Capitolo 8

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Sul mio letto, accoccolata al mio cagnolino Lilium, rimasi a fissare la tv spenta. Quel piccolo barboncino brizzolato significava veramente molto per me. Lo accarezzai e gli baciai la testa. Era così vecchio, ma così arzillo che metteva quasi allegria.

Non avevo la minima voglia di fare i compiti, non volevo studiare. Avevo solo una gran voglia di urlare in faccia a Luca. Luca, indirettamente, mi aveva fatto prendere la nota: se quella stupida di Serena non mi avesse detto della felpa e non mi avesse fatto sentire una delle sue tante troiette, forse non sarei stata così acida da rispondere alla professoressa.

Senza aggiungere fuoco ai miei pensieri, misi un paio di jeans e una canottiera e mi fiondai fuori dalla porta di casa con la felpa di Luca, appena uscita dall'asciugatrice, in mano.

Arrivata davanti alla sua porta, suonai appena il campanello, pregando che non aprisse sua madre. E infatti la porta si aprì e mi trovai davanti ad un Luca in tuta, con i capelli tutti scompigliati e la bocca piena della metà biscotto che non aveva più in mano. Cazzo, quanto era sexy. Dio, quanto era buono quel biscotto.

-Beatrice? - il suo sguardo sorpreso e la sua voce ovattata dalla bocca piena mi ricordarono che non ero andata da lui per ammirarlo.

Gli buttai la felpa in faccia. -E' tutta colpa tua!

Rimase per un secondo con la felpa che gli copriva il volto, prima di togliersela e guardarla. -Ah, grazie. - sorrise arrogante.

La mia rabbia non si placò per quel tono, anzi divenne ancora più grande.

-Tienitela, la tua felpa. Te l'ho lavata, così puoi darla direttamente alla tua puttanella numero uno! - strillai, non abbastanza forte perché mi sentisse tutto il vicinato.

Piegò la testa di lato. -Che cosa intendi?

-Lo sai cosa intendo! - cominciai a spingerlo con le mani sul petto e lui arretrò, ma non per la mia forza. - Serena mi ha detto come le regali le tue felpe, quindi non volevo sentirmi in colpa per averle sottratto un altro regalino da mettere dopo una scopata. - pregai sul serio che sua madre non fosse in casa.

Scoppiò a ridere. -Che cazzo dici?

-Me l'ha detto lei!

Inarcò un sopracciglio e incurvò il sorriso. -Gelosa?

Spalancai gli occhi. Ero gelosa? Ma certo che no!

-Ma come potrei! E' che non voglio essere considerata una da una botta e via solo perché ho fatto sesso con te!

-Aver fatto sesso con me significa essere una ragazza da una botta e via, Milani. - il suo sorrisetto si fece divertito.

-Era solo per provare. Non succederà mai più. -ringhiai, non trovando una scusa migliore. In effetti non ce n'erano: ero stata io a dirgli che volevo farlo.

-Anche con le altre è successo una sola volta, eppure tu le chiami "puttanelle".

Mi irritai ancora di più e ricominciai a spingerlo. -Quindi lo sarei anche io? Oh, no caro. Tu sei stata un'esperienza per me, non per te. Adesso che non sono più vergine, non succederà mai più. - gli puntai il dito contro, poi con la coda dell'occhio notai i mobili del soggiorno in cui ero stata il giorno prima: a forza di spingerlo ero entrata in casa sua.

Lui non sembrava turbato, offeso o tutti gli aggettivi che mi sarei aspettata di potergli dare dopo aver fatto il mio discorso. Era ancora più divertito.

Con un movimento lento, del quale però non mi accorsi, mise una mano sul mio fianco, mentre l'altra conteneva ancora metà del biscotto di sua madre. Avvicinò il suo corpo al mio e si abbassò a baciarmi il collo. Un brivido mi percorse la schiena e improvvisamente sentii un caldo impertinente.

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