20

1.1K 44 30
                                    

È tempo di ritornare in Italia.

Stamattina Kalvin mi ha accompagnato all'aeroporto, non ero pronta a lasciarlo di nuovo, ma per la prima volta ero quasi felice di salire sull'aereo e separarmi da lui, non so il perché...

Lo abbraccio, e lui poggia la testa sulla mia spalla, solleticandomi il collo con i capelli.
Gli dò un piccolo bacio sulle labbra e mi allontano, gli sorrido e lui pure, gli volto le spalle e salgo sull'aereo.

-

Casa.

Prendo la valigia ed esco fuori dall'edificio, ma mi fermo quando li vedo.

C'erano Ciro e Lorenzo ad aspettarmi, io mi sarei aspettata mio padre, non loro.
Mi fanno cenno con la mano ed io corro e li abbraccio come se non ci vedessimo da una vita intera, ma in fondo erano passati solo tre giorni.

Immobile guida, Insigne occupa il posto del passeggero mentre io mi sistemo nei sedili posteriori della macchina nera.

«In questi giorni Federico era un po' giù di morale...» dice Lorenzo scambiandosi un'occhiata con Ciro.
«Chi, Bernardeschi?» faccio finta di non capire..
«Spiritosa..» dice il moro fingendo una risata «Ovviamente stiamo parlando di Chiesa..» continua.
«Come mai?»
La discussione mi stava un po' scomoda, soprattutto dopo le parole di Lorenzo quella mattina in stanza, ma come sempre la mia curiosità ha la meglio, avrei potuto troncare il discorso, e invece no.
«Non lo so...» parla Ciro.
«Forse sarà ansioso per i gironi a eliminazione diretta...» cerco una soluzione.
«Se lo dici tu...» Insigne fa spallucce.

-

Finalmente arriviamo in hotel, come sempre gli altri si stanno allenando e ancora non avevano pranzato.

Mi avvicino a mio padre che era in piedi al centro del campo e lo abbraccio.

«Ciao tesoro, com'è andato il viaggio?» mi chiede lui ancora con le braccia intorno a me.
«Bene» mi scappa una risata, mi chiedeva sempre come avessi trascorso il viaggio, credo che fosse il suo modo di rassicurarsi, e quella frase, seppur liscia, banale, forse era il suo modo per dirmi che gli ero mancata, anche se eravamo stati separati per poco.
«Kalvin? Come sta?»
«Bene, davvero... L'Inghilterra ha un bel gioco...» dico riferendomi alla partita che avevo visto un paio di giorni fa.
«Si, è vero, ma noi non abbiamo paura di nessuno.» dice lui con tono fermo e orgoglioso.
Sorrido e alzo gli occhi al cielo, era sempre così ottimista...

Pranziamo tutti, io non avevo avuto il tempo di fare colazione, quindi stavo letteralmente morendo di fame.

Ci perdiamo tutti a parlare, sia del mio viaggio che degli inglesi che non ci accorgiamo essere già le quattro del pomeriggio.

Gli allenamenti inizieranno alle cinque, quindi sfruttiamo questa ora libera che ci rimane.

Nicolò e Berna passeggiano fuori, mentre Federico sale in stanza a riposare.

Io cogliendo questa occasione vado in camera, ed esco dalla valigia ancora intatta, la busta marrone con la boule de neige.

Busso alla porta 112.
«Avanti» dice Federico, io entro e lo trovo sdragliato sul letto, come al solito...

«Ehi» inizio io mentre mi siedo accanto a lui.
«Ehi, com'è andato il viaggio?» lui si mette a sedere, mi guarda e sorride.
«Bene, è stato bello, e poi ho avuto anche l'occasione di vedere giocare gli inglesi..» dico io con un sorrisino.
«Sono forti..?» mi domanda lui curioso.
«Un po', ma noi lo siamo di più» prendo come spunto le parole di mio padre.
«A proposito del viaggio... Ti ho portato una cosa..»
Gli porgo la busta, lui la prende in mano e sfila la pallina di vetro.
«È bellissima!» È contento, almeno credo.
Se la rigira nel palmo, la scuote per far cadere la neve, e il rosso della cabina telefonica, adesso è ricoperto di bianco.
«Ti piace..?» chiedo timidamente, sperando ancora in una sua risposta positiva.
«Certo!» ed ecco che è arrivata.
«Mi avevi detto che le collezionavi, quindi, appena l'ho vista ti ho pensato subito...»
Lui sorride e mi abbraccia, mi accarezza la schiena ed io i suoi capelli.
Non dice nulla, ma quando si stacca si ferma a guardarmi e abbassa lo sguardo sul mio collo.

109 || Federico Chiesa ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora