Prologo

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Mi guardo intorno, è buio e non si vede nulla. Il panico mi assale e inizio a correre. Corro, non so verso dove, non so per quanto, so che ad un tratto sento qualcosa e mi fermo. Uno sparo. Sangue. Urla . Il panico si fa sempre più forte dentro di me. Riprendo a correre. Corro il più velocemente possibile, cercando di allontanarmi da qualunque cosa stia succedendo. Ma gli spari, il sangue e le urla di dolore non vanno via, si fanno invece sempre più forti.
Mi fermo. Finalmente vedo qualcosa. Delle figure distese per terra. Mi avvicinò e con orrore osservo i corpi senza vita delle persone a cui tengo di più. Mio padre, mia madre, mia sorella...e...lui.
Mi soffermo a guardare lui mentre copiose lacrime mi bagnano il viso. Sento di nuovo delle urla. Urla di disperazione. Le mie urla. Mi inginocchio per terra, davanti al corpo esamine di lui. Resto lì non so per quanto. Ad un tratto però, oltre alle mie urla sento qualcos'altro. Dei passi. Il rumore si fa sempre più forte, i passi sempre più vicini. Non oso muovere un muscolo. Sono preda della paura. Alla fine i passi si arrestano. Solo allora raccolgo quel poco di coraggio che mi è rimasto ed alzo la testa.
Accanto a me si erge una figura alta, vestita di nero e con lunghi capelli color argento. Gin. Con una pistola che mi punta verso la testa.
<<È tutta colpa tua, mia cara Sherry>>.
E con quell'unica frase, quell'unica verità, Gin ghignò, un ghigno beffardo e malefico, poi premette il grilletto.
Dopo ci fu...il nulla.

POV. Ai

Mi sveglio di soprassalto, ho il fiatone e sono tutta sudata.
Guardo l'orologio, sono le 4:15 della notte. Dopo essermi calmata un pò scendo dal letto e mi dirigo silenziosamente in cucina, facendo attenzione a non svegliare il professor Agasa.
Bevo un bicchiere d'acqua e infine ritorno nella mia camera.
Sono coricata ma non riesco più a dormire, l'incubo mi ha scossa più del previsto.
Inizio a perdermi nei miei pensieri sperando di riuscire ad addormentarmi , penso quindi all'incubo che ho appena avuto. È sempre lo stesso. Era da tempo che non mi veniva. Gin. L'uomo che odio di più al mondo mentre uccide le persone che amo, mentre uccide lui.
Una lacrima mi solca il viso.
È vero. È tutta colpa mia.

POV. Conan

Era una mattina d'autunno come tutte le altre, il vento soffiava dolcemente, fresco. Molte foglie ormai erano appassite e cadevano dagli alberi. Oggi ero di buon umore, pertanto, mentre tornavo all'agenzia investigativa di Goro, dopo una giornata passata a scuola, decisi di farmi una passeggiata prendendo la strada più lunga. Di solito tornavo insieme ad Ai e i giovani detective ma oggi avevo proprio voglia di restare da solo. Godermi la giornata abbandonato nei miei pensieri, che nell'ultimo periodo si erano accumulati.
Innanzitutto,da ormai un pò di tempo, la presenza dei giovani detective nella mia vita era diventata piacevole. Sono ragazzi in gamba e paradossalmente dei buoni amici. La mia vita come Conan Edogawa nonostante sia una menzogna, nonostante tutti i pericoli, aveva i suoi lati positivi.
Tuttavia, ogni volta che i miei pensieri si spostano su di lei, su Ran, ecco che puntualmente mi rimangio tutto quello che ho pensato, e non vedo l'ora di ritornare ad essere me stesso. Il vero me. Shinichi Kudo.
Ma prima che ciò accada ci sono delle cose che devo ancora fare. L'organizzazione è ancora ha piede libero e io devo distruggerla. Devo smascherare le loro malefatte e assicurarli alla giustizia.
Il mio ultimo pensiero però va stranamente a lei, Ai Haibara. Ex scienziata dell'organizzazione costretta a lavorare per essa fin dalla nascita, creatrice del farmaco APTX4869 che ha rimpicciolito sia me che lei nel corpo di due bambini dell'elementari. Ai è l'unica che può creare l'antidoto. La mia unica speranza di poter riavere una vita normale.
Ogni volta che penso a lei non so a cosa associarla. Cos'è per me Ai Haibara?
Un'amica? Una partner?
Non credo lo capirò mai.

POV. Jirokichi Suzuki

Per l'ennesima volta in trenta minuti qualcuno aprì la porta del mio ufficio. Un uomo sulla quarantina, capelli neri e dallo sguardo nervoso, si avvicinò alla mia scrivania sedendosi su una sedia difronte a me.
L'uomo, Ginzo Nakamori emanava una forte puzza di fumo, segno che avesse appena fumato.
Trenta minuti fa questo ufficio era avvolto dalla calma, l'unico rumore era il ticchettio dell'orologio, adesso invece c'era un continuo viavai di gente.
<<Ricapitoliamo>>disse d'un tratto Nakamori riportandomi alla realtà, notai che sul suo volto si era dipinta un'espressione impaziente.
<<Domani sera alle 21:30, si terrà una mostra al museo di Tokyo finanziata dal gruppo Suzuki. In tale mostra verrà esposta la leggendaria Golden Pearl, uno dei più grandi tesori nella storia della pirateria.
Oggi alle ore 14:45 un suo dipendente ha trovato nella cassetta della posta una lettera, firmata da Kaito Kid. Il ladro ha annunciato che apparirà durante la mostra per rubare la Golden Pearl.
Ho tralasciato qualcosa?>>
Ascolto attentamente lo sproloquio di Nakamori, attorno a noi c'è un aria di concentrazione e silenzio.
Aspetto un paio di secondi prima di rispondere così da poter riorganizzare i miei pensieri.
<<No ispettore, è andato tutto come ha detto lei.
Ispettore Nakamori, la Golden Pearl è probabilmente il più grande tesoro che il gruppo Suzuki abbia mai posseduto, capirà tutta la mia preoccupazione al riguardo, non posso permettere che quel ladro da quattro soldi me la porti via>> A quell'affermazione, Ginzo sorrise, con fare sicuro di se.
<<Non si preoccupi signor Suzuki, questo non accadrà, le prometto che io Ginzo Nakamori riuscirò finalmente ad arrestare Kaito Kid e consegnarlo alla giustizia>> Detto ciò scoppiò in una risata sorniona e a tratti delirante che non fece altro che aumentare la mia preoccupazione.
Ero in grossi guai.









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