Capitolo 57

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BEATRICE
Girai avanti e indietro per casa per quelle che furono ore. Consumai almeno tre pacchetti di fazzoletti e bevvi tre litri l'acqua perché a forza di parlare e gridare da sola avevo la gola in fiamme.
Sapevo che avrebbe reagito così; in fin dei conti era normale: era stato un colpo anche per lui, ma per me era stato peggio, cavolo!
Non mangiai nemmeno perché tutto l'appetito che avevo quando ero andata a casa di Luca con l'intento di mangiare i biscotti fatti in casa mi era passato definitivamente nonostante avessi corso sotto la pioggia.
Mi feci una doccia lunghissima, sotto l'acqua calda, per non sentire i tuoni dall'esterno.
Quando uscii, con il pigiama caldo, immersa nel profumo del mio bagnoschiuma, andai a letto.
Anche se erano le otto e mezza di sera. Avevo solo bisogno di dormire e di non fare incubi e il temporale che c'era fuori non aiutava.
Avevo sempre avuto fin da piccola il terrore dei tuoni, benché sapessi che non avrebbero potuto farmi niente perché erano solamente forti rumori, e ciò che era successo a mio padre in una notte come quelle non aveva fatto altro che accrescere il mio timore.
Presi gli auricolari e feci partire a tutto volume Little do you know di Alex & Sierra, poi mi infilai sotto le coperte, girandomi dalla parte opposta alla finestra per non vedere la luce dei lampi al quale seguivano sempre dei tuoni.
Proprio mentre stava partendo Light a fire di Rachel Taylor, la musica cessò di colpo. Aprii gli occhi, nonostante mi stessi già addormentando, preoccupata: ero sicura di averlo messo in carica, ma se così non era non avrei potuto ascoltare la musica per tutta la notte.
Quando guardai lo schermo, invece, scoprii che era stata semplicemente una chiamata a bloccarla.
Di Luca.
Esitando, mi affrettai a rispondere – contro la mia volontà – prima che riattaccasse.
-Cosa vuoi? – gli chiesi, sforzandomi di sembrare acida, quando ero solo infinitamente stanca.
-Hai gli auricolari oppure non vuoi aprirmi di proposito? -
Scattai a sedere.
Era venuto a casa mia?!
-Non volevo aprirti di proposito. – mentii, strappandomi gli auricolari e lasciandoli sul letto, poi scesi in fretta le scale.
Da un lato non avevo la minima voglia di vederlo, ma dall'altro, quello più emotivo, non vedevo l'ora.
Non ero sempre d'accordo con Seneca che diceva "ratio imperat sensibus", la ragione comanda sui sentimenti, perché a volte non era proprio così.
E quelle sono le volte più belle, perché non si hanno rimpianti e non ci si sente in colpa: se io non avessi aperto a Luca, non gli sarei saltata addosso come se non l'avessi visto per due anni. Era proprio quello di cui avevo bisogno e non me n'ero pentita.
-Ehi. – esclamò sottovoce, sorpreso dal fatto che non appena ebbi aperto l'avessi abbracciato stretto.
Non me ne fregava niente se era completamente fradicio per la pioggia, anche perché se no l'avrei bagnato io con le mie lacrime; infatti, stavo piangendo di nuovo, ma quello era più un pianto liberatorio.
-Mi dispiace... – mi bisbigliò all'orecchio, facendo un passo avanti e chiudendo a chiave la porta dietro di lui, sempre tenendomi stretta.
-Ti voglio bene, Bea. Non ti lascerei mai da sola, lo sai vero?-
Annuii, anche se lo sapevo solo da quel momento: non mi aveva mai detto che mi voleva bene e un brivido mi era partito dal collo fino alla pancia.
-Anch'io ti voglio bene. – dissi, anche se non ero del tutto sicura di ciò che provavo.
Quando lo ebbi stritolato per bene, mi staccai, soddisfatta e lo fissai, asciugandomi le lacrime dagli occhi.
Aveva i capelli fradici e anche i vestiti erano zuppi. Sospirai. Aveva bagnato anche me.
-Devi cambiarti o ti verrà la febbre. – mi disse, indicandomi.
-Tu sei più fradicio di me. – risposi, salendo le scale.
Gli feci appoggiare i vestiti bagnati in bagno, sulla vasca, assieme ai miei, poi andammo in camera e presi dall'armadio la sua felpa che aveva lasciato lì.
-Però dopo me la ridai. – gli puntai il dito contro, girandomi verso di lui; mi accorsi però che lui mi stava guardando il culo, coperto solo dalle mutande brasiliane – i perizomi o i tanga non erano ancora in mio possesso: ero ancora troppo casta.
-Luca! – strillai, lanciandogli la felpa in faccia e trattenendo un sorriso. Mi faceva piacere che almeno in quel momento riuscisse a tirarmi un po' su di morale.
Lui si riscosse e prese la felpa ridendo. –Scusa. – disse, con quel suo faccino da bambino.
Tirai fuori dal cassetto anche un paio di boxer che avevo trovato sotto al mio letto qualche tempo prima – non mi spiegavo perché fosse andato a casa senza mutande – e gli porsi anche quelli.
-Sei fortunato che quando ho fatto la lavatrice mia madre non c'era o avrebbe potuto dare di matto. -
Luca sorrise e mi fece l'occhiolino scherzosamente.
-Vai in bagno ad asciugarti i capelli mentre io mi cambio. –ordinai.
-Sei sempre così dispotica. – mi si avvicinò e lasciò un bacio sulla guancia come se fosse una cosa del tutto normale.
Mi appoggiai per un attimo a lui, ma poi ritrovai il contegno e tornai a frugare nei cassetti per trovare un pigiama che non fosse ridicolo.
Alla fine scelsi di mettere la felpa di Luca che non gli avevo più restituito mesi prima. L'avevo lasciata nell'armadio e non l'avevo più messa perché non volevo lavarla e far sparire il suo odore, ma quella sera avevo bisogno di sentirlo ancora più vicino a me, attorno.
Quando Luca tornò, sette infiniti minuti dopo, mi squadrò e mi sorrise, non maliziosamente bensì sinceramente.
Era la prima volta in due settimane che sorridevo e mi sentivo –più o meno – spensierata... Sembrava che la nostra litigata di prima non fosse mai accaduta.
-Andiamo a letto? – chiesi timidamente e lui annuì.
Come se non avessimo mai dormito insieme prima.
Prima di sdraiarsi sul letto, afferrò gli auricolari che erano rimasti sopra.
-Allora stavi ascoltando la musica. Non è vero che non mi volevi aprire. – sussurrò, guardandomi sorridente.
Mi morsi un labbro e non gli risposi, spingendolo per fargli segno di sdraiarsi.
Appena facevo un movimento, sentivo il delizioso profumo di Luca pervadermi le narici per via della felpa che indossavo, proprio come quando mi sdraiai accanto a lui.
Spensi la luce e la stanza venne illuminata solamente dai lampi che rischiaravano di tanto in tanto il cielo.
Diedi le spalle a lui per dare le spalle anche ai lampi, mettendomi su un fianco, e lasciai che dopo pochi minuti lui si avvicinasse a me.
Appoggiò il mento sulla mia spalla e mi cinse la vita con un braccio.
Aveva i capelli bollenti che mi riscaldavano il collo e parte della guancia, mentre, al contrario, la sua mano era gelida.
Senza esitare, gliela presi e la strinsi nella mia, infilandole entrambe nella tasca della felpa, con la scusa di riscaldarla.
Sospirò.
-Mi dispiace per prima... – mormorò – io non volevo insinuare... insomma non ho proprio pensato che avessi dimenticato il preservativo. Non mi era mai capitato...-
Ci misi un po' a rispondere. Infondo, cosa avrei dovuto dire?
Non fa niente, sei scusato?
Sei un gran idiota a pensare che io possa essere stata con altri?
-Cambia molto farlo con o senza preservativo? – invece mi ritrovai a chiedergli.
Sgranai gli occhi nel buio non appena mi accorsi della domanda che avevo appena fatto.
Lui sussultò, colto alla sprovvista e strinse le dita attorno alle mie nella tasca della felpa.
-Dipende da persona a persona. Per me sì... è stato stupendo, cazzo. – pensai ridacchiasse, invece era serio.
Riflettei. Ma non sapevo su cosa.
Di sicuro non gli avrei più permesso di fare sesso senza preservativo. Mai più.
Luca, dopo un interminabile silenzio, sospirò nuovamente.
-Bea, se sei stressata e continui a pensare che non ti venga il ciclo, non ti verrà. Nemmeno se sei sempre così puntuale. –mormorò, appoggiando le labbra sulla mia mandibola.
-Perché sei venuto fino a qui sotto la pioggia? Potevi almeno prendere un ombrello – sviai il discorso. Sapevo che prima o poi avremmo dovuto parlarne, però.
-Perché stavo malissimo e avevo bisogno di chiarire le cose. – disse serio, poi aggiunse ridacchiando: -No, niente ombrello: fa più effetto film romantico con i capelli bagnati e tutto il resto.- feci per tirargli un calcio ma lui intrappolò la mia gamba tra le sue.
-Non dovevi stare con tuo fratello?
-Mia madre ha capito che era meglio lasciarmi andare altrimenti avrei trascinato sotto la pioggia anche lui. L'ha portato da mio padre.-
Mi piaceva tantissimo quando sussurravamo nonostante fossimo gli unici nella stanza – e nella casa. Mi faceva salire i brividi ogni volta che qualche parola usciva mormorata dalla sua bocca. Rendeva tutto intimo, solo tra noi due. Forse anche troppo...
-Quindi puoi restare a dormire qui?
-Certo che sì. Anche perché ci sono i tuoni e so che non sono i tuoi rumori preferiti.-
Alzai gli occhi al cielo, ma solo perché non volevo ammettere a me stessa che adoravo quando era premuroso nei miei confronti.
Ci fu un altro momento di silenzio, nel quale pensai si fosse addormentato.
Invece, dopo un po' parlò di nuovo: -Penso che dovresti fare il test, Bea. – le sue labbra a contatto con la pelle della mia guancia.
Scossi la testa e lui ne approfittò per accucciarsi meglio nel mio collo.
-Lo so che hai paura. Ne ho anch'io.
-Io di più. Te l'ho già detto, sono io alla fine che subisco le conseguenze. Tu puoi anche stancarti e andartene, ma io no. – chiusi gli occhi quando fece scorrere le nostre mani intrecciate lungo tutto il mio ventre. Mi salì un brivido di terrore: non doveva fare così! Io non ero incinta!
-E io ti ho già detto che non voglio andarmene. Voglio starti vicino qualunque decisione tu prenda...-
Ed ecco qual era il problema: se fossi stata incinta veramente, lo avremmo tenuto o avrei dovuto abortire? Darlo in affidamento non ci pensavo nemmeno, perché sarebbe stato troppo tenere una piccola creatura dentro di me per nove mesi, soffrire per farla nascere e poi non vederla mai più.
-Siamo troppo giovani per essere genitori, Bea. Io non so proprio come si educa un bambino. Non credo che sarei ancora un bravo padre.
-E quindi anch'io sarei una cattiva madre? – mi offesi.
-Non ho detto questo. – bofonchiò, - il fatto è che non possiamo crescere un figlio quando dobbiamo ancora finire di crescere noi.-
Almeno qualcosa di intelligente e saggio l'aveva detto nella sua vita.
Scherzi a parte, aveva ragione.
Io non ero sicura di poter riuscire a prendermi una responsabilità così grande quanto quella di educare un bambino piccolo.
Okay, facevo una scuola che aveva la finalità di farmi imparare, ma vissuto sulla propria pelle, a diciassette anni, era ben diverso che educare per metà dei bambini di due anni all'asilo nido come negli stage.
-L'aborto no, Luca...- dissi con voce disperata.
Sospirò rumorosamente.
-Solo a pensarci mi vengono i brividi. – confessò, stringendomi di più. –E' per questo motivo che dovresti fare il test.
-E se poi è veramente positivo? Per adesso rimango con il dubbio e sto meglio. – sussurrai, tentando di trattenere le lacrime.
Era un argomento a cui ero molto sensibile, non c'era niente da fare.
-E se invece è negativo? -
Non risposi: avrei potuto rispondere la stessa domanda di prima.
"E se invece è positivo?"
-Aspettiamo un po', va bene? – mi tranquillizzò.
Fermai la sua mano che continuava a vagare sulla mia pancia, facendomi quasi venire la nausea per la sensazione di terrore misto a felicità.
-Perché poi, seriamente, come farebbero Luca Mercuri e Beatrice Milani, che non si sopportano dalla prima superiore e non fanno altro che battibeccare dalla mattina alla sera anche mentre fanno sesso a crescere un bambino piccolo? – scherzò, ridacchiando.
Ma io non lo trovai per niente divertente.
-Non è detto che non dobbiamo sopportarci... – pensai ad alta voce.
-E come? Litighiamo anche per le cose più banali come le posizioni sessuali.
-No, beh, questo non è banale, ne abbiamo già parlato. La donna non è sottomessa e quindi non deve sempre stare sotto.
-Non ho niente in contrario, anzi, quando tu stai sopra entro più a fondo. – sgranai gli occhi per la sua disinvoltura nel dirlo.
-Lasciamo perdere. –, divagai, sistemandomi meglio contro di lui – Stavo dicendo che dovremmo trovare il modo di andare d'accordo. Con o senza bambino.
-E' impossibile.-
-Dovremmo provare ad essere amici.
-Ma noi siamo già amici, no?
-Sì, ma litighiamo.
-Ma è impossibile in ogni relazione non litigare. È la base! Dopo aver litigato si scopa, punto. Perciò va bene. – ridacchiò.
Gli diedi una gomitata leggera nelle costole.
-Gli amici non scopano.
-Ma noi non siamo amici e basta, ricordi?-
Annuii, riflettendo. Già, non eravamo amici e basta. Forse qualcosa di più profondo...
Ma no. Per lui io ero solo un passatempo.
E doveva essere così anche per me.
-Sei più tranquilla? – mi lasciò un bacio sulla guancia ed io rabbrividii per la milionesima volta.
-Un po'. Tu? Non sembri averla presa benissimo.
-L'ho presa come ogni ragazzo la prende quando la propria ragazza gli dice di avere un ritardo.-
Ignorai volontariamente il fatto che mi avesse definita indirettamente "la sua ragazza", per non complicare troppo le cose, ma mi ritrovai a chiudere gli occhi non appena lo disse.
-E considerato che io non te l'ho nemmeno detto... –
-Già. E non mi ha fatto tanto piacere scoprirlo così, per caso. Pensa se mia madre non mi avesse chiesto di svuotare il cestino ma lo avesse fatto lei. – rabbrividì.
-Non dobbiamo dirglielo. Sarebbe troppo imbarazzante. – nascosi il viso contro la sua guancia.
Dio, quanto mi piaceva quella posizione: mi avvolgeva come una coperta calda e profumata.
-Bea, se ti crescerà il pancione non ci sarà bisogno di dirglielo – scherzò, per sdrammatizzare, ma a me non fece affatto piacere.
Quando se ne accorse mi strinse di più – per quanto fosse ancora possibile – e sussurrò uno "scusa" appena udibile.
-Sai, potresti solo avere i sintomi che hai perché hai paura di essere incita. Si chiama pseudociesi. Non è detto che tu lo sia veramente, ma credi di esserlo.-
Lo sapevo già.
-E da quando ti intendi di queste cose?
-Ho passato il pomeriggio su internet. – disse.
Probabilmente avevamo cercato negli stessi siti, perché anch'io l'avevo trovata quella cosa, ma avevo capito fosse una malattia psichica.
Ed io non ero malata.
-Hai trovato cose interessanti? – scherzai.
-Più o meno quelle che avrai trovato tu quando ti sei ricordata che non avevamo usato il preservativo.-
Sapeva che per ogni singolo dubbio che avevo chiedevo spiegazioni, ma quando non potevo chiedere a nessuno, andavo a cercare su internet e consultavo tutti i siti che c'erano.
-Adesso dormi, che sarai stanchissima. – allungò il collo per lasciarmi un bacio sulle labbra ed io gli strinsi la mano che nel frattempo da fredda era diventata bollente.
Restammo in silenzio per un altro po' e senza nemmeno accorgermene mi addormentai quasi immediatamente, senza nemmeno rendermi conto che non avevo bisogno della musica o della tv accesa per distrarmi dai rumori del temporale. Mi bastava lui.

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