24

1.1K 44 4
                                    

Arriviamo all'aereo, Leonardo non era con noi, eravamo tutti dispiaciuti, ma non mollavamo, si sarebbe rimesso, anche se non prestissimo.

Neanche il tempo di sederci che «OLÈ, OLÈ, OLÈ, OLÈ, SPINAAAA SPINAAA»
I ragazzi cantavano un coro per lui, tutti ancora nel corridoio, le mani sbattevano sui vetri, lasciando le sagome, chi sui sedili, chi saltellava, chi si abbracciava, chi sbatteva forte gli sportelli, quell'aereo era diventato il caos, ed io mi aggiungo a loro, loro erano il caos.
E Spinazzola se lo meritava il caos, sempre presente, sempre pronto a giocare, sempre pronto ad aiutare gli altri. Era stato straziante vederlo in quel modo, col le lacrime agli occhi, lui che era sempre allegro e positivo.
Era un Calciatore, con la C maiuscola.

Tra tutto quel disordine, però, l'occhio mi cade su di lui, non serve neanche più dirlo il suo nome.
Abbracciava Bernardeschi, era felice, erano felici, gli occhi chiusi, con le pieghe del sorriso, dalla loro bocca usciva una voce stonata che si mischiava con altre 26.

***

Atterriamo a Coverciano e subito andiamo in hotel, la brace era già calda e il tavolo fuori già apparecchiato, ormai i camerieri ci conoscevano bene.

Bonucci con la sua chitarra e il vino versato sulla tovaglia.

Andiamo a dormire quando già si intravede il sole. Eravamo tutti esausti, chiudo gli occhi ancora prima di toccare il materasso del letto.

Erano circa le tre del pomeriggio quando mi sveglio mentre gli altri ancora dormivano.
Invece di uscire in giardino, rimango sdragliata, coperta dalle lenzuola, nonostante facesse caldo.
Mi giro a pancia in su, rivolta verso il soffitto.

Da tre giorni io e Federico non ci parlavamo, era come se io non esistessi per lui, e lui non esistesse per me.
Indifferenza. Ma forse era proprio quell'indifferenza che accentuava ancora di più la nostra presenza, forse l'ignorarsi a vicenda non faceva altro che evidenziare che tra noi una scintilla si era accesa, che tra noi qualcosa era successo, ma non poteva succedere, non doveva succedere, quella scintilla doveva spegnersi al più presto in qualsiasi modo, gli avrei buttato litri d'acqua pur di non farla bruciare più.

Io amavo Kalvin.
Era la frase che dominava la mia testa in questo periodo. E forse era vero, amavo. Ma ero pronta a continuare la mia vita senza di lui? Senza la sua sicurezza? Senza la certezza che non importava quanti chilometri fossimo lontani, ma io ero sempre certa che il suo cuore sarebbe sempre appartenuto a me e viceversa.

No, non ero pronta.

Ma poi, perché dovevo lasciarlo? Sì, in questo periodo ci sentivamo di meno, litigavamo forse un po' di più, ma perché?
La distanza era una costante nella nostra relazione, ma perché proprio adesso ci stava pesando così tanto? E perché, come ha detto Federico, il suo non esserci, invece non mi pesava?

Sospiro e mi passo le mani sulla faccia.

E poi dovrei dimenticare le cose belle che abbiamo fatto in questi anni? Tutti i viaggi? Tutte le promesse? Tutti i segreti che ci siamo detti alle cinque di mattina? Le notti insonni a creare progetti per il nostro futuro?

No, non ero pronta.

Kalvin è entrato nella mia vita, non perché avessi bisogno di qualcuno, non cercavo nessuno in quel periodo, ed è proprio questo. Ci siamo incontrati per caso, il fato ci ha voluti far incontrare, non lo abbiamo chiesto noi.
Era destino che io quella sera sarei dovuta andare in quel pub e incontrare lui.
Lui non ha colmato nessun vuoto, non avevo bisogno d'amore, non mi mancava nulla, ma nonostante questo ho deciso comunque di accoglierlo nella mia vita e creare uno spazio dedicato completamente a lui.

Però adesso, perché non sto provando più le stesse emozioni di prima? Perché il mio amore si è attenuato? Si è affievolito?

Colpa di Federico?

Perché riconduco tutti i problemi e le colpe a lui?

Troppe domande senza risposta, o forse la risposta l'avevo sotto al mio naso ma facevo di tutto pur di non vederla, mi ero messa io stessa una benda sugli occhi per non osservare l'evidenza.

Ma qual'era l'evidenza?
Che ci fosse qualcosa tra me e Federico?
Avevamo chimica, tanta intesa.
C'era stato un bacio. Due, a dir la verità.

Ed io cosa avevo provato?
Non lo so.

E se Nicolò quel giorno non ci avesse interrotti, cosa sarebbe successo? Fino a che punto ci saremmo spinti? Dove saremmo arrivati?
Ed io, ero disposta a spingermi fino a così tanto con lui?
Non lo so.

Non lo so non è un no.
Ma neanche un sì.

Sono in un limbo e non mi muovo, le voci nella mia testa si facevano sempre più pesanti e rumorose, e mi andavano contro, ed io che invece cercavo di zittirle con scarsi risultati.

Avevamo creato una battaglia, dove loro stavano avendo la meglio.
Ero la nemica di me stessa, ero in una partita a scacchi contro me stessa e stavo vincendo, ma allo stesso tempo perdendo. Stavo implodendo.

Ma poi cosa stavo vincendo? Cosa stavo perdendo?
Nulla. Anzi, non stavo vincendo nulla ma stavo perdendo Federico. Lo sto perdendo. E lui sta perdendo me. Ed io non voglio essere persa e non voglio perdermi, voglio che lui mi trovi e mi ritrovi.

Lo ami?
No. Non lo so...

Ami più Kalvin?
Sì.

Quindi, ami comunque Federico...
No... Forse. Lui è fidanzato.

Anche tu lo sei.
Anche io lo sono.

La mia mente adesso mi parlava come se fossi un'altra persona esterna a lei, come se lei non abitasse in me, come se io fossi l'ospite invece di essere la padrona di casa.

La mia bocca non si apriva neanche per emettere un piccolo fiato, un suono, gli occhi erano ancora puntati verso il soffitto bianco, ma dentro di me c'era il più contorto disordine, che piano, piano, si impadroniva di me, ed io, non riuscivo a controllarlo.

E chissà se pure lui si sentiva così, se lo facevo sentire così...

Se mi ignorava per negare la mia presenza, o soltanto, essendo che era un gentil'uomo, mi stava dando i miei spazi che forse lui non aveva rispettato, e forse non se lo perdonava.

Ma perché non lasciava Benny?
Non lo so... Forse anche lui era nella mia stessa situazione, la amava, ma ora la ama un po' meno, e non riesce a lasciarla per tutte le cose belle che hanno vissuto.

Vorrei tanto entrare nella mente di Federico, vedere ciò che vede lui, sentire ciò che sente lui, e capire cosa prova.

La mia bocca continua a rimanere chiusa. Respiro e chiudo gli occhi.

Eravamo in semifinale.

Voglio cambiare discorso.

Quindi. Avevamo vinto. Contro il Belgio.
E noi avremmo dovuto battere la Spagna, adesso più si andava avanti, più diventava difficile, dicevamo di non aver paura di nessuno, ma in realtà ci stavamo cagando addosso. Vedevo l'ansia dei ragazzi prima di una partita, proprio l'istante prima che iniziasse tutto, quando ancora si è tutti nel corridoio dello spogliatoio e ci separa solo una scala dal campo. L'adrenalina circolava in tutto il corpo come se fosse sangue, partiva dal cuore per poi riempire le arterie, le vene e i capillari.
Donnarumma sempre a sfregarsi le sue grandi mani da portiere, Bonucci saltellava, Bernardeschi correva sul posto, mentre Chiellini era tranquillo, anzi, riusciva sempre a calmare tutti, ormai lui non giocava più per lavoro, ma perché gli piaceva giocare a calcio, tutto qui.

Federico invece.. Sempre lui, ho sempre il suo nome in mente, basta, non devo pensarlo più, era inutile continuare, io ero fidanzata, lui pure, e io non lo amavo, e nemmeno lui.

Forse.

SPAZIO AUTRICE
Scusatemi per il ritardo, ma non mi sono sentita molto bene in questi giorni, mi farò perdonare presto, ve lo prometto. 🤞🏻♥️
Come sempre spero che vi sia piaciuto e grazie mille per i commenti e le stelline♥️

109 || Federico Chiesa ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora