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Dovevamo parlare. Sapevo solo questo.
Ma anzi, nessuno dei due parlava e il senso di colpa però mi mangiava viva.

Io osservo Federico.
Era così felice, rideva con Nicolò, ma come faceva?
Non si sentiva sporco? Non voleva squagliarsi vivo per pulirsi internamente, per purificarsi?
A quanto pare no.

Arriva però un segnale che sembra darmi queste risposte, forse.
Il telefono di Chiesa inizia a squillare, vibrando sulla tovaglia bianca.

Benny.

Prima di prenderlo però mi guarda, non sorrideva più, anzi sembrava avesse quasi timore di quel nome.
Ecco che forse la razionalità adesso lo stava colpendo in pieno cuore.

Esce nel balconcino per non essere disturbato.

«Benny?» dice.
"Benny", non "Amore"...
Mi sento responsabile per quel cambio di nomignolo.

Dobbiamo mettere le cose al proprio posto. Al più presto.

Al più presto, ma quando? Se non facevano altro che allenarsi?  Se non avevano neanche un minuto libero per respirare?

L'unico momento possibile, stanotte. Sperando che Federico non dormisse neanche questa sera, erano due notti che dalla mia finestra lo beccavo a sgattagliolare fuori dalla sua stanza, attraversare il giardino e dirigersi verso la piscina.

***

Dopo la colazione io mi unisco ai ragazzi, faccio dei giri di campo con la musica sparata nelle cuffie per provare ad attenuare l'ansia e forse un po' ci riesco. Sembrava che ad ogni mio respiro ad ogni goccia di sudore che scorreva lungo la mia schiena, la mia preoccupazione andasse sempre più via.

Al pranzo decido di mangiare qualcosa leggero, non avevo molta fame nonostante a colazione io non avessi toccato cibo, perché pur se stessi meglio i pensieri non avevano lasciato in pace la mia testa del tutto.
Quindi opto per un'insalata.

Pausa pomeridiana.
In camera c'eravamo solo io e ovviamente Lorenzo, Matteo e Ciro invece avevano preferito farsi un tuffo in piscina, d'altronde oggi era una giornata molto calda.

Io sono sdragliata sul mio letto, il nostro letto, ma non dormo, a pancia in su, fisso come sempre il soffitto senza però osservarlo mai davvero.
Sento Insigne avvicinarsi e sedersi sul letto di Matteo che si trova accanto al mio, e mi prende la mano.

«Perché stai così..?» inizia lui.
Quella frase è la goccia che fa traboccare il vaso, quella goccia che è scappata dal mio occhio destro.
«Mi sento in colpa, stamattina sembrava andare meglio, ma quando sono sola, in silenzio, tutte le paranoie ritornano..»
«Perche ti senti in colpa? Per Federico..?»
Io non dico nulla, mi limito soltanto a fare un cenno con la testa.
«Ma alla fine mi hai detto che dopo il giorno in campagna non è successo più nulla..»
Sbuffo una risata, magari fosse davvero così...
«Cosa non mi hai raccontato?» il suo tono non è da rimprovero, assolutamente, anzi, voleva capirci meglio qualcosa lui, voleva mettere ordine negli eventi, cosa che avrei voluto fare anche io.
Mi metto a sedere, di fronte a lui. Non ho il coraggio di dirlo ad alta voce, rimango a guardarlo solamente con i miei occhi che sgorgavano continue lacrime.

Lui però ci arriva subito, e forse già lo aveva immaginato.

Sospiro.

«Okay..» Lorenzo rompe il silenzio e mi stringe di più la mano.
«Quindi sei così, e ti senti in colpa così tanto perché tra te e Federico non c'è stato solo un bacio, vero?»
Scuoto la testa debolmente.
«Allora, adesso, non sai come fare tu con Kalvin e lui con Benny..?»
«Non lo so... Non so cosa stia pensando Federico in questo momento, se stia meglio di me, come me o peggio di me..» tiro su col naso.
«Posso darti un consiglio..?» chiede timido.
«Certo.»
«Soprattutto in questo periodo ho avuto l'occasione di conoscere Fede, ed ho capito che segue e ci mette sempre il cuore, in qualsiasi cosa lui faccia, quindi, credo che se nel suo cuore ci sia scritto "Mia", non ci metterebbe tre secondi a parlare con Benny di questa situazione..»
Si ferma. Io non parlo.
«Però so che tu non sei così, ci pensi di più alle cose, ci metti la testa, anziché il cuore. In questo momento tu magari, ti starai chiedendo come non ferire entrambi, ma fidati, li ferirai comunque.»

Mi parlava come se fosse lui mio padre ed io sua figlia. Mi ha detto la verità in faccia, bella o brutta che fosse.

«E poi... Non puoi cambiare il passato, è successo, ma puoi decidere tu quale sia la strada migliore da prendere..» e con questo mi dà un bacio in fronte ed esce dalla stanza, lasciandomi sola, con forse meno pensieri del solito.

***

È notte. Abbiamo finito di cenare e tutti ci ritiriamo nelle camere per dormire. Tutti tranne io che non chiudo occhio.

Accendo il telefono per vedere l'ora. 02:11.
Apro la porta della stanza ed esco fuori l'hotel.

Mi siedo al centro del capo da calcio, come ero solita fare.
Dopo venti minuti, credo, eccolo che arriva e si siede accanto a me.

Déjà vu.

Mi giro verso di lui, per guardarlo negli occhi.
«Fede..»
«Lo so, dobbiamo parlare..» non mi fa finire nemmeno la frase.

Abbasso la testa, sento già le lacrime pizzicare il mio occhio.
Non volevo piangere di nuovo.

«Che abbiamo fatto..?» dico io incatenando di nuovo le nostre iridi.
«Abbiamo fatto ciò che ci siamo sentiti di fare, che non è sbagliato..» lui mi accarezza la guancia col pollice, e asciuga una mia lacrima.
«Sì invece, è sbagliato, abbiamo sbagliato, perché...»
Sospiro e continuo.
«Perché tu hai Benny ed io ho Kalvin..»
«Lo so...»
«Davvero, sei un ragazzo speciale, gentile, educato, umile, hai tutto, e mi piaci da morire per questo, però...»
Mi fermo.
«Però amo Kalvin..»
Lui mi guarda e sorride.
«Sì, lo so.. Tu ami Kalvin, come io amo Benny..»
«Esattamente..»

Lo abbraccio, sembrava tanto essere un addio.
«Non voglio perderti però..» sussurro quasi al suo cuore che a lui.
«Neanche io..» dice Federico.
«È stato bello quello che è successo tra di noi in questi mesi, ma adesso bisogna tornare alla vita reale.. Io devo tornare con lui, e tu con lei.» adesso sono io quella che gli accarezza la guancia.
Faccio una piccola curva sulle mie labbra.
Federico fa su e giù con la testa, sembra non essere ferito, anzi, sembra essersi tolto un sassolino dalla scarpa, piccolo ma fastidioso, così come me. Mi sentivo più leggera dopo aver detto queste cose, che in fondo erano anche quelle che lui voleva dirmi.

Ci alziamo entrambi e ci diamo un ultimo abbraccio, solido e forte, un abbraccio da due buoni amici.

«Miraccomando, segna in finale.» gli sussurro all'orecchio.

109 || Federico Chiesa ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora