MISSING MOMENTS

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Seconda Superiore

LUCA

-Passa la palla! – urlai all'attaccante destro e in un secondo la intercettai e cominciai a correre più che potevo, nonostante avessi il fiatone e le mie gambe stessero per cedere. Dovevo segnare, dovevo fare goal per vedere papà sugli spalti alzarsi ed esultare. Il mister mi aveva detto che ero il più veloce e il più forte e che lui e tutta la squadra contava su di me per vincere. Io non li avrei delusi, ovviamente, ma non lo facevo per la squadra, bensì per mio padre.
La mamma non era potuta venire perché Tommaso stava male e doveva rimanere con lui, ma papà mi aveva promesso che sarebbe arrivato; non avevo tempo di guardare sugli spalti e individuarlo, ma sapevo che era lì.
Corsi ancora più forti e con un calcio decisivo, mandai la palla verso la porta; rimasi lì ad osservare la palla, che come a rallentatore la raggiungeva.
Quando mi accorsi che il portiere si era buttato troppo presto e che la palla era entrata, feci un salto ed iniziai ad esultare.
-Grande! – esclamò Andrea, venendo ad abbracciarmi e così fecero anche gli altri compagni. Mi sentivo come quando in tv tutta la squadra saltava addosso al calciatore che aveva appena segnato.
Eravamo passati in finale per merito mio, cavolo.
Mi voltai verso la tribuna, sorridendo e osservai fila per fila i genitori in piedi ad esultare.
Ma mio padre non c'era.
Non era lì a vedermi.
Il mio sorriso si spense e d'un tratto non mi sentivo più così entusiasta per aver segnato facendo vincere la Champions League.
A chi avrei dedicato quel goal?
Cosa me ne poteva importare di non deludere il mister, se mio padre non era lì a fare il tifo per me?
Era sempre così assente in quel periodo, ma pensavo che almeno alle partite sarebbe venuto.
Dopotutto era stato lui ad insegnarmi a giocare e a spingermi ad entrare nella squadra.
Scossi la testa, all'improvviso pesante come un macigno e chiusi gli occhi.

Quando li riaprii, mi accorsi di non essere su un campo da calcio ma nel mio letto e di non indossare la divisa, ma il pigiama.
Sospirai e mi sfregai gli occhi, guardando l'orologio: la sveglia sarebbe suonata in dieci minuti.
Avevo sognato di nuovo l'ultima partita che avevo fatto, a tredici anni, due anni prima.
Era ormai la terza volta in due settimane che mi capitava e non riuscivo a capire il perché.
D'un tratto il pianto di Tommaso mi scosse e sbuffai: non lo sopportavo più, cazzo.
Scesi dal letto e mi fiondai in cucina per bere un po' di latte freddo e calmarmi, poi me ne scaldai una tazza e iniziai ad inzuppare i biscotti che mi madre aveva fatto la sera prima. Era una nuova ricetta, che aveva imparato da un' amica, ma erano i più buoni che avessi mai mangiato.
Le avrei chiesto di rifarli, appena non fosse più stata impegnata con mio fratello o con il lavoro.
Cioè mai.
-Tesoro, non piangere. – gemette mia madre, entrando in cucina con Tommy in braccio.
Alzai gli occhi al cielo. Ero sicuro di non fare così tante storie come lui, alla sua età.
Andò dritta verso il giochino che aveva lasciato sulla tavola e glielo porse, non accorgendosi nemmeno di me.
-Buongiorno, mamma. – la salutai, sarcastico.
Lei alzò lo sguardo su di me e mi sorrise. –Ciao, Luca.-
Dopo qualche minuto passato a cercare di calmare Tommaso, sospirò e lo fece sedere sulla sedia.
-Tuo padre ha detto che oggi pomeriggio ti viene a prendere. Vuole andare al cinema con te stasera. – esordì ed io per poco non scoppiai a ridere.
Sul serio? Il cinema, stavolta?
La settimana scorsa era il bowling, quella prima la piscina e la prima ancora il ristorante tailandese. Cosa si sarebbe inventato la prossima?
-Beh, stasera sono impegnato. Ho detto ad Andrea che sarei uscito con lui.-
-Luca...- iniziò, in segno di ammonimento.
-Non sto scherzando, è la verità: sono già impegnato.-
-Allora chiamalo e diglielo.-
-Fallo tu. Io sono in ritardo. – dissi, uscendo dalla cucina senza neppure aver finito il latte.
Avevo bisogno di una distrazione in quel momento, per evitare di impazzire, così mi vestii in fretta ed uscii di casa.
Prima fossi arrivato a scuola, prima avrei visto Beatrice Milani.
E prima mi sarei distratto.

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