Cap.1 Sconosciuti

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JASON

«La prossima!»

Il mio tono di voce seccato fa emergere quanta voglia io abbia di tenere questi colloqui.

È lavoro, devo farlo.

È questo quello che mi ripeto da circa due ore. Più che lavoro, sembra quasi una tortura divina.

Allento il nodo della cravatta e accolgo la candidata numero... ho perso il conto.

Mi sorride timidamente, porge il suo curriculum e noto che le sue mani sono molto sudate. Si accomoda e non fa altro che fissarmi in modo alquanto fastidioso.

Tossisco mentre fingo di leggere ciò che sta scritto su questo maledetto foglio di carta.

«Signorina, il suo curriculum è davvero sorprendente. Una laurea con il massimo dei voti, varie esperienze nel settore di marketing. Mi chiedo come mai lei stia facendo domanda per un posto da segretaria».

La ragazza della quale non ricordo il nome nonostante lo abbia letto due secondi fa, non sa cosa rispondere. Abbassa lo sguardo e il rossore sul suo viso scompare improvvisamente, lasciando spazio a un pallore che non le rende giustizia.

Ha un viso delicato, i lineamenti sembrano quelli di una bambola. Labbra carnose, occhi color nocciola e capelli castani. I suoi lineamenti mi ricordano le donne orientali ma in realtà è italiana. O almeno questo è quello che emerge dal luogo di nascita riportato sul curriculum stesso.

«Allora? Le hanno mangiato la lingua?», la incalzo.

Il mio cinismo smuove l'animo della ragazza che alza lo sguardo e inizia a fissarmi prepotentemente. Deglutisce e prende fiato, lentamente. Le sue labbra si schiudono in un modo quasi meccanico e le sue guance tornano a essere colorite.

«Ho bisogno di questa occupazione. Conosco quest'azienda da anni, conosco lei e sono sicura che riuscirei a fare un ottimo lavoro».

Tossisco.

«Crede davvero di conoscermi?», dico, alzandomi dalla sedia e raggiungendola dall'altra parte della scrivania.

La ragazza continua a fissarmi, anche se la mia vicinanza la rende irrequieta. Cambia più volte posizione sulla sedia, facendo trasparire così tutto l'imbarazzo dovuto a quest'improvvisa vicinanza.

«Credo di sì, la conoscono tutti. Rilascia un'infinità di interviste ogni anno», ribatte cinica.

Scoppio a ridere improvvisamente, interrompendola.

«Crede davvero che un paio di interviste possano definire una persona? Non ha mai pensato che spesso, le interviste, sono frutto di risposte studiate a tavolino e concordate di proposito?»

Schiarisce la voce e inizia a guardarsi intorno, quasi come se volesse fuggire da quella realtà che non immaginava. Il duro mondo degli affari. Una verità scomoda anziché una bugia accomodante.

Mi avvicino a lei ulteriormente. La guardo dritto negli occhi e noto un velo di paura misto a eccitazione. Credo di averla colpita abbastanza.

«Mi sta dicendo quindi che lei è un gran bugiardo?», i suoi occhi brillano e noto in essi un pizzico di furbizia.

Come può parlarmi così?

Sostiene il mio sguardo, sorridendo maliziosamente.

Istintivamente, mordo il mio labbro inferiore. Non sopporto quando qualcuno mette in dubbio la mia persona. A farlo, adesso, è una sconosciuta che ambisce al posto di segretaria.

«No, credo che lei non sia realmente interessata a questo posto, signorina. Cerchi pure altrove».

In un secondo, ho distrutto tutte le aspettative e le speranze di questa coraggiosa ragazza. Ha avuto fegato ma non è bastato, anzi. Ha decisamente fatto un buco nell'acqua.

Torno dietro la scrivania e mi accomodo sulla mia amata poltrona di pelle. Probabilmente così facendo ho confermato i suoi dubbi ma poco importa. Non tollero che qualcuno mi manchi di rispetto.

«Che stronzo!»

Come un fiume in piena, la ragazza si alza ed esce furiosamente dal mio ufficio. Non ho diritto di replica, non questa volta.

Sorrido divertito mentre assisto a questo breve, seppur intenso, spettacolo. Nessuno aveva osato mai dirmelo prima d'ora, non in una circostanza simile. Me lo merito, forse.

Sorseggio il caffè mentre continuo a studiare il curriculum di questa 'simpatica' aspirante segretaria. Mi ha dato dello stronzo e lo ha fatto in modo naturale. Quasi come se il suo pensiero fosse sempre stato quello. Mi chiedo se non sia quella l'immagine che traspare dalle mie interviste. Le sue parole mi hanno turbato ma cerco di non lasciarmi coinvolgere troppo. In fondo, è solo una sconosciuta.

Improvvisamente, noto qualcosa sulla scrivania. Qualcosa che non mi appartiene.

Mi alzo ed esco dall'ufficio frettolosamente. Devo raggiungerla e restituirle ciò che ha lasciato prima che lei esca dall'azienda. Corro giù per le scale e raggiungo la hall ma ormai è troppo tardi, di lei non c'è nessuna traccia.

Recupero il fiato perso a causa della corsa appena fatta e porto le mani sui miei fianchi.

Devo assolutamente trovarla.


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