Capitolo 27

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                 LUCA
Avevo dei capelli in bocca. La prima cosa che pensai fu:che buon sapore che hanno, sanno di miele.
Poi aprii gli occhi e mi accorsi che era già mattina:nonostante le tende scure alle finestre, la luce filtrava fioca.
Mi salirono tanti brividi quando mi accorsi che Beatrice era accucciata con la testa sotto il mio mento ed io avevo un braccio sotto di lei che le cingeva un fianco. Mi guardai intorno, per quanto potessi, essendo ostacolato da una massa di capelli color caramello, e notai che erano ancora tutti a letto. Un piccolo dettaglio non mi quadrava: come faceva Beatrice ad essere la mia destra, se poche ore prima era alla mia sinistra? Infatti accanto a me avevo il corpo di Martina tutto arrotolato nel sacco a pelo.
Guardai l'orologio digitale sopra al mobile, che segnava le sette di mattina. Probabilmente tutti si sarebbero alzati per le dieci, ma meglio non rischiare, dovevo svegliare Beatrice e dire di fare cambio posto e di staccarsi, con mio dispiacere, da me. Prima di farlo, però, mi soffermai a guardare il soffitto pensando a ieri notte.
Cosa mi era successo?
Le avevo preso il cuscino non di proposito, giuro. Stavo dormendo, ero scomodissimo e ho preso la prima cosa che ho trovato e il destino ha voluto che, invece di prendere il cuscino di Antonio, prendessi quello di Beatrice. Forse era stato sempre quel destino che speravo potesse essere dalla mia parte, ma che credevo non esserlo.
Quando, però, aveva iniziato a cercare di strapparmi il cuscino dalle braccia, il suo profumo ancora una volta di miele mi aveva estasiato e non avevo resistito ad attirarla a me, almeno per vedere che reazione avrebbe avuto. E lei non si era tirata indietro.
Così avevamo cominciato a baciarci... ed era finita che io non riuscivo più a trattenermi e le avevo chiesto di andare in bagno. E in bagno avevamo fatto sesso, ancora una volta il miglior sesso che avessi mai fatto. Nel momento in cui ero entrato dentro di lei mi ero sentito così bene che stavo per venire senza neanche aver dato una sola spinta.
-Mmm- Beatrice mugolò e si mosse, aggrappandosi con una mano alla mia maglietta.
Sorrisi: sembrava una bambina piccola che si attacca alla maglietta di chi la tiene in braccio.
Mi sentivo in colpa, ma non più di tanto.
Mi era scappato di dire davanti a Beatrice che "non me ne fregava niente di lui" e chissà cos'aveva pensato. Forse aveva capito che si riferiva a Gabriel?
Avevo deciso di vivere la mia vita. Se Gabriel non si sbrigava a dichiararsi con Beatrice era un problema suo.
Io la volevo fisicamente più di ogni altra cosa e l'avrei avuta. Forse. Dovevamo parlare al più presto.
Non mi spiegavo alcuni miei comportamenti troppo sdolcinati , come quando pochi secondi prima avevo sorriso paragonandola ad una bambina. Oppure come ieri notte, quando Andrea si era svegliato e, nell'attesa che si riaddormentasse, avevo preso a baciarla con piccoli baci a stampo, che poi ovviamente erano diventati tutte e sei o sette le volte qualcosa in più. La verità è che averla a pochi centimetri da me -con un'erezione, per giunta - e non poterla baciare, come era già capitato molte altre volte, era una cosa totalmente atroce. La tortura peggiore che ogni uomo potesse avere, infatti, era non poter baciare o toccare la donna che ama, pur avendola accanto. Ma la differenza è che io non l'amavo, sia chiaro.
Le diedi un bacio sulla testa - altra fonte di testimonianza del fatto che lei mi definisse un incoerente, dato che avevo appena finito di dire che i gesti dolci non erano da me - e la scossi leggermente.
-Ehi - le sussurrai all'orecchio.
Lei si mosse, ma solo per mettersi più comoda sopra di me.
Sorrisi ancora per quanto mi sembrasse una bambina e la scossi ancora leggermente.
Lei aprì un occhio, inspirando profondamente e alzò la testa per guardarmi in faccia, poi si rimise giù con un tonfo, così a peso morto da farmi male a petto.
-Dovresti alzarti... - le dissi cautamente. Non si sa mai com'è quando si alza, potrebbe non aver preso bene quello che era successo la notte prima.
Beatrice protestò con un ennesimo mugolio ed io sospirai.
-Sono le sette e un quarto.
Alzò di scatto la testa per guardare l'ora, poi si volse verso di me e mi guardò con gli occhi semichiusi. Sembrava così minacciosa eppure così angelica.
-Perché sei qui? - mi chiese, con voce assonnata. Ancora stringeva la mia maglietta.
La guardai di traverso.
Lei sbuffò. -Tu dovresti essere alla mia destra, perché sei alla mia sinistra?
Scossi la testa. -Me lo sono chiesto anch'io e non ne ho idea.
Sospirò anche lei e si rimise giù sul mio petto, però con gli occhi aperti rivolti verso di me.
-Allora? - tentai.
-Allora cosa? - sbadigliò.
-Ieri notte...
fece roteare gli occhi come se stesse cercando di ricordare - ero sicuro che non fosse ubriaca, perciò non poteva averlo rimosso: non era stato un trauma -poi spalancò gli occhi, infine guardò da tutte le parti tranne che dalla mia.
Le strinsi un fianco e la vidi sussultare. -Ehi?
-Uhh... - emise solo quel lieve suono, prima di stendersi su di me.
Questa volta fui io a sussultare. -Che stai facendo?
Ero già partito in quarta e anche il mio amichetto, pronti per fare un'altra seduta in bagno.
Lei mi guardò ovvia: - C'ero io qui, perciò spostati. - mi ricordò.
-Eccoti ritornata, pensavo di averti persa! - feci riferimento alla sua acidità, sbuffando.
-Simpatia portami via. - commentò lei, ancora più acida.
Eravamo stesi una sopra l'altro, a pochi centimetri di distanza e, nonostante l'attrazione - almeno da parte mia - era focosa, ci stavamo insultando in modo lieve. Non saremmo mai cambiati.
Prima che lei potesse scendere da me e tornare al suo posto, le abbracciai i fianchi e chiusi gli occhi. Probabilmente non ne avremmo più avuti di momenti come quelli, quindi meglio approfittarne.
Beatrice parve immobilizzarsi, inizialmente, ma dopo qualche secondo fece scorrere le braccia che teneva sul mio petto e mi cinse il collo, appoggiando la testa sul cuscino, accanto alla mia.
Le nostre guance si toccavano, e le sue erano così morbide; la sentivo respirare nel mio orecchio, un suono lieve e lento.
Mi diede un bacio sulla guancia, prima di liberarsi dalle mie braccia e risistemarsi nel suo sacco a pelo, sotto le coperte. Si girò su un fianco verso di me ed io feci lo stesso.
Ci guardammo negli occhi per un po', poi io, scosso dalla tentazione, le diedi un bacetto sul naso.
Quando ritornai al mio posto per guardarla, notai che tentava di opporre resistenza ad un sorriso. Perciò sorrisi anch'io.

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