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TW: Abuso/Assunzione di medicinale non prescritto

CAPITOLO TRENTANOVE
«Non sentirti in colpa per avermi colpito»

"R-Renjun-" la voce della ragazza si ruppe. Era terrorizzata, immobile, incapace di spingerlo indietro verso di lei. Che cosa doveva fare? Doveva sicuramente chiamare aiuto, ma non riusciva a muoversi. Era paralizzata.

"Non posso buttarmi se tu sei là, pronta a riprendermi, vattene" la minore capì che Renjun non era ancora convinto di ciò che voleva fare. La sua voce era pacata, quasi come se non fosse seduto su una ringhiera di ferro con i piedi che ciondolavano nel vuoto.

Sotto di lui la strada principale della capitale trafficata da alcune vetture. Si trovavano ad un piano piuttosto elevato, perciò l'altezza era molta e, anche per una persona alla quale l'altezza non spaventava affatto, quella era troppa. Perfino Miso aveva il mal di stomaco tutte le volte che lanciava un'occhiata fuggiasca al vuoto sottostante.

Renjun non era sicuramente in lui. Doveva aver preso qualche medicina di troppo e la cosa spaventò ancora di più la ragazza. In uno stato di incoscienza il cinese non ci avrebbe pensato due volte a farsi fuori.

Facendo un sospiro, Miso si voltò verso l'interno della stanza ed analizzò rapidamente il pavimento, notando per prima cosa il cupcacke che macchiava il parquet. Poi intravide un contenitore di plastica arancione trasparente dalla forma circolare ed il tappo assente.

Pregando che Renjun non si buttasse proprio in quel momento, la bassina si avvicinò per prendere quel contenitore, sollevandolo e scrutandolo, trovandolo completamente vuoto. Lesse ciò che l'amico aveva ingerito. Un sospiro tremolante mosse le sue labbra. Tratteneva quanto poteva altre lacrime. Valium.

Con l'oggetto leggero fra le mani, Miso tornò sul balcone. "Quante ne hai prese, Renjun?" domandò sperando di distrarlo in una conversazione. Più parlava, meno rischio c'era che potesse avere un'overdose da farmaco. Ma Miso doveva sapere la dose assunta.

"Non ti riguarda" la ragazza si aspettava una risposta corta e coincisa, quindi non si scoraggiò. L'importante era che parlasse. Se ancora riusciva a reggersi alla ringhiera, mantenendo l'equilibrio, allora Renjun non sarebbe morto. Non per i farmaci per lo meno.

"Tu non soffri di ansia o attacchi di panico, un farmacista non ti avrebbe mai dato medicine così forti senza la richiesta di un medico, quindi a chi le hai prese, Huang?"

Lui ridacchiò. Era una risata amara, debole. Non era Renjun quello e Miso non sapeva se sarebbe mai tornato come prima. Sperava solo di farlo scendere da quella ringhiera e portarlo in salvo. "Non sarà un po' di diazepam ad uccidermi, rilassati"

"Renjun-" il ringhio protettivo della ragazza non piacque al cinese, tanto che alzò la voce. "Vedo che sai molto a riguardo di medicinali per l'ansia, Miso. A chi credi che li abbia presi se non a te?!" gridò.

Lei si fece improvvisamente piccola. Teneva le rimanenze di quelle pillole nella sua borsa, il cinese doveva aver frugato. "Credi che sarei qua sopra ad una ringhiera con una fottuta tenda legata attorno al collo se avessi ingoiato trentadue pillole?!"

"Quante ne hai prese, Huang? Ricordo che non era pieno perché ho smesso subito dopo aver saputo di essere rimasta incinta, quindi-"

"Due, dannazione! Erano solo due cazzo di pillole!" gridò, facendola sobbalzare. "Lasciami morire adesso!"

"Lo sai che non posso farlo, Renjun-"

"E' tutta colpa tua Miso, solo tua!" gridò improvvisamente. "Se tu non fossi venuta in Corea, niente di tutto questo sarebbe accaduto! Prima mi porti via Jisung e quando riesco ad essere felice con Jeno e Jaemin, il tuo schifosissimo fidanzato tailandese mi minaccia con un video!"

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