Capitolo 66

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LUCA
Quando mi svegliai avevo la stessa angoscia di quando mi ero addormentato. La stessa che mi tormentava da giorni.

Ero nel letto di Beatrice e la tenevo stretta a me, nonostante sua madre fosse in casa. Era la quarta volta che dormivo da lei anche se non eravamo soli e per il momento non eravamo ancora stati beccati: avevo imparato ad abbassare la tavoletta e a non schizzare d'acqua tutto il bagno dopo essermi lavato le mani. Inoltre avevamo imparato in fretta a non fare rumore mentre facevamo l'amore.

Fare l'amore. Mi sembrava una cosa così strana da dire, porca miseria.
Non l'avevo mai detto e ogni volta che sentivo quell'espressione alzavo gli occhi al cielo pensandoche cosa più ridicola e insensata non c'era: il sesso era sesso, punto.

E invece mi ero ricreduto, come d'altronde avevo fatto per tante cose da quando 'stavo' con Beatrice. Dal sesso al fare l'amore c'era un oceano infinito non paragonabile.
Ero cotto, ne avevo la certezza e la cosa, se prima mi spaventava – e non aveva smesso ancora del tutto di farlo – ora mi faceva sorridere come un cretino.

La parte peggiore di quando in casa c'era la madre di Beatrice non era tanto il letto piccolo – perché così eravamo costretti a stare più vicini –, ma il dover sgattaiolare fuori dalla finestra cercando di non imprecare rumorosamente quando cadevo per terra e il non fare colazione insieme.
Le diedi un bacio sulla guancia, sperando di non svegliarla e rimasi a guardarla per un po' mentre dormiva come un angioletto.
La domanda di quel Matteo di due giorni prima mi ronzava ancora in testa e non mi dava pace.
È la tua ragazza?

Non lo era ma volevo che lo fosse. In fin dei conti, forse lo volevo dalla prima volta che avevamo stilato quella lista, se c'era stato così bisogno di farla.

Beatrice mi si accomodò praticamente sopra, nonostante facesse un caldo terribile e affondò il viso nel mio collo, sospirando. Si era svegliata.
Mi lasciò un bacio umido ed io intrecciai le gambe alle sue.
-Te ne devi andare. – mormorò lasciandomi un altro bacio.
Sbuffai. Adoravo il profumo della sua camera e il fatto che fossimo da soli la maggior parte del tempo senza fratellini pestiferi o mamme che rubano la ragazza nel bel mezzo di un momento interessante in cambio di qualche dolce, ma preferivo casa mia.

-Ma se io scendessi e salutassi tua madre chiedendole se posso rimanere per colazione? – scherzai.
Beatrice sollevò di scatto la testa: -Dici sul serio?-
-Prima o poi dovrà saperlo. – alzai le spalle.
-No. Se hai dormito qui significa che io faccio sesso. – scosse la testa, riflettendo.
Alzai gli occhi al cielo: -Mia madre lo sa e non ti considera una poco di buono-.
-Ma è diverso! – sbottò a bassa voce, dandomi un colpetto sul petto.
-Va beh, ma magari non è poi così male. Forse la stai sottovalutando e non ti ripudierà come figlia se sapesse che prendi la pillola -.

Sembrò rifletterci un secondo e mi salì un brivido al pensiero di presentarmi per davvero a sua madre.
-E poi come ti presento? Come il mio ragazzo o un mio amico? – mi domandò innocentemente guardandomi negli occhi.
Probabilmente non lo fece apposta, ma quella domanda mi ferì profondamente.
Era a causa mia e delle mie paranoie se eravamo in quella situazione.

Scossi la testa, improvvisamente intristito di nuovo. –Ora è troppo presto, comunque, non puoi prendere la decisione di parlare con tua madre su due piedi mezz'ora prima. – ignorai la sua domanda, cercando di sorridere.
-Oh. – sembrò un po' delusa.

Le diedi un bacio sul naso e mi alzai, allontanandola.
-Ora vado. Oggi pomeriggio vieni da me. Dobbiamo parlare. – dissi sempre a bassa voce, mentre infilavo la maglietta e i pantaloncini della tuta.
Beatrice si sollevò a sedere con il lenzuolo premuto sul petto: era senza reggiseno – su mia richiesta della sera prima.
La sua espressione era preoccupata quando mi chiese: -C'è qualcosa che non va?-
-In realtà sì...- forzai un sorriso.

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