Capitolo 17

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29 dicembre

Io e Zaccaria siamo giù in piazza, ad aspettare Sami.

Sono passati 2 giorni da quando abbiamo deciso di fare pace. Ho deciso di perdonarlo, perché in fin dei conti entrambi eravamo stati presi in giro.

Sami sta tornando dal Marocco, insieme alla madre di Anas. Però, entrambi non sanno che domani uscirà, per poi fare i domiciliari a casa.

"Cosa diciamo se chiede di lui?." mi chiese Zaccaria, buttando fuori il fumo.

"Ci inventeremo qualcosa al momento, magari Sami già gli avrà detto qualcosa." dissi, appoggiandomi al muro.

Passarono un paio di minuti, quando vidimo un taxi fermarsi davanti a noi.

Una donna abbastanza giovane uscii dall'auto, seguita da Sami. Ci avvicinammo ai due, mentre la donna ci sorrise.

"Salve signora, siamo due amici di suo figlio." dissi, sorridendole.

"Ma dammi del tu cara! Come vi chiamate?." ci chiese, mentre Zaccaria e Sami presero la valigia e le due buste dal taxi.

"Io sono Marika e lui è Zaccaria, il mio ragazzo." dissi, facendo segno alla signora di seguirmi.

Salimmo le scale fino ad arrivare davanti alla porta di casa di Anas, così presi le chiavi e la aprii.

Ognuno di noi ha le chiavi delle nostre case, in caso succedesse qualcosa.

"È così ordinata casa di mio figlio? Pensare che fino a qualche anno fa era così disordinato." disse ridendo, contagiando anche me.

"È sempre stato un bambino speciale, diverso da tutti. Parlava poco con gli altri, forse anche perché non sapeva bene l'italiano visto che ci eravamo trasferiti qui da poco." disse sedendosi, così la imitai. "Ma iniziò a parlare tanto con un ragazzo: Amine. Quei due erano davvero inseparabili credimi." continuò.

"Ma poi tutto è cambiato verso i 15 anni. Aveva deciso di abbandonare la scuola e ogni giorno portava soldi a casa." disse, sospirando, mentre io gli presi la mano. "Una sera uscii, come sempre. Ma poi non ritornò più."

"Mi chiamò un poliziotto dicendo che era stato arrestato per spaccio. Qui successe un casino: ogni giorno i ragazzi andavano davanti il carcere a fare casino, credendo di poter fare qualcosa." disse, asciugandosi una lacrima solitaria. "Poi uscii e tutto si calmò, ma poi lo accusarono di rapina a mano armata, cosa che Anas non ha mai fatto."

"E il resto penso che tu lo conosca, Anas mi ha detto che ti eri trasferita qui in quel periodo, mi racconta spesso di te." disse la donna, mentre io le sorrisi debolmente. "Penso che io abbia sbagliato qualcosa, altrimenti mio figlio sarebbe ancora con me." disse, portandosi le mani in faccia.

"No, anzi. Non ha sbagliato nulla con Anas. Non è da tutti stare affianco al proprio figlio essendo lontani kilometri. Lei è una mamma stupenda, mi creda." dissi, cercando di rassicurarla.

Passammo così non so quando tempo. Parlammo del più o del meno, mentre lei mi ascoltava proprio come se fosse mia madre.

𝗣𝗲𝗿 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 ; 𝗕𝗮𝗯𝘆 𝗚𝗮𝗻𝗴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora