Capitolo 58

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LUCA
Innamorato. Io innamorato.
E di Beatrice Milani, poi.


Chi l'avrebbe mai detto. Stentavo a crederci pure io.

Eppure lo ero senza dubbio.
Però una cosa era certa: non dovevo.
Non volevo che finissimo come i miei genitori: innamorati all'inizio, sposati, due figli, poi divorziati.
Che poi, Beatrice non era innamorata di me, perciò dovevo a fortiori dovevo reprimere il mio sbagliato sentimento.
Tuttavia, per quanto avessi provato a reprimerlo, mi sembrava, quella mattina appena sveglio di essere cambiato totalmente. Di vedere il mondo con occhi diversi.
Di vedere lei con occhi diversi.
Beatrice non sembrava accorgersene, per fortuna, infatti, era la stessa di sempre: scorbutica e arrabbiata col mondo, come ogni mattina d'altronde –eccetto dopo il sesso mattutino.
Ci vestimmo e facemmo colazione in silenzio, nonostante mia madre avesse tentato di animare la conversazione.
A scuola non ci parlammo e il pomeriggio lei mi informò che sarebbe andata a casa sua e io non ribattei.
Avevo paura, cazzo.
Non ero ricambiato, non ero mai stato innamorato e non volevo rovinare tutto, cosa avrei dovuto fare? Dichiararmi e aspettarmi che lei mi saltasse con le braccia al collo?
No.
Dovevo allontanarmi prima di diventare un fottuto caso disperato.
Doveva andare così fin dall'inizio, non so nemmeno io perché continuassi sempre a cercarla e a riavvicinarla.
Perché fare sesso con lei ti piace un sacco, mi ricordò la mia coscienza.
Sì, ma il sesso non è tutto.
Anche lei ti piace un sacco, mi illuminò ancora la mia coscienza.
Basta. Ci stavo pensando troppo. E pensare era l'ultima cosa che avevo voglia di fare in quel momento.
Salii di corsa le scale ed entrai in camera di mio fratello, che stava disegnando sul tappeto. Pensare ai cartoni e ai giochi per bambini mi faceva sempre distrarre, perciò mi misi a disegnare.

BEATRICE
Luca era strano.
Quella mattina, quando ci eravamo svegliati, si era messo a fissarmi mentre mi cambiavo i vestiti. Ma non guardava il mio corpo mezzo nudo – o perlomeno non solo – bensì il mio viso. Mi guardava con la bocca aperta.
Così mi ero sbrigata a vestirmi per andare allo specchio del bagno, ma in faccia non avevo niente, nemmeno un potenziale brufolo.
Viola, la madre di Luca, ci aveva già preparato la colazione quando scendemmo e tentò di conversare, ma nessuno dei due sembrava averne voglia.
Luca continuava a fissarmi, perso, perciò dedussi che era nel suo mondo, mentre io mi ero svegliata totalmente di cattivo umore: mi ero addormentata tardi e dopo un'intensa nottata. Il mal di pancia era sparito e il fatto che sapevo con certezza di non essere incinta avrebbe dovuto mettermi di buon umore, invece ero molto nervosa.
Mi aveva offeso ciò che aveva detto Luca la notte prima: io ero solamente ansiosa di fare quel cavolo di test e togliermi quel cavolo di dubbio una volta per tutte. E non mi sembrava che lui fosse da meno, perciò non capivo proprio di cosa si fosse lamentato.
Tuttavia, non era solo il commento di Luca ad avermi reso di cattivo umore: avevo sognato di essere in un convento di clausura in stile Monaca di Monza – ma senza amante.
Avevo realizzato che nel mio inconscio c'era questo pensiero persistente: niente più sesso.
Almeno per un po' di tempo.
Certo, difficile quando sei la scopamica di qualcuno.
Però dovevo farlo e dovevo iniziare fin da subito: avrei smesso di andare a casa di Luca.

Okay, forse non ero stata molto fedele a me stessa, perché due giorni dopo acconsentii quando mi invitò – fissandomi.
Mi sedetti sul letto non appena arrivammo in camera e tirai fuori i libri.
Non avevo saputo dire di no quando mi aveva detto che sua madre aveva fatto di nuovo quei favolosi biscotti, ma avevo chiarito che avremmo studiato tutto il pomeriggio per il compito di filosofia del giorno dopo.
Luca, però, non sembrava del tutto d'accordo: per il primi dieci minuti stesse buono seduto accanto a me con gli occhi sul libro, poi abbandonò il libro sul letto e iniziò a baciarmi il collo.
Lo lasciai fare perché infondo mi piaceva un sacco, ma quando la sua mano si mosse sul mio ventre e si infilò nel pantaloncini, lo fermai.
Allora lui tolse la mano, ma non smise di baciarmi il collo e la sua mano proseguì poi verso l'alto, sotto la maglietta.
Gliela tolsi anche quella volta.
-Dobbiamo studiare. – mi giustificai e lui sbuffò ma non cedette: ritentò e ridiscese, accarezzandomi una coscia.
A quel punto, lo allontanai bruscamente e lui si ristese accanto a me.
Imprecò, passandosi le mani sulla faccia ed io mi sentii profondamente in colpa, mentre continuavo a fingere di studiare.
Rimase in silenzio, ma poi sbottò: -Mi spieghi qual è il problema?
-Dobbiamo studiare, è questo il problema. – ripetei, non guardandolo nemmeno.
-No, non è vero.
-Sei arrabbiato perché non voglio fare sesso?
-No, sono arrabbiato perché sei cambiata.-
Mi girai verso di lui. –Io sono sempre la stessa, se non ti piaccio così, amen.-
Si tirò su a sedere e mi fissò con esasperazione.
-Invece sei cambiata Bea, e posso capirlo dopo quello che è successo, però non puoi fare così anche con me.
-Non sto facendo niente. -
Emise un ruggito di rabbia e batté un pugno contro il materasso. Sussultai e gli occhi mi si riempirono di lacrime: aveva ragione lui, lo stavo allontanando, ma comunque lui nei giorni passati non aveva fatto niente per impedirmelo.
-Senti, se hai voglia di fare sesso, vai a cercare qualcun'altra. – replicai, sempre con la solita frase che dicevo quando non sapevo che altro dire.
Luca sbuffò. –Tu non capisci proprio un cazzo! E io che... – si bloccò.
-E tu cosa? – mi alterai anch'io. Non era vero che non capivo niente!
-Niente. – sospirò, poi si alzò dal letto.
-Credo sia meglio che tu te ne vada. – disse, dandomi le spalle.
Mi immobilizzai. Davvero?
Annuii e mi alzai, cercando di mettere a fuoco le cose siccome a causa delle lacrime vedevo tutto sfocato.
Chiusi il mio libro di filosofia e lo infilai nello zaino, poi lo misi su una spalla.
Mi girai verso di lui: già che c'ero, dovevo mettere le cose in chiaro, allora.
-Io penso che... dovremmo finire tutto qui. Sul serio, stavolta.– mormorai.
Vidi le spalle di Luca irrigidirsi completamente. Almeno un po' gli importava...
-Ma sì, –  rispose dopo infiniti attimi di silenzio – finiamola qui. Penso sia meglio per tutti. Non avremmo mai dovuto iniziare.-
Questo però mi sembrava un po' esagerato. E mi fece male.
Nonostante tutti i litigi, mi sembrava che ci fossimo divertiti e avessimo passato molto tempo insieme. Se fossi tornata indietro avrei accettato comunque di fare sesso con lui...
Ma a quanto pareva lui non la pensava così.
-Esatto. – sussurrai e cercai di tenere a bada i singhiozzi. Almeno era girato di spalle e non poteva vedermi con gli occhi tutti rossi e la faccia contratta.
-Bene. – replicò.
-Ci vediamo domani a scuola, allora. – lo salutai e scesi le scale.
Prima che chiudessi la porta di casa sua, sentii diversi rumori provenire dal piano di sopra e potei immaginarlo prendere a calci il mobile e poi la sedia della scrivania. Sentii anche qualcosa di vetro infrangersi, ma chiusi la porta prima di pensare a cosa potesse essere.
Se io non volevo fare sesso, che senso aveva continuare? Non avremmo mai potuto essere qualcosa di più né qualcosa di meno: fidanzati? No. Amici? No.
Infondo era meglio così, no?
No.
Cazzo, stavo male.
Appena varcato il cancelletto del giardino, scoppiai a piangere, ignorando i vecchietti sulle panchine che mi fissavano. Volevo solo tornare a casa, stendermi sul letto e accarezzare Lilium.
Ma nemmeno Lilium c'era.
Chiamai Giulia, ma non mi rispose. Probabilmente era con Andrea.
A Martina non potevo dirlo, a Gabriel figuriamoci. L'unico con cui parlavo era Luca, ma non potevo parlare di Luca con Luca.
Perciò feci quello che avevo sempre fatto: girai per casa con una camomilla in mano e mi lamentai con me stessa.

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