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«Svegliati Mia» dice una voce gentile. Mi sento scuotere la spalla, i miei occhi erano ancora chiusi ma la mia testa era già sveglia. Provo a coprirmi con le lenzuola per ritrovare il sonno ma nulla.
«Ti prego, svegliati Mia» la voce era un po' più forte.
Apro finalmente gli occhi, era tutto appannato e la luce del giorno mi dava fastidio, li sbatto più volte per mettere a fuoco la figura di Matteo, era lui che mi aveva svegliata.

«Scusami, non volevo disturbarti, ma il mister vuole vederti..»
«Che ora è..?» dico con ancora la bocca impastata dal sonno.
«Quasi le otto»
«Va bene, arrivo..»
Matteo esce dalla stanza chiudendo delicatamente la porta, mentre io, con un sospiro mi alzo dal letto.

Cos'è successo stanotte in piscina?
Cosa stavamo facendo io e Federico?

Scuoto la testa per mandare via quei pensieri, accendo il telefono, ed ecco il suo buongiorno, quello di Kalvin.
Molte volte quando dormivo, lo sentivo svegliarsi, stiracchiarsi le braccia per poi darmi il buongiorno con un bacio in fronte, quelle mattine non potevo vedere il suo viso, ma sicuramente potevo sentire il suo cuore.
Mi mancava tutto questo, io, lui e Londra.

I miei occhi guardavano fissi l'abat jour in vetro sul comodino, quando mi rendo conto di aver perso 10 minuti buoni viaggiando tra i ricordi.
Mi lavo e mi vesto il più in fretta possibile e subito scendo le scale, diretta in sala da pranzo.

Saluto i ragazzi con un "buongiorno" generale mentre a mio padre, che come al solito era all'inizio del tavolo, dò un bacio sulla guancia.
Trovo un posto vuoto accanto a Donnarumma, il portiere della squadra.

«Ragazzi» inizia il mister alzandosi dalla sedia e camminando lungo la tavolata.
«Stasera è l'inizio, l'inizio di questo viaggio, l'inizio del cammino per arrivare alla vittoria! Conosciamo la Turchia, i suoi punti deboli e i punti forti. Sappiamo che possiamo batterla perché io credo in voi, voi credete in voi stessi, perché crediamo in questa squadra e in questo paese!
Oggi è solo il biglietto da visita, ma vi prometto che l'11 luglio tutta Europa conoscerà l'Italia!
Gli italiani saranno orgogliosi di essere italiani, abbiamo una grande responsabilità, in campo giocheranno solo 11 persone che però avranno il compito di rappresentarne milioni, e voi lo sapete benissimo!
Stasera divertitevi! Giocate fino l'ultimo secondo del 90° minuto, correte fino l'ultimo istante, fino alla fine, sempre! Perché so che potete farcela, POSSIAMO FARCELA!»

Se fino a qualche istante prima i volti dei giocatori erano ansiosi, adesso la gloria brillava nei loro occhi, potevano davvero farcela.
Un grande applauso e qualche urlo riempiono la stanza.

In preda all'adrenalina mi alzo in piedi e grido «DAI RAGAZZII» incitandoli ancora di più.

«A proposito di ragazzi... Mia e Federico che stavate facendo ieri sera? Eravate tutti bagnati...»
Mi giro verso destra per vedere chi aveva parlato, era Lorenzo che nel frattempo rideva sotto i baffi.
Come aveva potuto vederci? Stanotte il corridoio era deserto..
Poi però mi ricordo di una cosa, l'ombra, quella sagoma nera che avevo visto la sera prima davanti la mia porta era lui.

«Cosa? Mia voglio spiegazioni...» dice mio padre incrociando le braccia al petto.
«Ehm...» mi giro verso Federico in cerca di aiuto, lui di conseguenza guardava me per lo stesso motivo, entrambi non sapevamo cosa dire.
Nulla papà, ho spinto Federico in piscina stanotte e lui ha fatto lo stesso con me..?

Prima che potessi aprire bocca Federico dice «È colpa mia...»
Cosa? Non è vero.
«Spiegati Federico..» dice il mister.
«In realtà è colpa mia, sono stata io a spingerlo in piscina..» prendo subito posizione.
Mio padre sembra confuso, i suoi occhi guardano i miei e poi quelli di Federico «Va bene, dopo ne parliamo..» dice alla fine con un sospiro.
«Papà non è successo niente, davvero..» continuo ad insistere.
«Dopo ne parliamo.» dice lui invece con voce ferma.

Dopo pranzo l'autobus che avrebbe dovuto portarci a Roma arriva in hotel.
I ragazzi sono vestiti di tutto punto, maglia e pantaloni neri con una giacca grigia che nella parte sinistra, accanto al cuore, aveva ricamato lo stemma della nazionale.

Io mi fiondo sugli ultimi posti sedendomi accanto al finestrino e mettendo gli auricolari nelle orecchie, avrei dovuto passare quasi tre ore su quell'autobus, in qualche modo dovevo far passare il tempo, ma tutti i miei piani si stravolgono quando Federico si siede accanto a me.
«Scusa se ti ho creato problemi con tuo padre...»
Mi scappa una piccola risata, ma poi cerco di tornare subito seria.
«Ti perdono solo se mi dedichi un gol», adesso quello che ride è lui.
«Va bene».
«Affare fatto?» dico io tendendo la mano.
«Affare fatto.» dice lui stringendola.

«Mia siamo arrivati» sento una mano che accarezza i miei capelli.
Apro gli occhi e mi guardo intorno, la mia testa era appoggiata sulla spalla di Federico e l'autobus si stava fermando.
Mi ero addormentata. Sulla spalla di Federico. Bene.

Arriviamo allo stadio, era enorme e deserto, non so il perché, ma gli stadi vuoti facevano sempre un certo effetto, sembravano la quiete prima della tempesta.
Mi piaceva il clima che si respirava. Eravamo pronti.

Ore 20:00
Gli spalti erano quasi pieni.
Eravamo già tutti in campo, anche i turchi. Io ero accanto a mio padre, il suo viso poteva apparire tranquillo, ma continuava a sfregarsi le mani, era tanto ansioso anche lui.
I giocatori si stavano riscaldando, correvano prima a destra e poi a sinistra, saltavano di qua e di là.

Ore 20:45
«Dallo stadio olimpico in Roma, Turchia-Italia, comincia l'Europeo, buonasera da Fabio Caressa e Beppe Bergomi.»

L'inno di Mameli risuona in tutto lo stadio dipingendolo di azzurro.
Bandiere tricolore ovunque, bambini e anziani, Italia e Turchia.
Il cuore era a mille, le mani sul cuore sudavano fredde, i nostri volti erano felici.

Fischio di inizio.

17° minuto
«Insigne, uno due, Insigne a giroo! La prende male! Era la sua palla! La sua mattonella!»

21° minuto
Calcio d'angolo per Insigne, Chiellini la dirige verso la porta ma ancora nulla.

Fine primo tempo.

Ci stavamo provando, tanto, ma non bastava, Lorenzo cercava di infiltrarsi ovunque pur di segnare, così come Spinazzola e Ciro.

Negli spogliatoi i ragazzi non erano stanchi, anzi, tutt'altro.
Pronti a percorrere ogni centimetro di quel campo, pronti a sfondare quella rete.

Mio padre non disse nulla, loro già sapevano.

Inizio secondo tempo.

52° minuto.
«Bella palla per Barella, buono l'inserimento di Berardi, può rientrare Berardi! Va sul destro e cross! È AUTOGOL PER L'1 A O PER L'ITALIA! AUTOGOL E SIAMO IN VANTAGGIO!»

Avevamo segnato. Anzi, avevano segnato. Eravamo felicissimi, lo stadio era in delirio, urla e trombe che risuonavano, non sapevo come mio padre riuscisse a contenersi, aveva fatto solo un leggero sorriso, era sempre così tranquillo..

66° minuto.
«Pallone per Barella che non prova il tiro. Sempre per Berardi, CAMBIA TUTTO! Spinazzola si gira! ED È CIRO IMMOBILEEEE! 2 a 0!»

Ciro. Immobile. 2 a 0.

79° minuto.
«Recuperata ancora palla da Berardi, pallone per Barella, transizione per.... LORENZO INSIGNEEEEE! 3 A 0! SIAMO UNA MACCHINA DA GUERRA!

Era vero. Eravamo davvero una macchina da guerra, in meno di 45 minuti eravamo riusciti a fare 3 gol. Era tutto surreale.

93° minuto.
«E l'arbitro dice che può bastare, manda tutti sotto la doccia! Una grandissima Italia all'esordio dell'Europeo! Sotto gli occhi del nostro Presidente della Repubblica, vince 3 a 0 contro la Turchia!»

Era finita. 3 a 0. Autogol. Immobile. Insigne. Stavamo sognando. Non ci credevamo, avevamo bisogno di più pizzicotti per capire che era tutto vero.
Mio padre mi abbraccia forte, ed io lo stringo ancora più forte, eravamo tutti sudati, forse puzzavamo anche ma a noi non importava, eravamo solo felici.








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