraversare le strisce pedonali.
-Sei perspicace!
-Bea, dai, non facciamone un affare di stato. È successo, fine. - rispose alzando gli occhi al cielo.
-Mi hai fatto quasi sospendere per il tuo "non affare di stato" - mimai con le virgolette.
-Eddai, perché sei sempre così interessata alla scuola? Che sarà mai una sospensione di un giorno...
-Si, che sarà mai... solo due voti in meno in condotta.- liquidai con una mano, come se fosse una cosa da poco.
-Ma divertiti un po' con gli amici, esci di più, lasciati andare...non essere sempre così rigida: non piacerai mai a nessuno, altrimenti.
Lo fissai con odio, altro che rabbia.
-Ti ringrazio per i tuoi sempre bellissimi complimenti, - gli puntai un dito contro al petto - mi riempiono sempre il cuore di gioia, - mi sforzai di non far uscire le lacrime dagli occhi, e per questo dovetti accontentarmi di vedere la sua figura sfocata, non capendo neanche che espressione avesse - ma se non piaccio a te, questo non significa che non possa piacere anche agli altri! - finii urlando con voce spezzata.
E, dandogli uno spintone, mi voltai per incamminarmi ancora più velocemente verso casa mia, fregandomene di arrivare a casa con i polmoni in fiamme, tanto già lo erano i miei occhi, irritati dal trucco. Sentii il mio nome in lontananza, ma non dei passi che si avvicinarono. Mi affrettai ad aprire il cancelletto di casa e poi la porta, per far sgorgare le lacrime trattenute.
Non poteva essere possibile che ogni sua minima critica anche infondata potesse suscitarmi reazioni tanto eccessive, come il piangere tutto il pomeriggio sul mio letto, accoccolata a Lilium. Almeno lui non poteva farmi male a parole, ma poteva solo consolarmi.

****
Nuovo capitolo!
Devo avvisarmi, purtroppo, che nelle prossime settimane sarò al mare, perciò non mi sarà molto possibile aggiornare con il computer e con il cellulare mi è impossibile, ma inizierò a scrivere il prossimo capitolo (sulle note del mio cellulare) e appena torno a casa lo posterò immediatamente, promesso. Ho già nuove idee, quindi non preoccupatevi: se non aggiornerò per un po' non significa che ho sospeso la storia.
Buone vacanze per chi va al mare - godetevi il sole - e per chi sta a casa - si goda il divano.
A prestissimo!

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