CAPITOLO 25 - Follia

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Quel giorno nessuno di noi riuscì a chiudere occhio. Come avremmo potuto? Anni di duro lavoro andati in fumo, tutta la dedizione che avevamo messo per costruire un edificio perfetto, proprio come ripeteva continuamente il Signor Cruz. E ora era tutto perso. E tutto per colpa mia. Se solo avessi ascoltato Giuly e mantenuto la calma, magari le cose sarebbero andate diversamente. Ma ciò che è fatto è fatto, e purtroppo non si può tornare indietro.
Io e Giuly non potevamo più restare lì, la polizia ci avrebbe scoperti in un attimo e sarebbe stata la fine. Dovevamo tornare da Leo e Nat, che per fortuna avevano deciso di rimanere a casa loro. A ripensarci, fu una scelta molto saggia.
Eravamo tutti immersi nella disperazione. Olson aveva ormai perso ogni speranza nella squadra, mentre il Signor Cruz sembrava sul punto di piangere per il fallimento del suo progetto. Il Signor Crawford e gli altri, accorsi sul posto, frugavano disperati tra le macerie, cercando i pochi agenti che ancora mancavano all'appello, con la flebile speranza che qualcuno fosse sopravvissuto. Ricordo benissimo quella sensazione, maledizione se la ricordo. Mi ha accompagnato per molti anni della mia vita, ed è la stessa sensazione che provai quando finì quella famosa guerra di cui non vi ho ancora parlato. Ma, adesso, direi che è giunto il momento di farlo.

Il Signor Crawford mi raccontò tutto, ogni singolo dettaglio. Mi parlò di quando si arruolò nell'esercito, della loro missione e di tutto ciò che accadde. Ci eravamo fermati a quel fatidico giorno, il giorno del disastro: la distruzione della città, un bombardamento totale. Ma quello fu solo l'inizio. Quando il mio potere divenne un'informazione di dominio pubblico, rimanevano poche opzioni. Il governo precedente impose l'obbligo militare: tutti i ragazzi e uomini dai 18 ai 60 anni dovevano arruolarsi, indipendentemente dal loro lavoro o dalla loro vita. Non fecero eccezioni per nessuno. Anche il Signor Crawford fu costretto ad arruolarsi, come per tutti gli altri, e non nascose quanto fosse preoccupato... non tanto per l'uso delle armi o per il pericolo di ferirsi, ma perché sapeva che era una guerra persa fin dall'inizio. Dovevano combattere contro qualcosa di sconosciuto, mai visto prima, senza sapere nemmeno da dove cominciare.
Ogni giorno arrivavano nuove reclute da tutto il mondo: quella guerra era divenuta un conflitto globale. Il primo giorno d'addestramento, in ognuno dei centinaia di campi militari, si presentarono in media più di 450 persone. Erano divise in squadre: A, B, C, fino alla F. Ogni squadra era composta da 75 uomini, tutti in riga. Nella squadra del Signor Crawford, il comandante era un certo Towry, un uomo pelato, di bassa statura e magro, ma incredibilmente scorbutico. Towry squadrò subito il Signor Crawford e gli disse che avrebbe tenuto d'occhio ogni sua mossa.
L'addestramento che era stato progettato per loro consisteva in un tracciato immenso, lungo circa 2 chilometri, pieno di ostacoli, esercizi, sbarre, pneumatici e muri da scalare. Nonostante fosse un periodo di guerra, tutto era organizzato alla perfezione: un cronometro fisso scandiva i tempi. Classifiche, premi e punizioni venivano aggiornati su una tabella appesa in ogni dormitorio. I pasti erano migliori di quanto si aspettassero, anche se le porzioni erano minuscole. C'era sempre qualcuno che si sentiva male per la fame o si lamentava. Le chiamavano Razioni pX, dal nome del progetto su cui stavano lavorando i nemici. Erano ideate per fornire quasi tutte le vitamine necessarie, mescolando sapori diversi.
Il vero problema, però, erano le persone. Il Signor Crawford la definiva tutta gentaglia: ladri, pregiudicati, persone senza onore. Lo trattavano male, ridevano di lui, gli facevano dispetti, ma lui li ignorava, cercando di dimostrare il proprio valore. Si distinse subito tra i migliori: maneggiava le armi come fossero matite, e per questo veniva considerato un pezzo grosso. Tuttavia, man mano che la sua abilità divenne evidente, l'invidia crebbe negli altri, che si organizzarono per ostacolarlo. Mi raccontò di quando gli rubarono il pranzo o di quando gli sostituirono le armi con caricatori difettosi.
Col passare del tempo, Crawford si abituò a quel nuovo ambiente, finché un giorno venne scelto per una missione. Lui la definiva una "Pura follia".
Venne convocato nell'ufficio del Generale. Ricorda ancora perfettamente la tensione che provava mentre si avvicinava alla porta. Bussò due volte, poggiò la mano sulla maniglia, la strinse con forza e aprì. Il Generale si voltò subito, posò la penna sul tavolo e lo fissò. Il Signor Crawford me lo descrisse come un uomo alquanto particolare, con un'aria vagamente francese, sempre elegante e con baffetti curati. Subito capii di chi si trattasse: era il nostro Caposquadra.
Non avrei mai immaginato che fosse lui, che si fosse fatto strada così tanto in quegli anni. Crawford, facendo il classico saluto militare, venne invitato a sedersi di fronte a lui, che gli offrì anche un caffè, come se fossero semplici vicini di casa. I due chiacchierarono a lungo, parlando del più e del meno. Il Caposquadra gli fece domande assurde, arrivando persino a parlare del suo vecchio cane da caccia. Cosa diavolo importava a Crawford del suo cane da caccia? Solo alla fine della conversazione arrivò al punto. Fece un cenno a un uomo presente nella stanza, invitandolo a uscire.
Il Caposquadra spiegò che avevano scoperto la base della donna a capo di quella fazione di fanatici, quelli che credevano che il potere derivasse da qualcosa di divino. Disse che quella donna aveva ricevuto il potere e si faceva passare per una divinità agli occhi della gente. Un piano geniale, ma con un grosso difetto: nessuno avrebbe mai seguito gli ordini di una come lei. Aveva bisogno di dimostrare la sua forza, ed è per questo che distrusse la città. Non c'erano doppi fini: l'ha distrutta per farsi obbedire, per imporre la sua superiorità su tutto il mondo. Non credo che possa esistere una persona più diabolica di lei. La gente, però, è spesso cieca davanti all'ignoto, o semplicemente incapace di accettare ciò che non conosce. Videro questa minaccia come un attacco terroristico. Fu allora che la legge marziale riprese piede, e che l'arruolamento forzato iniziò. Nessuno credeva alle sue parole. Per tutti, era solo una menzogna, un tentativo di colpo di stato.
Il Signor Crawford rifiutò subito l'incarico militare che gli venne assegnato, spiegando quanto fosse assurdo tutto ciò (c'era davvero bisogno di spiegarlo?). Il Caposquadra rimase impassibile. Si congedarono, e da quel giorno non lo vide più. «Forse lo aveva capito anche lui», pensò. Possibile che non si fosse mai chiesto se tutto ciò fosse davvero realizzabile?
Crawford tornò ad allenarsi come se nulla fosse, ma nei giorni successivi sentì che c'era qualcosa di strano nell'aria. Troppa calma. Informandosi, scoprì che il Generale aveva mandato un'intera squadra a compiere quella missione, ignorando tutto ciò di cui avevano discusso quel giorno. Li aveva mandati a morire. Il Caposquadra era davvero un mostro senza cuore, quasi come la Suprema. A volte penso a quanto siano simili in questo, nonostante siano nemici giurati.
Dopo numerose ricognizioni, battaglie perse e disastri, mesi dopo si diffuse la notizia di ciò che il Caposquadra aveva fatto. Questo scatenò una ribellione violenta. I soldati si ribellarono ai loro superiori in una sanguinosa battaglia. E così tutto - scusate il termine - andò a puttane.

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