Immagina Finn Wolfhard 🏫🎸

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⚠️Warning: questo capitolo è un immagina personalizzato su richiesta di NatalyVargas525. Spero che sia di tuo e vostro gradimento e buona lettura a tutti!!⚠️

Nataly's pov:
Non possiamo scegliere quando, come e con chi debba avvenire. Si dice che l'amore sia qualcosa di astratto, ma io non sono poi così d'accordo. Pensateci: lo si può vedere (tra due persone, non può essere che evidente); lo senti (nelle orecchie sotto forma di musica; nell'aria lo puoi quasi toccare per quanto le sue onde siano forti; senza contare quello che avviene dentro di te), lo puoi gustare (e dove se non sulle rosee labbra tanto desiderate?) e puoi persino sentirne l'odore (nella sua felpa, che stai stringendo un attimo prima di addormentarti, sperando di trovare quell'odore al risveglio). Non stiamo cercando l'amore, perché è l'amore a scegliere noi, al momento giusto. 
Si dice che le migliori considerazioni siano il frutto della solitudine e della noia.
E infatti, giungo a queste conclusioni tamburellando con le dita la superficie piana del banco, mentre sposto lo sguardo dalla finestra, dopo aver ammirato lungamente come confluiscano tra di loro le gocce di pioggia sul vetro, al posto vuoto accanto al mio. Sospiro.
Non mi lamento certo di non avere un compagno di banco, anzi. A me piace stare da sola. In verità mi piacciono anche i miei compagni di classe ma, a quanto pare, nessuno di loro è poi così simpatico da meritare il posto accanto al mio. 
Sto per appoggiare la testa in mano, non appena l'entrata del professore in aula attira la mia attenzione. Non è tanto la sua presenza ad incuriosirmi, bensì le sue parole.
Prof: "Un attimo di attenzione, ragazzi". batte una mano sulla cattedra per farsi ascoltare e ottenere quanto richiesto.
Prof: "Prima di cominciare la nostra solita lezione, è mio dovere annunciarvi che quest'anno avrete un nuovo compagno di classe: si è appena trasferito dal Canada e dovrebbe essere qui a momenti: il resto, lascerò che sia lui a raccontarvelo". conclude, osservando il quadrante dell'orologio per assicurarsi che non stia facendo troppo tardi.
Ecco, questa svolta non me la aspettavo. Ora sono curiosa, quasi impaziente di fare la sua conoscenza.
Ovviamente, i miei compagni non la pensano come me, come testimoniano i numerosi bisbigli che attraversano l'aula: "Evviva! Ci mancava solo il nuovo arrivato...". "Adesso vedremo che razza di sfigato è...". "Dal Canada? Ha portato abbastanza sciarpe e cappotti con sé?".
Non li sopporto quando fanno così. Come se loro fossero migliori...
Appena un minuto dopo, qualcuno bussa alla porta. Dopo il caldo invito da parte del prof ad entrare, la porta si apre, rivelando i tratti del ragazzo misterioso che sta avanzando. 
Ne rimango stregata. È un ragazzo alto, slanciato, magro, dalla camminata sicura e virile e capelli corvini ricci. Camminando, comincia a guardarsi intorno scrutando le singole facce, fino a quando il suo sguardo non incontra il mio. 
Oh mio Dio!! Mi sento mancare! I suoi occhi, quei maledetti occhi neri mi incantano, mi tengono paralizzata, non mi fanno respirare. Non riesco a sostenere lo sguardo, ma non sono nemmeno capace di distoglierlo o meglio, non voglio. Involontariamente arrossisco. Non so che fare: mi viene da pensare che forse dovrei agitare la mano per salutarlo, ma nemmeno lo conosco. Anche lui, d'altra parte, rimane come pietrificato, fossilizzato su di me. Socchiude la bocca, come se mi avesse riconosciuta tra tanti, come se fosse stupito di vedermi. Rimaniamo in quest'oblio per un tempo indefinito: potrebbero essere passati anni o due secondi, non lo so. Per me il tempo si è fermato di fronte al suo sguardo.
A risvegliarci da questo "limbo" è il professore il quale, gentilmente, invita il ragazzo a presentarsi liberamente.
Finn: "Oh si, giusto"- scuote la testa, come se volesse allontanare qualcosa da sé.
Finn: "Buongiorno a tutti, io mi chiamo Finn Wolfhard, mi sono appena trasferito da Vancouver, ho 18 anni, suono la chitarra come hobby e, in genere, mi piace starmene per i fatti miei, con qualche rara eccezione. Detto questo, spero che andremo d'accordo".- conclude, leggermente impacciato.
Prof: "Bene ragazzo, ho un posto per te in seconda fila, vicino a quella ragazza".- dice il prof indicandomi.
Vantaggio o svantaggio? Me lo ritrovo accanto ancor prima che io potessi trovare una risposta.
La lezione ha inizio. Cerco di concentrarmi su di essa, ma ogni tentativo risulta essere vano. 
Sento i suoi occhi su di me. Per assicurarmi che sia vero, ne approfitto per prendere un evidenziatore dall'astuccio, guardandolo per una frazione di secondo. Non è una paranoia: mi sta davvero fissando direttamente, senza celarsi. È uno sguardo acuto, intenso, scrutatore, indagatore...un misto tra voglia di mangiarmi di baci o leggermi l'anima. 
Ho caldo: il fuoco della passione, nato nel petto, si irradia velocemente in tutto il corpo. Mi tolgo esasperata la giacca, senza dar segno della mia piacevolissima soggezione. 
Continua a fissarmi: a quest'ora dovrebbe star esplorando già i meandri più nascosti e reconditi del mio subconscio.
Ma anche io, non da meno, comincio a guardarlo con la coda dell'occhio: sposto una ciocca per non farmi notare e inclino leggermente la testa. 
Ciò che vedo non mi piace...lo adoro, lo amo, lo venero! Le mie labbra sono attratte dalle sue allo stesso modo in cui l'ago di una bussola è attratto dal nord. Sento che potrei saltargli in braccio da un momento all'altro, come se stessi per affondare e lui fosse la mia unica ancora di salvezza, l'unica che io desideri. 
Oh no! E se lui stesse leggendo anche i miei pensieri? Imbarazzata e distratta, faccio inavvertitamente cadere una penna per terra. Mi abbasso per raccoglierla...e non sono mica l'unica. Per terra, la mano di Finn si sovrappone alla mia che, non troppo in fretta, ritiro. Ci guardiamo negli occhi come se, dall'inizio dell'ora, non avessimo fatto altro. Quando ci rialziamo, Finn non mi porge la penna, ma la tiene per sé, prendendo un foglietto di carta e scrivendoci sopra. 
Dopo non molto, me lo passa sul banco...
Finn: "Pour mon amour. Come ti chiami?"
Gli sorrido senza vergognarmi di farmi vedere rossa in viso. Ancora ridendo, prendo un'altra penna e gli rispondo:
Nataly: "Piacere, io sono Nataly".
Finn: "Che bel nome: mi ricorda il Natale. Scherzi a parte, mi ricorda che tu sei il regalo più bello che io possa mai ricevere".
Leggo e, dall'imbarazzo, mi ravvio una ciocca di capelli dietro l'orecchio, non sapendo cosa rispondere. Quando sto per posare la penna sul foglietto, lui me lo sottrae scarabocchiando qualcosa. 
Finn: "Sei libera uno di questi giorni?".
Panico! Non so cosa rispondere. Grazie a Dio suona la campanella, motivo per il quale mi alzo di scatto, congedandolo con qualche parola cortese e correndo fuori dall'aula. 
Nel caos dei corridoi, esco indisturbata dalla porta di emergenza che affaccia sul cortile. Mi appoggio alla parete. Vorrei urlare, buttarmi per terra, strapparmi i capelli dall'euforia!! Ancora non mi sembra vero: sono convinta che sia tutto un sogno e che non stia succedendo davvero a  me. Rientro nell'edificio, recandomi in mensa. 
Una volta arrivata, prendo il mio vassoio e mi guardo intorno alla ricerca di un paio di occhi neri. Ma lui non si fa vedere...si fa sentire!
Mi sento picchiettare sulla spalla, mi volto e lo vedo.
Finn: "Guarda chi si rivede!"
Nataly: "Ciao. Ti stavo cercando!"- esclamo.
Finn: "Sentivi già la mia mancanza?".- domanda, inarcando un sopracciglio.
Nataly: "In realtà mi volevo scusare per come ci siamo lasciati poco fa..."- rimedio.
Finn: "Ti va di sederti al mio tavolo? Mangiamo insieme e ne approfitto per parlarti di una questione delicata".
Nataly: "Nessun problema, a meno che tu non voglia usare ancora una volta i bigliettini!!"- questa volta sono io a farlo ridere.
Dopo aver consumato il pasto, con un tono e una voce misti tra serio e seduzione, inizia a parlare di quella questione cui mi accennava poco fa.
Finn: "Il problema è questo: sono un po' indietro con il programma di latino. Mi chiedevo...e mi chiedo tuttora...sarebbe possibile vederci due o tre volte per studiare insieme?".
Non ci penso due volte a rispondere subito.
Nataly: "Assolutamente si. Dimmi quando vorresti cominciare ed io...".
Finn: "Andrebbe bene anche questo pomeriggio dopo la scuola?".
Nataly: "Si certo, perché no?".
Finn: "Allora perfetto!! Grazie mille, davvero. Ma sei sicura che io non ti causi disturbo o cose del genere?".
Nataly: "Non dirlo nemmeno per scherzo: per me è un piacere".
Finn: "Ok, allora ti aspetto all'uscita così andiamo insieme a casa mia".
Nataly: "Va bene. A dopo".- lo saluto, alzandomi dal tavolo e prendendo le mie cose per cominciare ad avviarmi verso l'aula dove si terrà il mio prossimo corso. E chi ha mai detto che la scuola sia un Inferno? Dopotutto, le migliori amicizie, pettegolezzi, litigate e ansie nascono fra i suoi banchi. Ma anche l'amore non scherza. È inutile stare a cercarlo. Ti viene a trovare lui dove non te lo saresti mai aspettato!
Quel pomeriggio, dopo scuola: 
Finn: "Vieni, ti faccio strada"- mi invita a seguirlo. 
Per la strada abbiamo modo di conoscerci meglio, di capire cosa piace o non piace all'altro, che tipo di film, libri o musica si preferiscono ecc... Insomma, abbiamo cominciato a parlare del presente per ritrovarci a discutere delle cose che si facevano da bambini, cose che alla nostra mente appaiono sfocate o addirittura impossibili da ricordare. Abbiamo così tante cose in comune. Sembriamo due fratelli separati alla nascita. Mi sembra di conoscerlo da una vita, perché in un secondo mi ha ridato la vita. Ho aspettato questo momento da una vita perché un momento è durato una vita! Quante risate, quanti momenti di riflessione, quanti scherzi, quanti silenzi in dieci minuti di cammino! La strada sembra non finire più, e certe volte mi auguro che sia veramente così. A volte penso che sarebbe stato meglio percorrere la strada senza sapere dove ci avrebbe portati. 
Come ho già accennato, in meno di dieci minuti arriviamo di fronte casa sua.
Nataly: "Questa è la tua casa?"- chiedo stupita.
Finn: "Direi proprio di si"- conferma Finn guardandola anche lui a sua volta, come per esserne maggiormente certo.
Nataly: "È talmente buffo: passo qui davanti praticamente tutti i giorni e non ci siamo mai incrociati. Ed eccoci ora: stessa scuola, stesso corso".- concludo, senza appesantire troppo il discorso con massime filosofiche.
Finn: "Entriamo?".
Annuisco immediatamente, continuando a seguirlo.
Wow! È un posto incredibile! La casa trasmette calore, conforto, ospitalità. 
Ci sono pacchi imballati sparsi un po' ovunque e la maggior parte degli arredi è ancora ricoperta di teli, ma non ci faccio caso.
Finn: "Scusa per il disordine: so che forse non te l'aspettavi ancora in questo stato...".
Nataly: "Non guardare le cose con gli occhi: guardale con l'occhio della mente. L'immaginazione e i sogni sono più veri di qualsiasi realtà".- dico, per poi tornare a guardare intorno a me.
Finn: "Ma tu da dove vieni?".- domanda lui, guardandomi con occhio estatico.
Nataly: "In che senso?"- domando confusa. 
Finn: "Sei arte, sei poesia".
Arrossisco, per poi balbettare due o tre parole messe in croce che avrei voluto dire meglio.
Nataly: "Se io sono poesia, tu sei il mio poeta!".
Segue un momento di pausa, in cui entrambi non sappiamo cosa fare a parte arrossire e rimaniamo impalati nell'atrio d'ingresso.
Poco dopo, Finn si sblocca.
Finn: "Ti va di accomodarci in camera mia?".
Anche stavolta annuisco, d'accordo con lui sul fatto che forse sia il posto più adatto per studiare.
Mi fa strada su per le scale e per un piccolo tratto di corridoio, fin dentro la sua stanza. 
Anche qui, mi soffermo di tanto in tanto per guardarmi intorno. 
La prima cosa che noto è un insieme di fotografie appese alla parete: in ognuna di esse, lui vi è ritratto insieme ad altri tre ragazzi e, alcune, sembrano essere state scattate durante un concerto.
Nataly: "Finn... Tu sei famoso??!"- esclamo incredula.
Finn segue il mio sguardo e avvicinandomisi mi spiega...
Finn: "Famoso è un parolone: suonavo in una band a Vancouver e di tanto in tanto ci invitavano a suonare in qualche locale o in qualche posto alla moda".
Nataly: "Però: piacevi a molti a quanto vedo".
Finn: "Non importa piacere a tutti, importa piacere a pochi anzi...io direi che basta e avanza piacere ad una persona"- commenta questa celebre frase, facendomi l'occhiolino.
Intanto prepara un paio di sedie alla scrivania e, dopo essersi seduto, mi invita a fare altrettanto al suo fianco.
Inizio a sfogliare il libro di latino mentre lui comincia a parlarmi delle cose che vorrebbe ripetere insieme a me.
Nataly: "Tranquillo, nessun problema. Non sono molte e non sono molto difficili: se studieremo assiduamente, come mi auguro, in un paio di giorni, tre al massimo, dovremmo riuscire a colmare tutti i tuoi vuoti".
Finn: "E tu? Riuscirai a colmare il vuoto dentro di me?".- domanda, guardandomi con sguardo sexy, da vero seduttore. È inutile insistere: è più forte di me, non so resistergli. Quindi, per non cedere alla tentazione, impongo ad entrambi un limite:
Nataly: "Prima regola: nessun tentativo di plagio durante le ore di studio!"- enuncio, con tono solenne.
Credo abbia fatto più male a me: questo è senza ombra di dubbio il sacrificio più grande che abbia dovuto sopportare. 
Un solo pensiero mi da conforto: se le cose procederanno bene, diventeremo più intimi e ci frequenteremo anche al di fuori della scuola. Allora si che tutto sarà concesso!!
Nataly: "Cominciamo col ripetere le declinazioni. Prima declinazione: rosa, rosae. Vai!".
Finn: "Ma una rosa qualsiasi, o una rosa come te?".
(Beep beep Finn): (libero commento dell'autrice).
Nataly: "Complimenti, hai appena infranto la prima regola!!"- commento, a mia volta sarcastica.
A parte ciò, le ripetizioni hanno inizio e si svolgono (ovviamente, nei limiti di Finn) abbastanza normalmente.
Dopo tre ore abbondanti e ininterrotte, decidiamo di comune accordo di staccare e di riprendere il giorno seguente.
Nataly: "Ok, ora devo proprio andare".
Finn: "Vieni, ti accompagno".
Nataly: "Oh no, grazie. Conosco la strada".
Raccolgo il mio zaino, lo saluto ed esco dalla stanza.
Varcata la soglia di quella casa, inizio a guardare il mondo con occhi diversi. Quando sono da sola, tutto ciò che vedo di fronte a me è grigio, scuro, minaccioso, in rovina, ad un passo dalla morte. Quando sto con Finn, invece, è tutto diverso. Lui sa come colorare il mio mondo: è come se camminassi su un tappeto di fiori, in un giardino fiorato, in un mondo in cui il tempo non esiste o, per lo meno, non ha nessun effetto sulle cose intorno a noi. 
Rimango esitante sulla soglia di casa. 
So quello che mi aspetta dopo, e me ne duole.
So quello che ho appena lasciato, e me ne duole ancora di più.
Il giorno dopo, quasi al termine delle ripetizioni:
Finn si impegna così tanto: accumula progressi su progressi. Si vede che la materia in questione gli stia piacendo...o forse gli piace che sia io a sostenerlo. Ecco, questo pensiero lascia più ampio spazio ai miei film mentali. Oramai il mio ruolo sembrerebbe essere diventato marginale: io resto a guardare mentre lui traduce, cerca sul vocabolario, scrive ecc... I suoi errori sono superficiali o quasi del tutto assenti. 
Anche oggi rimaniamo incollati ai libri per quasi tre ore consecutive, al termine delle quali, posiamo la penna sulla scrivania, appoggiamo la schiena allo schienale della sedia e tiriamo un lungo sospiro di sollievo.
Nataly: "Ok, anche oggi devo andare. Ci vediamo domani alla stessa ora".- dico, alzandomi e facendo per andarmene.
Finn: "Oh si, vedi, a proposito di questo...domani sarà l'ultima volta che ci incontreremo per le ripetizioni. Sai, alla versione di oggi ho preso quasi 9, quindi...".- non ha il coraggio di terminare la frase. 
Nataly: "Quindi... mi stai dicendo che non hai più bisogno di me, vero?".
Esita. È come se avesse risposto. Anzi no, è peggio.
Finn: "Assolutamente no, io avrò sempre bisogno di te...solo non più per latino. Ma possiamo sempre vederci per qualche altro motivo. Dopotutto frequentiamo lo stesso corso e siamo anche compagni di banco quindi...".
Nataly: "Va bene, ho capito. Sarà difficile: mi ero abituata a questo nostro piccolo spazio".
Finn: "Anche io!".
Tacciamo per un lungo periodo. Non è mai facile dirsi degli "arrivederci" che suonano più come degli "addio"!!
Nataly: "Comunque, come ho già detto ora devo andare".- ripeto, indicando la porta.
Mi avvio verso di essa, in procinto di scendere le scale, consapevole di essere ancora guardata da lui. Con un coraggio inaspettato, mi volto di scatto, lo raggiungo e lo bacio sulla guancia, un bacio che significa: "Ho bisogno di te!! Non lasciarmi andar via!!". 
Dopo aver fatto in modo che il bacio fosse accompagnato da una lacrima versata da me e finita sulla sua guancia, con la stessa velocità con cui mi sono avvicinata, me ne vado.
Sapevo che, prima o poi, quel momento sarebbe arrivato. Ma non avrei mai voluto che succedesse così presto!!
Il giorno dopo, ultimo giorno di ripetizioni:
Busso alla porta di casa Wolfhard, aspettandomi di veder comparire da un momento all'altro Finn. E invece, niente. Busso un'altra volta, più forte di prima. Sento dei passi, provenire dall'interno, avvicinarsi. Mi sistemo i capelli. Ma, ad aprire la porta, è la madre di Finn.
Nataly: "Buongiorno signora, Finn è in casa?"
Mary: "Ciao, tu devi essere la ragazza delle ripetizioni, non è vero?".
Nataly: "Si, sono io".
Mary: "Prego, accomodati pure: ti ho riconosciuta subito. Finn parla in continuazione di te, tanto che suo fratello lo prende in giro!!".- esclama ridendo.
Da quando ho appreso che Finn parla di me in famiglia, le mie orecchie si sono chiuse, rifiutandosi di sentire altro. Avrei voluto saperne di più, come per esempio cosa dice e come lo dice, ma non vorrei sembrare troppo invadente.
Mary: "Finn è nella sua stanza: sta scrivendo una nuova canzone e dice che sta cercando "il giusto accordo", come puoi ben sentire".
Ora che ci faccio caso, sento una musica attraversare la casa. In realtà l'avevo sentita anche prima, ma non pensavo fosse lui con la sua chitarra.
Mary: "Se ti va puoi raggiungerlo: mi ha detto di avvisarlo quando tu fossi arrivata...".
Nataly: "Stia tranquilla, non gli darò fastidio: aspetterò che si fermi un attimo e busserò alla porta per annunciarmi".- la tranquillizzo, iniziando a salire le scale. 
Cammino piano, con passo felpato, fino ad affacciarmi sul corridoio superiore. La porta della camera è aperta, tanto che riesco a distinguere chiaramente le parole. Mi avvicino con cautela, senza farmene avvedere... È seduto sul letto, ma girato di spalle, guardando fuori dalla finestra.
È come se stesse recitando una poesia, ma al ritmo di una chitarra.
Finn: "Siamo due anime perdute dello stesso mondo, in due universi diversi, in due tempi diversi. Io, figlio della strada, faccia da scemo, cuore ribelle. Tu, oh Nataly, figlia della luce, faccia d'angelo, cuore di sirena. Sogno, ti vedo, mi guardi. Mi sveglio, ti vedo, mi guardi. Ma i tuoi occhi incantatori di ghiaccio ingannano. Dimmi perché, oh mia piccola Nataly, se allungo la mano per toccarti, tu sparisci in una nuvola di fumo. Oh si, voglio sparire con te, affogare con te, addormentarmi in eterno con te per aprire gli occhi e ritrovarti nella bianca luce del Paradiso, a braccia aperte. Promettimi che lì, a casa tua, non sparirai! Oh Nataly, sei un fantasma? Oh Nataly, sei tornata dal passato. Oh Nataly, sei una strega? Oh Nataly, ho bevuto una pozione d'amore. Oh Nataly, sei un vampiro? Oh Nataly, mi hai succhiato l'anima. Il sole e le altre stelle ti ammirano invidiosi elevarti più in alto del cielo. Portami con te, stanotte. Oh si, voglio sparire con te, affogare con te, addormentarmi in eterno con te per aprire gli occhi e ritrovarti nella bianca luce del Paradiso, a braccia aperte. Andiamo ad abitare in fondo all'oceano. Andiamo ad abitare in cima all'Everest. Tu continuerai a vivere da regina: io sarò elevato da schiavo a schiavo d'amore. Oh si, voglio sparire con te, affogare con te, addormentarmi in eterno con te per aprire gli occhi e ritrovarti nella bianca luce del Paradiso, a braccia aperte." Si ferma, posando la chitarra.
Applaudo rumorosamente, non sapendo parlare per il nodo che mi opprime la gola, dando segno della mia presenza. Voglio che veda le mie lacrime e il mio sorriso come effetti della sua opera. Si volta di scatto e, non appena mi vede, sbianca.
Finn: "Nataly... Sei qui? Io non pensavo... Che te ne pare? In realtà è ancora da aggiustare qua e là. In verità questa volevo dedicartela stanotte, col buio, sotto casa tua, mentre il resto del mondo dorme. So che non vuoi che io ci provi con te mentre si studia, per cui...".
Mi porto un dito alla bocca, intimandogli di stare zitto.
Chiudo la porta alle mie spalle.
Nataly: "Leggimi dai miei occhi ciò che voglio e dammelo subito!!"- ordino, quasi pregando.
Lui si alza dal letto, prende la rincorsa e si butta a capofitto sulle mie labbra, poggiandomi una  mano sulla guancia e stringendomi per un fianco con l'altra. 
Con il mio corpo, lo spingo a sedere sul letto, mettendomi a cavalcioni su di lui. Ora sono io a dominarlo. Le nostre lingue si assaporano con la stessa frenesia con cui si rincorre l'irraggiungibile. 
Finn: "Ti amo".- mi sussurra nell'orecchio, per poi mordermi il lobo. Gemo di piacere.
Nataly: "Tu non sai per quanto io ti abbia aspettato".- rispondo, facendogli tanti piccoli succhiotti sparsi per il collo e la clavicola. 
Finiamo per sdraiarci entrambi, togliendo pian piano i vestiti l'uno all'altra. Ciò che sta per succedere o che sta già succedendo, sarà fonte di ispirazione per la prossima canzone di Finn.

Spazio autrice: Cara Nataly, spero vivamente che la canzone di Finn o meglio, la poesia cantata, ti piaccia, poiché è da tanto che non pubblico poesie e, infatti, dovrei  anche ricominciare. Detto ciò, non posso fare altro se non salutarvi calorosamente, augurandomi che questo capitolo vi sia piaciuto. Prossimo immagina? Sophia Lillis, a grande richiesta. Baci baci palloncini rossi miei!!😘😘
By Giulia 💎🌈👑

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