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È arrivato l'autobus che ci avrebbe riportato a Coverciano.
Io cerco di sedermi di nuovo al mio posto accanto al finestrino, ma era inutile.
La squadra era in delirio.
Povero autista, i ragazzi sbattevano le mani sui vetri, scuotevano i sedili, stavano festeggiando, d'altronde avevamo vinto.
Mio padre seduto nei posti davanti, si alza e percorre il piccolo corridoio che divideva in due parti le fasce di sedili, anche lui era felice, però forse dovevamo un po' contenerla questa felicità, avevamo vinto una battaglia, non la guerra, e ancora dovevano arrivare i turni di eliminazione diretta, questo era solo l'inizio.

Anche Federico stava festeggiando, aveva il braccio attorno alla spalla di Bonucci che cantava a squarciagola.
Stava festeggiando, aveva un sorriso enorme ma sul suo viso leggevo qualcosa che era tutt'altro che contento.

Le tre ore trascorse sull'autobus passarono velocemente, gli animi si erano calmati ed io ero riuscita a conquistare il mio sedile.
Il cielo ormai era buio e le luci dei fari delle macchine ci passavano accanto, sfrecciando veloci, le case erano dei piccoli puntini sparsi qui e lì a casaccio.

Guardavo il vuoto e sorridevo, ancora non ci credevo, non ci credevamo. Mi giro verso gli altri mio padre sedeva tra i primi posti, Nicolò e Federico dormivano come Ciro e Lorenzo e anche io decido di appoggiare la testa al finestrino e mi lascio trasportare dai sogni, come se già la realtà non fosse diventata un sogno.

Eravamo a casa, anzi, in hotel, che in effetti stava diventando la nostra casa.
Io sono una delle ultime persone a scendere dal bus e una delle ultime a entrare in sala da pranzo. Vedo Federico che con un sorriso dolce amaro sale le scale che portano alle camere da letto.
Sono un po' confusa, che cosa avrà stavolta?

Arrivo di fronte la sua stanza, la 112, non busso. Apro la porta ed entro.
Lui è supino nel letto con in mano il telefono, la sua testa si gira subito verso di me.
«Che cos'hai?»
«Nulla.» taglia lui.
«Non è vero, perché non sei a festeggiare con gli altri?»
Da parte sua ricevo silenzio, «Non ti capisco. Davvero.. Stamattina ridevamo sull'autobus, tu eri felice, io ero felice, andava tutto bene, ed ora..? Sei così. Te lo chiedo per l'ultima volta, cos'hai?» faccio un enorme respiro, dovevo rimanere calma.
«Sono deluso..» dice guardandomi in faccia.
Io stringo gli occhi e scuoto leggermente la testa pensando cosa avrebbe potuto causare in lui questa emozione. Nulla. Diciamocelo, avevamo vinto la prima partita degli europei, come poteva essere deluso? Da cosa? Da chi?
Lui continua, stavolta abbassando lo sguardo e usando un tono più basso che però posso sentire «Ti avevo promesso una cosa..»
La mia mente si affolla ancora di più di pensieri scoordinati, sfoglio tutti i momenti di oggi, non trovo nulla, fino a quando... Eccolo.
Per rimediare alla situazione di stamattina e farsi perdonare da me, doveva fare un gol, ma non è successo.
La mia faccia corrucciata lascia il posto ad un piccolo sorriso.
Era sensibile, ci teneva a mantenere la parola data, e d'altronde non potevo lamentarmi, ero così anch'io.

Mi siedo accanto a lui, che nel frattempo non era più sdraiato ma seduto sul letto come me.

«Io scherzavo..» avvicino la mia mano alla sua accarezzandone il dorso, e guardo i suoi occhi con ancora le mie labbra curvate in un sorriso, cercando di rassicurarlo.
Lui scuote la testa e alza gli occhi al cielo, cerca di rimanere serio, ma la sua bocca inconsapevolmente si piega all'insù «Ti odio..»

«Ciao amore!»
La porta si spalanca e vedo entrare una ragazza alta dalla pelle chiara con capelli corvini che però si ferma sul ciglio a fissarci. I suoi occhi saltavano dalla mia faccia a quella di Federico che ancora non aveva detto niente, e poi immediatamente guardano in basso, e solo lì ho capito. Le nostre mani. La mia mano era ancora sopra quella di Federico.
Anche il ragazzo deve essersi accorto di questo, infatti, subito sfila la sua mano da sotto le mie dita e io ritraggo velocemente la mia di mano e la avvicino al petto, quasi come se mi fossi scottata.
«Amore posso spiegar-» Federico non fa in tempo a finire la frase che già la ragazza esce dalla stanza.
Chiesa si alza immediatamente dal letto e segue i passi di lei che si stavano sempre più allontanando.

La curiosità mi invade e i miei piedi iniziano ad andare.
Scendo le scale e attraverso la sala da pranzo, guardo di sfuggita i giocatori che mangiano seduti al tavolo, anche loro hanno delle facce confuse, forse Federico e quella ragazza sono passati per di qua.

Esco fuori e li vedo, sono qualche passo più avanti.
Mi avvicino ad un albero per coprirmi nella sua ombra.

«Benny, per favore, parliamone..»
Benny. La sua fidanzata.
«Chi è quella ragazza?!» dice lei con un tono di voce abbastanza alto.
«La figlia del mister..»
«Federico, ti ho visto mano nella mano con lei.» Adesso Benny incrocia le braccia al petto.
Stanno litigando per me. Mi sento in colpa, mi sento colpevole. In fondo non stavamo facendo niente, ma mi sento sporca. Perché?
«Non è come pensi.» Federico agita la testa in segno di negazione, ha la voce ferma, non trema.
Benny insiste «Vi ho visto, Federico.» Neanche lei vuole cedere.
Una lacrima riga il mio viso e cade a terra, mi mordo il labbro, cercando di non farne sfuggire altre.

«Mia che stai facendo..?» dice una voce alle mie spalle.
Mi asciugo la guancia e mi giro.
«Nicolò mi hai fatto prendere un infarto!»
«Che stai facendo qui fuori?» Parla a bassa voce.
«Ehm.. Stavo prendendo un po' d'aria..»
«... Casualmente dove Federico e Benny stanno litigando..» Barella fa un cenno verso la coppia.
Ecco perché parla a bassa voce, neanche lui vuole che i due si accorgino della sua presenza.
«Nicolò, ti prego, non ti ci mettere anche tu..»
Lui non fa altro che peggiorare la situazione, i miei sensi di colpa aumentano e le lacrime minacciano sempre più di uscire.
Devo allontanarmi. Così ritorno in hotel attenta a non farmi guardare in faccia per non dover spiegare i miei occhi rossi e lucidi e mi chiudo in camera.
Mi getto sul letto pregando le lacrime di smettere di scorrere.

Bussano alla porta.
Non adesso.
«Chi è?»
«Sono io, Matteo.. Posso entrare..?»
«Avanti..»
Pessina si siede ai piedi del mio letto e si ferma a guardarmi pensieroso.
«È successo qualcosa..?»
«Ho troppe cose per la testa..» Tiro su col naso. Fortunatamente le lacrime si sono fermate..
«In che senso..?»
«Phillips, Federico, la partita..» Phillips. Non lo vedevo da troppo tempo, che stava facendo? Mi pensava? Io lo pensavo?
«Federico..?» continua Matteo.
Cosa?
«Ehm.. Nulla, devo andare..»

Ritorno fuori, e mi siedo sulla mia solita panchina che ormai sapeva più cose di me che di me stessa.
Ad un paio di metri di distanza vedo Federico e Benny baciarsi, un bacio amorevole, lei si scioglieva negli occhi di lui, e lui le sorrideva.
Che fortunata.. Sicuramente voleva fare una sorpresa al fidanzato ma io ho rovinato tutto.
Il telefono squilla. Chi sarà a quest'ora?
Alzo lo schermo.. No, non adesso, non in questo momento. È Kalvin.
Adesso no, meglio domani.
Dico così ma alla fine finisco per rispondere alla videochiamata, voleva vedermi.. D'altronde non vedevo il suo viso da qualche settimana, solo chiamate e messaggi.
«Amore! Come va? Avevo cinque minuti liberi e volevo vederti..»
Era felice, felice di vedermi. Era anche un po' in ansia, tra due giorni avrebbero giocato la loro prima partita, ma Kalvin mi aveva detto che la squadra era ben preparata e forte, credo che avrebbero vinto.
«Si, certo! Benissimo» credo di essere stata convincente..
Non volevo che si preoccupasse per nulla, in fondo sono io che piango un po' per tutto.
Lui si avvicina un po' di più allo schermo e stringe gli occhi.
«Sicura..? Perché hai gli occhi lucidi?»









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