36

876 40 12
                                    

Mi baciava il collo, lo leccava, lo mordeva, ed io rabbrividivo. Ad ogni suo tocco i miei nervi si irrigidivano.
La mia testa era spinta contro il muro pallido della stanza, gli occhi chiusi, ed io non potevo fare altro che gemere, che godere.
Le mie mani perse tra i suoi capelli. I suoi soliti capelli, color miele al sole, morbidi, sottili.
Federico adesso però si concentra su di me, sul mio viso, sulle mie labbra.

Le divora, come fosse un cane che non mangia da giorni. Selvaggio, incontrollabile.
Io ero il suo osso, e mi stava ripulendo viva, fino a togliere anche l'ultimo pezzo di carne rimasta.
Mi custodisce gelosamente, un po' come Gollum con l'anello. E proprio come questo, io stavo tirando fuori la parte peggiore di lui, stavo tirando fuori il suo diavolo.
Come il serpente e la mela, soltanto che io ero entrambi, il serpente che lo persuade e gli offre tutto ciò che ha, la mela, che non è altro che il serpente stesso. E lui non è altro che una povera Eva.

La stanza intorno a noi è totalmente nera. Non vedo nulla, né pareti, né finestre, vedo solo Federico davanti a me, che mi preme sempre di più contro il muro gelido. È come se fossimo uno la luce dell'altro, poiché in tutta quell'oscurità gli unici a vederci eravamo noi, io la sua luce, e lui la mia.

Chiesa continua a baciarmi, io lo bacio. Ci stacchiamo solo per prendere fiato.
Le mie mani gli graffiavano la schiena nuda, non perché volessi fargli del male, ma quasi come a volerlo abbracciare, ero così disperata, ero così assetata di lui che nonostante non ci fosse niente a dividerci, volevo ancora annullare il nulla che ci separava.

Nonostante però sentissi la sua carne sotto le mie unghie, era come fumo, inconsistente, più cercavi di prenderlo e più ti scappava.
Proprio quando aprivi la mano, sicura di averlo intrappolato con le dita, ecco che non c'era più.

Apro un attimo gli occhi, e solo ora mi accorgo che non eravamo più soli.

In lontananza intravedo una figura, un uomo, alto, che si avvicina sempre di più a noi.
Federico sembrava non aver percepito nulla, e la sua testa era ancora incastonata sulla mia spalla destra, e mi stringeva con le sue braccia.

La sagoma cammina lentamente, è sempre più vicina, così vicina che posso riconoscerlo.

Kalvin.

I suoi occhi sono grigi, pieni di odio e di disprezzo nei miei confronti. Mi guarda con sufficienza. La sua bocca è chiusa dall'amarezza.

La sua espressione disgustata però scompare nel nulla, un battito di ciglia ed ecco che non c'era più, se ne era andato.

Subito mi divincolo dalla presa di Federico che rimane immobile.

Corro senza una meta, cercando Phillips.

«Kalvin!» grido, ma la mia voce non fa altro che ritornarmi.
«KALVIN!» riprovo, ma nulla.

Mi accascio a terra, sulle mie ginocchia, disperata.
Mi giro leggermente, per vedere dietro di me. Chiesa era ancora fermo, inerme, intento ad osservarmi, non mi staccava gli occhi di dosso, ma allo stesso tempo il suo sguardo era assente, come se non ci fosse davvero.

Ritorno a guardare davanti a me, ed ecco di nuovo Phillips, inginocchiato insieme a me.
Il suo viso è a pochi centimetri dal mio, ma si avvicina ancora di più all'orecchio.

«Ti piaceva come ti baciava..?»
Cosa?
«Come ti toccava?»
«Kalvin...»
Credo che si stesse riferendo a Federico.
«Come ti mordeva?»
«No..» sussurrò scuotendo leggermente la testa.
«Come ti guardava?!» il suo tono aumenta.
«No.»
Metto le mani nelle orecchie per non sentirlo più, ma in vano, la sua voce ancora rimbomba nella mia testa.
«Come ti scopava?!»

«Basta!»

Apro gli occhi. Ho il fiatone. La fronte è leggermente sudata e nonostante si morisse di caldo, mi ritrovo con le lenzuola alte fin sopra la testa.
Subito mi scopro e mi siedo alla scrivania di fronte la finestra per prendere un po' d'aria.

Il cielo è ancora violaceo, il sole non è ancora sorto, e c'è un piacevole venticello che asciuga le mie gocce di sudore.

5:36. L'ora del display del mio telefono, senza contare i 28 messaggi e le 13 chiamate da parte di Kalvin.
Lui ancora ci provava, restava appigliato a quel piccolo barlume di speranza in un nostro futuro insieme, ma forse io, a quest'idea ci avevo già rinunciato da un po', e forse Federico era stata la persona che mi aveva convinto ancor di più. Forse era arrivato al momento giusto, proprio dove più avevo bisogno di qualcuno.

Ma nonostante provassi a ricordare tutto il dolore che Kalvin mi ha procurato, nonostante provassi a trovare tutti i suoi difetti, non riuscivo a odiarlo del tutto, e forse il nostro non era neanche amore, anche se quando lo avevo conosciuto, non c'era cosa più vera di lui, di quel sentimento che io provavo per lui.

Prendo carta e penna, in qualche modo devo vomitare quelle parole che non fanno altro che incasinarmi la mente.

Ti sto pensando Kalvin, e sbaglio. Non ti dovrei più pensare, da me meriti solo indifferenza, però non ce la faccio, credimi ci provo ma non ci riesco, non voglio.
Ti ho insultato, ho cercato tutti i tuoi difetti, ho ricordato tutti i momenti in cui mi hai fatta stare male, ma nonostante questo io ti penso ancora.
Ho cercato di opprimerti, di sotterrarti nella terra più profonda, credevo di starci riuscendo, ma nulla, tu riesci sempre a riemergere.

Mi sento inerme, ferma, bloccata. Sono alla ricerca disperata di emozioni, voglio trovarle, devo trovarle se voglio sentirmi viva, così come mi facevi sentire tu fino a qualche tempo fa, fino a quando non è arrivato Federico.
Tu che solo guardandomi eri tutto, tu che solo accarezzandomi mi facevi sentire la persona più felice del mondo.

Ma che sto facendo?

Che cosa mi sta succedendo? Mi sento di non avere il controllo della mia vita, mi sento trascinata da qualcosa di esterno, non sono io ad avere le redini in mano.

Mi rimangio tutto.
Mi rimangio quando dicevo di odiare le farfalle nello stomaco, quando mi sentivo come una foglia al vento, come una nave in balia della tempesta, quando avevo paura di annegare in quel mare di emozioni.
Adesso mi ci tufferei io stessa in quel mare, fino a perdermi, fino a riempirmi i polmoni pieni d'acqua, così che le emozioni divengano il mio ossigeno, così che io possa di nuovo provare qualcosa, così che io possa vivere per le emozioni.

Mi passo le mani tra i capelli e respiro. Sono divisa a metà, sono divisa tra testa e cuore, di certo non posso cancellare quasi tre anni della mia vita così, di certo non posso dire che per me lui non è più niente, ma non posso tornarci, questo è certo.

E allora che si fa? Rimango qui, in stallo tra un amore che non mi merita, e un altro che ha già il suo amore.

***

Bussano alla porta.
«Mia, tesoro, sei sveglia..?»
Alzo la testa dalla scrivania, senza accorgermene mi ero addormentata di nuovo. A differenza di stamattina presto, il sole era già alto e l'aria era diventata più calda.

Bussano di nuovo.
«Mia..?»
Mio padre.

Mi accorgo di tener ancora in mano la penna per scrivere la lettera ormai incompleta a Kalvin, subito la accartoccio e la getto dentro il cestino.

Pazienza, non gliel'avrei mai consegnata e lui non l'avrebbe mai letta, sarebbero comunque rimaste solo parole scritte in un pezzo di carta.

«Sí papà, sono sveglia, puoi entrare..» mi affretto a dire.

Mancini apre la porta e si siede sul mio letto, così da essere di fronte a me.

«Come va..?» dice lui cautamente.
«Bene..»
«Bene» mi fa eco.
Poi poggia una mano sul ginocchio e poi continua.
«Allora, tra un paio di giorni dovrei partire per Coverciano, e non voglio lasciarti a casa da sola, magari stavo pensando che a te potesse fare piacere venire con me e rivedere i ragazzi, così anche per distrarti un po', che dici..?»

SPAZIO AUTRICE
BUONGIORNOOOO! Sono tornataaa! Scusate per il periodo di assenza ma in queste settimane non sono stata un granché. Ecco a voi il capitolo, come sempre mi auguro che vi piaccia, grazie mille per le stelline e le visualizzazioni, so che c'è lo ripeto sempre ma per me è molto importante! Noi ci vediamo al prossimo capitolo!💕

109 || Federico Chiesa ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora