Capitolo 63

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LUCA
No no no no no no!
Non doveva saperlo così!
Anzi, non doveva proprio saperlo!

Beatrice rimase immobile con le mani sulle spalle di Tommaso, mentre ci fissavamo negli occhi. I suoi erano lucidi ed era un brutto segno.
Spostò lo sguardo da me a mio padre, poi strinse le labbra.
-Io... scusate. – mormorò, prima di sparire dalla mia visuale e iniziare a correre giù per le scale.
No.
-Bea! – gridai, poi di corsa la inseguii.
Era da quando ci conoscevamo che inseguivo quella ragazza, ma l'avrei fatto altre infinite volte.
Dietro di me sentii i passi frettolosi di Tommaso: probabilmente pensava fosse Acchiapparello, ma non era affatto un gioco.

Beatrice sbatté la porta d'ingresso proprio mentre io scendevo le scale e vidi mia madre uscire dalla cucina e chiedere cosa stesse succedendo.
La ignorai e proseguii dritto verso la porta, per poi sbatterla anch'io, non prima di sentire la voce della mamma che diceva a Tommaso che lui non doveva uscire.
-Bea! – la chiamai di nuovo, mentre correva per il marciapiede.
Si sarebbe fermata sicuramente dopo pochi metri, perché la sua resistenza era pari a quella di una sessantenne con l'asma.

Tuttavia, aumentando la velocità, riuscii a raggiungerla prima e le afferrai il braccio per fermarla.
-Lasciami! – strillò. Stava piangendo.
Merda, veniva da piangere anche a me, vedendo la sua reazione.
-Bea, ascoltami. – la supplicai, provando a non lasciarla scappare – in tutti i sensi.
Beatrice smise di divincolarsi ed io ne approfittai per abbracciarla. Non sapevo cosa dire, ma almeno potevo sentire il suo profumo un'altra volta prima che se ne andasse. Perché sapevo che se ne sarebbe andata.
Lei scoppiò a piangere sul mio petto, nonostante mi abbracciasse, ed io non capii perché lo stesse facendo: era una cosa così terribile il fatto che l'amassi?
-E' vero? – singhiozzò, con il volto sulla mia maglietta. Non mi aveva nemmeno guardato in faccia.
Era la seconda scenata in pubblico della giornata; la prima era finita più che bene. Sperai anche la seconda.
Ma non fu così.
La staccai da me, smettendo anche di abbracciarla e la fissai.
-E' vero? – ripeté alzando un po' di più la voce.
Non mi stava ancora guardando negli occhi.
Abbassai lo sguardo. –Cosa? Che sono innamorato di te? Sì, è vero, cazzo. Sono innamorato di te. – alzai la voce, arrabbiato e frustrato per la sua reazione.
Penso non fosse mai capitato che qualcuno dicesse 'ti amo' ad una ragazza e lei si mettesse a piangere.
Ma Beatrice, come avevo ben imparato, non era come le altre ragazze.

Rimase in silenzio e quando alzai lo sguardo mi accorsi che stavolta mi stava fissando, negli occhi. I nostri sguardi rimasero incatenati per lunghi secondi, ma nessuno dei due parlava. Io cercavo di decifrare le sue emozioni, ma era difficile: era confusa, triste.... arrabbiata?
-A quanto pare non è lo stesso per te. – mormorai, facendo una risata amara, per non permettere alle lacrime di uscire. Dovevo controllarmi meglio perché ero un maschio, porca miseria!

Beatrice restò a fissarmi; stava per dire qualcosa, ma poi abbassò lo sguardo.
No, a quanto pare non era lo stesso per lei.
-Bene. – annuii, cercando di metabolizzare il tutto.
L'avevo pensato a lungo e alla fine avevo ragione: l'unica ragazza a cui avevo detto di amarla non mi amava, mentre tutte le altre avevano sperato che io lo dicessi a loro.
-Io... – iniziò sussurrando, poi si bloccò e ricominciò a piangere.
-Te ne puoi anche andare adesso, non c'è bisogno che tu cerchi di giustificarti. – le dissi seccamente; forse un po' troppo.
Beatrice strinse le labbra e si allontanò ricominciando a piangere.
Io rimasi lì, sul marciapiede, a fissarla fino a quando non svoltò dietro l'angolo e anche dopo.
Mi stava cadendo una lacrima anche se avevo cercato in tutti i modi di trattenerla.
Senza neanche pensare cominciai a correre nella direzione opposta a quella di Beatrice, verso la casa di Andrea.
In quel momento avevo bisogno di un amico, non di restare immerso nei miei cazzo di pensieri stupidi.
    -Ehi. – Andrea mi sorrise non appena aprì la porta, ma quando lo sorpassai il suo sorriso si spense e mi chiese cosa fosse successo.
Andai in camera sua, ignorando il saluto di sua madre e mi sdraiai sul letto a pancia in giù per non fargli vedere i miei occhi rossi.

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