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«Ho bisogno di un abbraccio..»
Non mi ero preparata a quelle parole e per un momento arretrai.
Mi sarei aspettata di tutto, un "No, per favore esci dalla stanza." come aveva detto la volta scorsa, anche un semplice "No.", ma non così tanta sincerità da parte sua in quel momento.
Aveva gli occhi lucidi, le lacrime erano pronte sull'uscio.
A vederlo così mi avvicinai e gli gettai le braccia al collo, lui invece, mi tiro a sé avvolgendomi la vita e lo sentii prendere un grande respiro.
Era un abbraccio pulito, innocente, per lui ero aria fresca e incontaminata.
La mia mano gli accarezza la schiena con fare quasi materno, lui non voleva parlare, voleva solo un abbraccio, voleva sicurezza anche effimera, anche per un attimo, ma la voleva, ne aveva bisogno.

In quel momento capì che lui non era quel ragazzo scontroso e scorbutico che avevo incontrato in quei giorni, era solo sensibile, ed io ero partita prevenuta nei suoi confronti.

Dopo quelli che sembrarono anni, ma che in realtà furono venti secondi lui si staccò da me, con la mano destra gli allontanati i capelli che gli cadevano sugli occhi, sorrisi e dissi:
«Va meglio?»
«Si, grazie..» disse lui timidamente.
«Non devi ringraziarmi, anzi, io dovrei chiederti scusa, ti avevo giudicato male»
«Tranquilla, non ti biasimo, mi sono comportato un po' da stronzo» e si mise a ridere.
«Giusto un po'..» e risi anche io.

La mattina dopo mi sveglio di soprassalto.
Non avevo puntato la sveglia.
Controllo l'ora, erano le 8:30.
Perché i ragazzi non mi avevano svegliato?
Di corsa mi metto le prime cose che trovo, tuta grigia e un body bianco.
Scendo le scale e vado in sala da pranzo, ovviamente stanno tutti mangiando.
«Buongiorno..» dico sbadigliando e con ancora la stampa del cuscino su metà faccia.
«Alla buon'ora..» rispondono Lorenzo e Ciro ridendo.
«Perché non mi avete svegliata?»
«È colpa mia.. Dormivi così tranquilla che non volevo disturbarti..» Questa volta era Matteo, un po' insicuro delle sue parole.
«Oh.. Tranquillo, non fa nulla» aggiunsi un sorriso.
Non riuscivo ad essere arrabbiata con lui, era sempre gentile con me e con tutti.
La sua fidanzata era così fortunata ad avere una persona come lui al suo fianco.

Mi avvicino all'immenso tavolo con la colazione, prendo il solito cappuccino, vado per sedermi accanto a mio padre, ma non mi accorgo di una piega presente nel tappeto e inciampo.
Non cado, ma il cappuccino dalla tazza si riversa sulla mia maglietta bianca.
Fantastico.

Tutti si girano verso di me e si mettono a ridere.
Insigne e Immobile quasi urlavano, Nicolò pure, mentre Matteo e Federico cercavano di rimanere seri ma con pessimi risultati.
«Tutta sua madre!» Dice mio padre alzando gli occhi al cielo, pure lui non riesce a trattenere le risate.
«Lo prendo come un complimento» feci un finto sorriso per poi tornare seria due secondi dopo.

Poso la tazza sul tavolo e risalgo le scale per tornare in camera e cambiarmi.
Mi siedo sul letto e butto un respiro, poi mi tiro un po' il body per guardarlo meglio: una grossa macchia marrone macchia il bianco del tessuto.
Inspiro di nuovo e alzo gli occhi al cielo, mi alzo dal letto e apro l'armadio.
Nella prima metà c'erano i vestiti di Pessina: le camicie, le giacche e pantaloni, poi le divise per gli allenamenti e alla fine magliette casual, amavo tanto il suo stile, semplice ma d'effetto.
Mentre, nella seconda metà i miei, erano più che altro vestiti, jeans, e magliette qui e lì.

Decisi di andare sul total black, leggins neri e maglietta nera rubata sempre a Kalvin.
In quei tre giorni a Londra ho fatto rifornimento delle sue cose, lui adorava vedermi con i suoi vestiti addosso e io amavo metterli, per poi sentire il suo profumo sulla mia pelle.
Feci una coda alta e tornai a fare colazione.

I ragazzi erano già andati ad allenarsi, di solito iniziavano alle nove e mezza per poi staccare alle dodici. La tavolata era vuota, ma c'era una vassoio con un altro cappuccino con sopra la cannella e un toast burro e marmellata.

"BUONA COLAZIONE PASTICCIONA!"

Sorrisi a quel bigliettino, scossi la testa, doveva essere opera di Ciro e Lorenzo, di chi altro sennò?

Occupo il posto di mio padre, a capo tavola, tutte le altre sedie erano vuote come la stanza, silenzio assoluto.
Addento il toast croccante, sempre buonissimo e dopo bevo il cappuccino.
Non ero una di quelle persone che magiava una cosa diversa ogni mattina, sì, amavo sperimentare ma preferivo una colazione semplice senza troppe cose, anche perché non avevo quasi mai fame appena sveglia.

Appena finisco poso il vassoio sul tavolo accanto, dove prima c'erano le cose da mangiare e poi conservo il bigliettino dentro la cover del telefono.

La squadra si stava riposando, chi era seduto lungo la panchina, chi era piegato in avanti per prendere fiato.
Mi avvicino a Ciro e Lorenzo che erano in piedi a parlare tra di loro, li abbraccio da dietro mettendo le braccia attorno ai loro colli e la testa in mezzo alle loro.
«Grazie mille ragazzi! Siete stati troppo carinii»
«Lorenzo, hai fatto qualcosa..?»
«No, niente..»
In che senso?
Insigne e Immobile si guardano straniti, non stavano capendo a cosa mi stessi riferendo.
Se non erano stati loro, allora chi?
Sento una risata dietro di me, mi giro, Federico.
Perché stava ridendo?
Per la figura che ho fatto forse, oppure stava ancora ripensando a quando mi sono buttata il cappuccino addosso.
Non capivo..
Fece quella risata e poi nulla, le sue labbra erano ancora all'insù quando Matteo disse «Ecco chi è stato..» anche lui fece un mezzo sorriso.
Era stato lui, Federico..?
Stava ridendo per questo..?
Era stato così premuroso da mettere da parte la colazione per me, in più sapeva che prendevo sempre il cappuccino con toast, burro e marmellata.

Questo mi fece capire che era un buon osservatore, anche se non avesse passato i suoi giorni migliori, si accorgeva di tutto, del più piccolo e semplice dettaglio.
Nonostante ogni mattina sul tavolo della colazione ci fossero tantissime confetture, all'albicocca, ai fichi, alle fragole, lui aveva preso quella ai frutti rossi.
Si era accorto che prendevo sempre due fette di pane e non una, si era accorto che sopra il cappuccino mettevo una spolverata di cannella, giusto per dare un gusto più deciso, l'unica cosa di cui speravo non si fosse accorto era la pasta.
Ero sicura di avere un disturbo ossessivo compulsivo perché mangiavo la pasta corta a due a due, per vedere se alla fine del piatto fosse pari o dispari, era più forte di me, non riuscivo a mangiarla a forchettate casuali.

«Mia dovresti abbracciare Federico, non Ciro e Lorenzo» disse Nicolò con un ghigno in faccia.
Dopo queste parole mi accorsi che le mie braccia erano ancora attorno le spalle di Insigne e Immobile, le tolsi e guardai Federico che però aveva gli occhi bassi, era in imbarazzo, perché d'altronde Nicolò fa questo, gode nel vedere le persone in difficoltà, soprattutto se si tratta dei suoi amici.

Guardai Barella, scossi la testa e sorrisi, mi avvicinai a Federico con una camminata leggera, non sapevo cosa fare, ma poi gli diedi un veloce bacio sulla guancia.
«Grazie» dissi a bassa voce, con un sorriso alla fine.
«Di nulla» Rispose lui, ricambiano il sorriso.









109 || Federico Chiesa ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora