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Ore 02:11. 11 Giugno 2021.
Questa era la schermata del mio blocco schermo.
Non riesco a dormire, la mia pelle è sudata, non c'è neanche un soffio di vento, le tende sono immobili. Sospiro. Inizio a guardare il soffitto e mi giro i pollici. Gli altri dormivano sereni.
Non sentivano caldo?
A quanto pare no.
Sbuffo di nuovo.
Mi alzo, prendo le ciabatte nell'armadio e ancora con il mio pigiama "improvvisato" esco dalla stanza.

Era così buio da non capire quasi dove stessi andando, ma avevo sceso quelle scale così tante volte in queste settimane che potevo farle anche ad occhi chiusi.

Questa volta non volevo andare alla solita panchina nel giardino dell'hotel, ma come mi ero ripromessa volevo esplorare un po' di più questo posto.

I suoni della natura mi facevano compagnia mentre girovagavo senza meta, solo i miei piedi sapevano dove stessi andando.
Percorsi una discesa alle spalle dell'albergo e poi continuai dritto, fin quando non notai delle mura bianche.
Mio padre mi aveva accennato di una piscina i miei primi giorni qui, ma non mi aveva detto che era al chiuso.

Amavo nuotare, soprattutto in piscina. Certo, non avrei mai potuto fare il bagno a quest'ora, e in più non indossavo neanche il costume, avevo solo un paio di pantaloncini e una maglia larga.
Mi avvicino di più per vedere meglio, e mi accorgo di una sagoma appoggiata al muro, stringo gli occhi per metterla a fuoco.
Non appena sente i miei passi si gira verso di me.
Federico.
Che cosa ci faceva qui a quest'ora?

«Ehi» lo salutai, appoggiando anche io le spalle al muro.
«Ehi» mi fece eco lui, e si rimise a guardare di fronte a sé.
Il suo viso era illuminato dall'acqua della piscina così come anche le pareti.
Non era rilassato, qualcosa non andava, aveva bisogno di dormire a quest'ora, non di stare qui. Tra meno di 24 ore avrebbe dovuto trovarsi su un campo contro la Turchia. Il riposo in questi giorni era fondamentale.

La maglia bianca aderiva perfettamente al suo corpo, le braccia erano lungo i fianchi con le mani nelle tasche della sua tuta grigia.
I capelli castani erano in disordine, come i miei. Non li avevo nemmeno pettinati, avevo cercato di renderli più presentabili con le mani, e sicuramente lui aveva fatto lo stesso.

«Che ci fai qui a quest'ora?» chiesi.
«Potrei farti la stessa domanda»
«Non, riuscivo a dormire..» Sorrisi.
«Nemmeno io.. Ho un po' d'ansia, per domani...» e poi con voce quasi assente continuò «Credo di non farcela..»
Mi girai subito verso di lui.
«Stai scherzando?! Ti ho visto agli allenamenti, sei uno dei più bravi in squadra!»
Quasi le gridai queste parole, la mia faccia era confusa e sconvolta, forse sembrava anche arrabbiata.

Federico ride, magari per il mio tono o per il mio volto.
È possibile che non si rendesse conto di quanto fosse bravo?
«Sono seria! Credi che non ne capisca di calcio?»
«Non ho detto questo... Però penso che tu dica queste cose solo per tirarmi su..»
In parte aveva ragione, non volevo vederlo così serio, quasi triste per la sua ansia.
Però pensavo davvero quello che avevo detto. Era uno dei più bravi. La squadra non sarebbe stata la stessa senza di lui, senza il suo sorriso e la sua positività che però di sera venivano meno.

Ogni mattina era sempre felice di allenarsi, era quello che correva di più, che sudava di più, che ci credeva di più, però adesso le sue paure lo avevano inghiottito.

«Se non avessi saputo giocare te l'avrei detto senza problemi» dico incrociando le braccia al petto.
A lui scappa un sorriso, e sorrido anche io.
«Diretta»
«Sempre» alzo la testa con fare orgoglioso.
«Anche un po' antipatica..» continua Federico sorridente.

Io, teatralemente, metto la mano sul cuore e trattengo il respiro.
Non lo ha detto davvero.
Non ci pensai due volte a scaraventarlo in piscina.
È stato anche semplice perché presi Federico alla sprovvista e subito perse l'equilibrio.

«Non ci posso credere, non l'hai fatto davvero..» dice lui passandosi le mani in faccia per togliere l'acqua.
«E invece si.»
«Okay, non sei antipatica, va bene?» si arrende alzando le mani.
«Puoi aiutarmi a uscire, adesso?» tende la mano.
Gli afferro il palmo, ma neanche il tempo di sbattere le ciglia che mi ritrovo in acqua.

«Stronzo!»
Lui non fa altro che ridere.
Odio la sua risata, è contagiosa, non riesco mai a trattenermi e a sembrare seria, e in più non riesco ad essere arrabbiata con lui per più di due minuti, perché quando ride il suo viso si illumina, i suoi occhi diventano quasi invisibili, e non posso fare a meno di ridere insieme a lui.

Tiro i miei i ciuffi all'indietro, togliendoli davanti agli occhi, i miei capelli si muovono liberi nell'acqua, mentre la mia maglia si gonfia.

Non c'era né caldo, né freddo, la temperatura era perfetta, sarei potuta rimanere lì tutta la notte.

Io e Federico eravamo sempre più vicini, la sua maglietta bianca era incollata al corpo rivelando le sue curve, goccioline d'acqua scendevano dai fili di capelli che gli erano andati in faccia, i suoi occhi guardavano i miei, poi il mio naso e infine le mie labbra.
Le sue erano leggermente curvate all'insù, il labbro inferiore era più carnoso rispetto quello superiore, erano così diverse da quelle di Kalvin.

A quel nome ritorno alla realtà.
Cosa stavo facendo?
Solo ora mi accorgo che le mie gambe avvolgevano la vita di Federico mentre le mie mani erano attorno al suo collo per aggrapparmi.
Lui invece con le mani mi sorreggeva le coscie.

Immediatamente sciolgo quel nodo che eravamo diventati e mi allontano.
«Scusa..» dico con sguardo basso e a bassa voce.
Federico rimane in silenzio, il suo viso e contratto, le labbra serrate e gli occhi sgranati, anche lui sembra essere tornato alla realtà.
Devo andarmene da qui.
Nuoto ancora, fino ad arrivare alla scaletta appesa al muro della piscina, esco dall'acqua e mi siedo sul bordo, immergendo solo un piede, e appoggiando la testa sull'altro ginocchio.

«Che hai..?» si avvicina e mi guarda in viso cercando i miei occhi.
Che ho?
Scuoto leggermente la testa «Niente ho solo un po' di freddo» mi alzo rivolgendogli un debole sorriso.

Faccio per andarmene «Aspetta, ti accompagno..»
Esce subito dall'acqua e ci dirigiamo in hotel, bagnati e anche un po' infreddoliti.
Durante i pochi minuti del ritorno nessuno ha detto nulla. Silenzio.
Eravamo seguiti solo dalla luna, lei che vede tutto, ma scompare quando noi entriamo in albergo.

Le nostre camere erano in fondo al buio corridoio, dove avevo intravisto un'ombra, ma che scompare un secondo dopo.
Non ero neanche sicura di averla vista realmente, forse l'avevo immaginata.

Davanti alla stanza 112 io e Federico ci auguriamo la buonanotte, anche se ormai erano le 3 di mattina.
Io poi cammino qualche secondo in più per poi aprire la porta 109.
Tutti stavano dormendo, io strizzo i capelli con un'asciugamano, mi cambio il pigiama e torno a dormire.

109 || Federico Chiesa ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora