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Sarà tornato in camera?
È ancora fuori nel balconcino?
Starà parlando da solo? Con la luna? Con le stelle?
O forse, non starà parlando affatto...

Queste e altre domande affollano la mia mente.
Sono così tante che ho paura che la mia testa esploda.

Devono smettere.

Chiudo gli occhi con la speranza di non sentirle più parlare, hanno voci fastidiose, e poi, perché devo sempre pensare così tanto?
Lui non si è fatto problemi quando mi ha lasciato sulle scale dell'hotel, la notte scorsa, quindi, perché dovrei farmene io?

Mentre continuo a parlare con me io non mi accorgo di essermi già addormentata.

-

Lo stadio era gremito di gente, bandiere azzurre, verde, bianche e rosse ondeggiavano lungo gli spalti, i cori riecheggiavano attorno al campo.

Mio padre era accanto a me, come al solito suo era tranquillo, almeno lo sembrava.
Aveva le braccia al petto e lo sguardo fisso davanti a sé.

Calcio di rigore.
Donnarumma si ritrova il pallone tra i suoi guanti.
Tutti i giocatori corrono verso di lui.
Mio padre abbraccia il suo collega e amico Gianluca Vialli.
Entrambi avevano le lacrime agli occhi.

Cosa stava succedendo?
Contro chi stavamo giocando?
Non eravamo allo Stadio Olimpico di Roma, l'avrei riconosciuto se fosse stato così. Cercavo di vedere una bandiera o un oggetto che mi dicesse qualcosa in più sulla squadra avversaria, ma nulla.

Mi guardo attorno, mi sentivo estranea a quella realtà, non era la mia...

Vedo Federico felicissimo, anche lui con le lacrime agli occhi, mi vede e le gocce sul suo viso si mischiano al più lucente sorriso che gli abbia mai visto fare.
Veloce corre verso di me e...

Mi sveglio di soprassalto, avevo il fiatone come se avessi corso una maratona.
Gli altri ancora dormivano, ma vedevo la luce del sole cercare di infiltrarsi dal velo della tenda.
Accendo il telefono per controllare l'ora. 7:15.
Ancora nessun messaggio da parte di Kalvin.
Schiaccio subito quel pensiero sul nascere, mi alzo dal letto e sposto, con un gesto rapido, la tenda facendo finalmente entrare i raggi dorati.

«BUONGIORNOO» grido felice, non so il perché, ma quel sogno mi aveva fatto bene.

Ciro e Lorenzo si svegliano immediatamente, i loro occhi sgranati mi guardano, sono quasi preoccupati, di solito sono sempre gli altri a svegliarmi, non il contrario.
«Che succede?» dice Immobile grattandosi la testa.
«Nulla, vi ho solo svegliato» dico io con un sorrisino, facendo spallucce.
«Cosa..» Matteo si strofina gli occhi e si mette a sedere.
Nel frattempo Lorenzo è tornato a coprirsi con le lenzuola, ma mi avvicino al suo letto e gliele strappo di dosso.
Lui, con ancora gli occhi chiusi sbuffa, sono sicura che mi starà dicendo i peggiori insulti in napoletano, me lo sento, ma non importa, mi continuerà a voler bene lo stesso.

Subito mi lavo la faccia e mi vesto comoda, una t-shirt bianca e dei leggins neri.
Aspetto che anche gli altri ragazzi si lavino e si vestino e insieme usciamo dalla stanza per andare a fare colazione.

Il tavolo era ancora vuoto stranamente, escludendo il posto a capo tavola occupato da mio padre.
Lo abbraccio da dietro, gli dò un bacio in guancia e mi siedo accanto a lui.
Questa mattina la colazione è tornata ad essere quella di sempre, il cambiamento non è fatto per me.

Federico è seguito da Nicolò e Bernardeschi, mi guarda e si siede di fronte a me.

Alle 8:00 eravamo già tutti in sala da pranzo, pronti per magiare. Sì, dovevamo aspettare che tutti e 26 avessimo preso posto prima di toccare cibo,
(a parte quando ero io a svegliarmi più tardi del solito) secondo mio padre anche queste piccolezze aiutavano la squadra ad essere unita, quindi lo accontentavamo.

109 || Federico Chiesa ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora