Capitolo 36

213K 7.1K 351
                                    

                 LUCA
Non seppi perché, ma quando lo disse, sentii come se il mio stomaco si fosse attorcigliato assieme agli altri organi,  fino a formarne uno solo.
-Possiamo ritentare?-
-Non ti stiamo insieme, Luca, non ti sto lasciando, quindi evita queste frasi da fidanzato disperato. – ripose sbuffando.
-Secondo mia nonna però siamo fidanzati ufficialmente. – tentai di sdrammatizzare.
-Non ancora. Non me l'hai ancora chiesto. – mi mostrò la mano sinistra priva di anelli e giurai di averla vista reprimere un sorriso.
Forse avrei ancora potuto vederla nuda.
-Sono troppo timido. – abbassai la testa e a lei scappò una risatina; si coprì la bocca con una mano, per non darlo a vedere.
-Tu sei tutto tranne che timido.
-Non dire così... un po' timido lo sono...
-Solo quando non importa.-
Mi avvicinai un po'. –Posso venire a casa con te? – le feci gli occhi da cerbiatto.
Lei restò immobile, senza dire né fare niente. Sembrava... spenta?
Poi rispose:-Cosa ottengo in cambio? -
Sorrisi con una punta di malizia: -Un orgasmo?-
Lei strabuzzò gli occhi e si guardò intorno per vedere se ci fosse qualcuno. Cosa si aspettava allora, quando mi aveva fatto la domanda?
Si incamminò senza rispondere e io capii a mio modo la risposta: dovevo seguirla.
Per fortuna che quasi nessuno dei nostri compagni percorreva quella strada per andare a casa. Tranne qualche primino, ma loro non avrebbero parlato, se anche ci avessero visti.

Dopo aver mangiato un fantastico risotto con i funghi, fatto dalla madre di Beatrice, mi fece vedere casa sua. In particolare, camera sua.
Era azzurra, mentre io me la ricordavo rosa, l'ultima -e unica - volta che ci ero stato. Non c'erano Barbie, ma solo orsacchiotti e una parete era caratterizzata da molti disegni suoi di quando era bambina e da piccole foto incorniciate. C'era lei vestita da majorette e poi da bruco per carnevale, lei con un vestitino con le paillettes mentre faceva dei passi di danza, lei al mare in costume quando aveva nove anni – aveva già un accenno di tette, bene... -, lei e sua madre davanti alla torre Eiffel e una foto di lei e i suoi genitori con degli strambi cappelli di Natale.
-Eri una bambina molto impegnata. – commentai, mentre lei era seduta alla scrivania e stava mettendo in ordine qualcosa che era già ordinato. Probabilmente era in imbarazzo.
-Mi piaceva farmi fare le foto. Ma non ero vanitosa, solamente cercavo di non cancellare i ricordi.
-Tua madre è via?
-Non in un altro Paese. È andata a trovare mia nonna e torna stasera.-
Quindi avevamo molto tempo ancora.
-Tuo padre? – ha sempre parlato di sua madre, ma suo padre non era mai a casa?
-Mio padre, cosa?
-Non torna? Che lavoro fa?
-Mio padre è morto, Luca. – a sentire il suo sospiro con quella voce flebile, restai di sasso. Non me l'aspettavo.
Pensavo che fosse, che ne so, un pilota di aerei e che i suoi genitori si fossero conosciuti così, o fosse un dottore e come mia madre doveva fare il turni e spesso non era a casa, ma non mi aspettavo che fosse morto.
Restai in silenzio e, da come lei si ostinava a spostare e a rimettere al posto di prima i libri e gli oggetti sulla scrivania, capii che era a disagio. Che stava cercando di fare qualcos'altro per tenere la mente occupata.
Non le dissi neanche "mi dispiace", perché sarebbero state parole, seppur sincere, scontate.
Mi avvicinai a Beatrice e le misi una mano sulla schiena.
-Guarda che non c'è bisogno. L'ho superata. – rispose secca.
Secondo me no, avrei voluto dirle, ma avremmo soltanto finito per discutere. Di nuovo.
-Non ci resta molto tempo prima che arrivi tua madre e io ti devo un orgasmo.-
Lei accennò un sorriso e si alzò in piedi, mettendomi le braccia al collo.
-Un orgasmo come si deve. -
-Perché, ti sei mai lamentata?-
Beatrice non rispose e io aprii la bocca, offeso, anche se sapevo che stava scherzando.
-Adesso vediamo se ti lamenterai! – la buttai sul letto e lei rise.
Mi misi a cavalcioni su di lei e le tolsi la maglietta, per poi farle il solletico. Non era questo il metodo che usavo di consueto per eccitarmi e prepararmi a fare sesso con le ragazze, ma con lei non c'era alcun bisogno, dato che mi eccitavo anche solo a guardarla sdraiata sul letto, vestita.
Lei rise quando le solleticai i fianchi e si fece seria quando cominciai a baciarla.
Le tolsi i pantaloni della tuta che si era messa appena arrivati a casa – e con il quale la trovavo ancora più sexy che con i leggins – e poi il reggiseno.
Mi tolse la maglietta e gemette quando io le mordicchiai la pelle sensibile del seno. E che pelle. E che seno.
Ritornai a baciarla sulle labbra e lei mi avvolse le braccia al collo, come avevo notato le piaceva fare ogni volta che i baci si facevano più passionali.
Feci scorrere una mano lungo il suo fianco e poi lungo il ventre fresco, per arrivare alla zona sensibile in mezzo alle gambe.
Ma lei mi afferrò la mano lentamente, rimettendola sul seno, pensando che non me ne sarei accordo.
Ci riprovai con l'altra mano, ma lei fremette e tolse anche quella. Il tutto continuando a baciarmi.
Perciò mi staccai dal bacio e la guardai, ansimante.
-Che c'è? – mi chiese.
-Che problema hai?
-In che senso? – corrugò la fronte.
-Perché non posso mettere le mani laggiù? – indicai in basso.
Beatrice strinse le labbra ma non rispose.
-Pensavo l'avessimo superato da un pezzo...-
Ci ero rimasto un po' male. Ora che ci pensavo non avevamo mai fatto i preliminari, per quanto fosse strano, ma eravamo passati direttamente al sesso.
-Ho paura...- rispose in un sussurro.
Inarcai un sopracciglio. –Ma di cosa?
-Non mettermi in imbarazzo...-
Involontariamente, scoppiai a ridere. Non capivo il suo problema.
Crollai su di lei e appoggiai la fronte sulla sua spalla, continuando a ridere.
Smisi immediatamente, però, quando mi resi conto che lei mi fissava, imperturbabile, per niente divertita.
-Stai ridendo? – chiese, calma. Non mi piaceva quando era calma, perché significava che non lo era affatto e mi faceva ancora più paura.
-Scusa... – mi avvicinai alla sua guancia, per quella pochissima distanza che ci separava, e feci per lasciarle un bacio, ma lei scosto la testa.
-Ti ho chiesto scusa... – risposi, con un espressione da cucciolo. Questa volta non premeditata.
-Una delle regole della lista è il rispetto dei limiti reciproci. Te lo sei scordato?
-Mi dispiace, solo che non capisco. Come puoi avere paura, dal momento che non sei più vergine? -
Mi guardò senza rispondere, perciò continuai: -insomma, un mio dito o due, fa molto meno male del mio cazzo.-
Beatrice sbarrò gli occhi. Uh, non dovevo usare queste espressioni, con lei: era troppo pudica.
-D'accordo, scusa. Volevo dire che non devi aver paura che faccia male, perché sono sicuro al novanta per cento che non farà male.-
Ma lei continuò a guardarmi scettica. Solo lei poteva aver paura dei preliminari e non aver quasi esitato neanche un attimo la sua prima volta. Che ragazza strana.
-Non voglio... – sussurrò, imbarazzata.
Sospirai e le diedi un bacio sulla fronte.
-Va bene. Facciamo il tradizionale buon sesso. Tanto l'orgasmo te lo do lo stesso. – le sorrisi dolcemente e, ahimè, non dovetti nemmeno sforzarmi tanto per farlo.
   Perciò ricominciai a baciarla con urgenza, mentre tiravo fuori dalla tasca dei pantaloni un preservativo che avevo preso dallo zaino mentre lei scaldava il risotto, perché sapevo che sarebbe servito e tolsi anche quelli.
E, ovviamente, le regalai un orgasmo degno di nota.
    Mentre eravamo sul suo letto singolo, lei sotto alle coperte ed io sopra, lei si girò verso di me, dopo attimi di silenzio stranamente non imbarazzante e mi sorrise. Pensai che volesse fare un altro round, invece disse: -Lo sai che quando arriva mia madre tu non ci devi essere, vero?
-Pensavo di rimanere a cena, invece. – scherzai.
-Io non credo che la prenderebbe bene...
-Di solito non sono i padri a proteggere le figlie dai ragazzi? – mi accorsi dopo che avevo tirato in ballo suo padre, ma lei non sembrò nemmeno farci caso.
-Non se hai una madre pudica tendente al convento.-
Ridacchiai. –Sul serio?
Lei annuì. –A volte mi chiedo come abbia fatto ad avere me. E sono spesso arrivata alla conclusione che la sua prima ed unica volta è stata quando mi ha concepito.
-Non tutti hanno la fortuna di avere una madre aperta come la mia. – alzai le sopracciglia.
-Oddio, non oso immaginare se scopre che ho portato un ragazzo a casa, nel mio letto... – schiacciò la fronte contro il mio braccio ed io resistetti alla tentazione di spalancarlo e farla accoccolare nell'incavo. In teoria non saremmo neppure dovuti essere in un letto un'ora dopo aver scopato; sarei già dovuto andare via, secondo le regole.
-La prossima volta, se vuoi, puoi portarmi nel suo, di letto. – scherzai e lei rise, avvicinandosi ancora un po': nonostante il letto fosse singolo, eravamo messi in posizione in modo da non toccarci, anche perché le coperte ci dividevano, ma ora Beatrice si stava quasi schiacciando contro il mio fianco e la cosa non mi dispiaceva.
-Ma ti pare? Lei tutte le volte che deve partire, lo rifà come se dovesse venire a farci visita il presidente degli Stati Uniti.
-Mi ha sempre un po' spaventato tua madre, quando la vedevo alle riunioni o ai colloqui.
-In apparenza è dispotica, e forse lo è anche un po' nella realtà, ma quando è a casa è anche simpatica e alcune volte prova di fare delle battute divertenti. Io rido, ma non le riescono bene e sono pessime.-
Risi, e riflettei su quanto fosse magnanima Beatrice, che per non far sentire sua madre a disagio si sforzava di ridere alle sue battute.
Si fasciò ancora di più il seno con la coperta ed io non protestai, perché ormai sapevo che era una battaglia persa: forse tra tre anni avrebbe iniziato a stare sul letto dopo aver fatto sesso con me nuda, senza bisogno di coprirsi.
-Allora, penso che dovremmo parlare... – cominciai, ma lei mi interruppe.
-Se è quello che penso, allora possiamo anche stare in silenzio.
Mi infilai sotto le coperte e l'abbracciai. Forse così si sarebbe sentita più tranquilla. Invece, il contatto tra il mio corpo freddo e il suo caldo, non servì che ad agitarci di più.
Ma mi sforzai comunque di mantenere il controllo, perché dovevamo chiarire quella cosa.
-Luca, non voglio, punto.
-Per sempre?
-Per sempre.
-Ma cosa ti spaventa?
-Non lo so, mi fa senso e poi farà senso anche a te... la considerò una zona molto delicata... – sussurrò sul mio collo. Non voleva proprio guardarmi in faccia.
-Anche io, se è per questo... e poi a me non fa senso, anzi, non vedo l'ora.-
Ero sicuro che fosse arrossita, anche se non potevo vederla.
-Dai!
-Forse dovevamo farlo prima. È stata colpa mia: siamo passati subito al sesso, senza prima "conoscerci" e ora non ti fidi di me...
-Ma non è questo. Non è colpa tua, solamente che non me la sento di farti infilare le dita o la lingua lì sotto...
-Ma ci ho già infilato il... – mi guardò male e mi corressi. – qualcos'altro, perciò non capisco. Ti faccio male?
-Ma no! Te l'ho già detto un miliardo di volte, Luca, non mi fai male. –alzò di poco la voce, rispetto ai nostri sussurri. – non c'è nessun problema. Cioè, c'è, ma non riguarda te.
-Sì che riguarda me, invece.
-Ti ho già ricordato della lista.
-Quando ho acconsentito a scrivere quel punto, pensavo che ti riferissi a catene, fruste o sesso anale, non ai preliminari del sesso!
Beatrice si staccò dal mio collo per guardarmi in faccia con gli occhi sbarrati. –Oddio! Ma la smetti di parlare così?! Sesso anale? Scordatelo già da subito! – si alzò a sedere, scandalizzata.
-Me l'aspettavo. – risi. – Neanche un pompino?
-Che schifo! – balzò in piedi, disgustata e si infilò la maglia del pigiama senza neanche mettersi il reggiseno. Wow, sexy. Peccato che sarebbe arrivata sua madre.
-Sorvoliamo su questo: spero che cambierai idea in futuro. – mi rivestii in fretta e la seguii di sotto.
-Non ci penso neanche. È vietato tutto ciò che riguarda l'uso di mani e bocca. – rispose, categorica.
Spalancai la bocca. –Non c'è scritto nella lista.
Presi lo zaino e mi avviai alla porta. Fece per seguirmi, ma le feci segno di rimanere dov'era per due motivi: il primo era che l'avrei baciata se l'avessi avuta vicina e il secondo era che indossava solo una maglia lunga e non l'avevo nemmeno vista infilarsi le mutandine – oh, facciamo passi avanti verso la diminuzione del senso pudico eccessivo – e avrebbe potuto vederla qualunque nonnetto arrapato che passava di lì, non sapendo come trascorrere la giornata.
-Beh, lo aggiungerò.
-Ma per farlo devi venire a casa mia. – ammiccai.
Lei sorrise. –Vorrà dire che ci verrò.

****
Doppio aggiornamento per farmi perdonare dei due capitoli precedenti alquanto corti.
Al prossimo!

Pubblicità: Cambio casa, cambio vita di EugyFiananese

Sex or love?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora