29. Il ritratto perfetto dell'imperfezione

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HARRY's POV

Gemma mi aveva lasciato solo ma, per mio malgrado o fortuna sapevo che la sua assenza non sarebbe durata a lungo. La volevo ancora lontana da me, ma era sempre stata testarda e dovevo trovare qualcosa di più convincente di un 'lasciami solo' o di un broncio.

"Buongiorno" la porta si aprì rivelando Zayn.

"Allora non sei ancora partito per la luna di miele?" Non potendo uscire dall'ospedale anzi, dalla mia stanza praticamente, era da prima del coma che non vedevo il ragazzo, lui di solito si occupava della pediatria.

"Non mi sarei mai sognato di sposarmi senza il mio traduttore automatico" Disse smorzando una risata.

"Scusa se non ti siamo venuti a trovare da quando sei sveglio..." Tornò serio e si guardò imbarazzato la punta delle scarpe.

"Guarda che ti ho sentito il paio di volte che tu e Fede siete venuti mentre ero in coma, mi ha fatto piacere" Non avevo legato chissà quanto con loro due, li vedevo più come amici del mio ragazzo, ma non mi dispiaceva averli intorno.

"Si ecco, siamo stati occupati"

"Zayn ti ho detto che non ci sono problemi, se Louis te l'ha fatto credere si è sbagliato" Louis, mi sentivo male per come trattavo le persone a cui tenevo, soprattutto da quando Des aveva fatto riaffiorare ogni mia incertezza.

"Lo conosci proprio" Forse questo vantaggio lo potevo vantare nel presente, ma del passato, cosa sapevo io del passato di Louis Tomlinson? Niente, assolutamente niente.

"Non come te" E una punta di gelosia s'impossessò della mia testa per un momento. Non ero geloso di Zayn in se, ma di come lui potesse conoscere a fondo il mio ragazzo.

"Fidati, non ti ci vorrà molto tempo ancora." Disse procedendo a prelevarmi una provetta di sangue. Il mio amaro subconscio mi ricordò che dovevo smetterla con Louis, che io ero uno sbaglio, e che il suo tempo avrebbe dovuto spenderlo con qualcuno all'altezza.

Non parlammo più e non appena ebbe finito il suo lavoro mi rivolse un sorriso amichevole, lasciandomi alla mia familiare e solitaria oscurità. E cosa potevo fare se non tentare di fuggire e rifugiarmi nell'unico posto in cui speravo che nessuno avrebbe potuto raggiungermi? Mi addormentai, ma i miei desideri non vennero ascoltati, le parole e gli sbagli continuavano a perseguitarmi anche in sogno e anche il mio subconscio era vittima dei giudizi.

Mi svegliai con una carezza amorevole sul braccio, una di quelle carezze familiari. Quelle carezze che malgrado tutto dopo una furente litigata genitore/figlio ti manca, una di quelle che ti viene a consolare anche a notte fonda, una di quelle carezze che sa esattamente quando arrivare, una di quelle carezze che solo una madre sa donare.

"Ciao mamma" Non avevo ancora aperto gli occhi, ma sapevo benissimo di chi si trattava.

"Mi dispiace averti svegliato, ma avevi un sonno molto agitato" Le paure e le insinuazione che mi seguivano ovunque non rendevano le mie dormite molto tranquille e rilassanti.

"Un brutto sogno credo, non mi ricordo i particolari" In realtà rammentavo ogni singolo dettaglio di quell'incubo e di tutti i precedenti, ma credere di dimenticarli sembrava rendere più facile il calvario.

"Se è così, vuol dire che non ti ha turbato" Finalmente mi alzai stiracchiandomi e mettendomi seduto in quello scomodissimo letto. Iniziai distrattamente a guardare fuori dalla finestra, ma non mi venne permesso perchè il mio riflesso bloccava la visuale, ero dimagrito, smunto e i miei capelli erano cresciuti ancora rendendo la forma dei miei ricci ancora meno domabili. Ero il ritratto perfetto dell' imperfezione.

"Stai bene tesoro?" La voce di mia madre mi trascinò via dal mio riflesso, facendomi concentrare sul suo viso leggermente preoccupato.

"Sì, tranquilla. Lo sai che appena sveglio sono un po' assente" Cercai di vestire un sorriso abbastanza credibile mentre provavo di reprimere tutti i pensieri nel retro della mia testa.

You save my life||Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora