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«Allora Charlotte, dove vorresti andare?» domanda Diana una volta uscite di casa, porgendomi un cappotto che accetto volentieri. Fa davvero molto freddo, e non c'è molto da stupirsi dato che tra poco inizierà un anno nuovo. E sarà davvero un anno nuovo per me, lontana da tutto ciò che conoscevo, adesso ci siamo solo io e l'ignoto. Il calore accogliente del cappotto rilassa i miei nervi tesi, scendo di un gradino la scala dell'ingresso, poi mi fermo notando Diana ferma in attesa di una risposta, non pensavo di essere rimasta in silenzio per così tanto tempo.


«Dove vuoi, Diana, non ho preferenze particolari» lei annuisce e percorriamo il lungo vialetto dirigendoci verso il garage. Ora che ne ho l'opportunità mi guardo attentamente intorno, è una casa davvero molto grande dall'esterno, c'è un grande giardino con un prato curato e accanto al garage c'è una piccola serra, mi piacerebbe visitarla un giorno, sono sempre stata un'appassionata di fiori, anche se non credo che al padrone di casa possa fargli piacere. Continuo a seguire Diana, che si ferma accanto a quella che presumo essere la sua auto, entro nel piccolo abitacolo, allaccio la cintura e poco dopo mette in moto l'auto, tutto senza proferire una parola, non che mi dispiaccia per il momento. Avrei voluto dirle di accompagnarmi dalle mie amiche, di lasciarmi andare, di portarmi via da suo fratello e non ritornare più, ma non lo faccio, c'è qualcosa in me che mi impedisce di formulare quella frase, non so se sia paura, non riesco a definire questa sensazione, ma qualcosa mi obbliga a non formulare quella frase, a vedere come va questa vita così diversa da quella che era la mia. Posso sembrare una sciocca, ma davvero è come se avessi un nodo in gola che non mi permette di formulare alcuna frase. Sono sempre stata una persona sicura di sé, che non mostra le proprie emozioni, uno spirito libero e combattivo, ma questo non significa che io non soffra, non significa che vorrei che tutto questo non succedesse. Però sarà forse orgoglio o spirito d'intraprendenza o la mia cocciutaggine che non mi permette di essere completamente sincera con una sconosciuta, anche se potrebbe essere il mio biglietto per la libertà. Devo portare Aiden all'esasperazione, solo così potrò "vendicarmi" per ciò che sta facendo, mi ha portata a casa sua, con un pigiama addosso, e adesso subirà le conseguenze delle sue azioni. Chiudo gli occhi, e i suoi occhi di ghiaccio si imprimono nella mia mente, scaccio subito il pensiero di essi, sono così spaventosi, non c'è neanche un misero barlume di felicità, solo pura cattiveria. Il solo pensiero di ciò mi fa venire un brivido freddo lungo il corpo.

«Che ne dici allora di sano shopping? Ne avrei proprio bisogno. C'è un centro commerciale nei paraggi, potremo anche pranzare lì» io annuisco, non sono in vena di parlare, non dopo aver visto quegli occhi di ghiaccio nella mia mente, non dopo averci visto solo cattiveria nelle sue iridi. "Puoi fingere con gli altri, ma non con me" una sua semplice frase che mi rimbomba nella testa, non può credere di conoscermi dopo non aver neanche trascorso un giorno con me, non è una divinità, non è nessuno, solo l'uomo che mi ha portata via da casa mia di notte, con addosso solo un pigiama. Maledizione! Per colpa della mia memoria, ricorderò a vita di essermi fatta vedere in piena notte con il pigiama. So solo che un po' invidio Diana, così libera, così solare. Ho sempre voluto essere come lei, e sono riuscita ad essere quella persona solo con le mie due amiche, con loro potevo essere la vera me, senza essere giudicata.

«Vedo che non parli molto, per il momento va bene. Però ti avviso, entro la giornata di oggi noi due diventeremo amiche» mi sorride continuando a guardare la strada.
«Cosa ti fa pensare che diventeremo amiche?» le domando curiosa, cercando di non pensare ai molteplici avvenimenti accaduti nelle scorse ventiquattro ore.
«Lo so e basta. Entro fine giornata io e te saremo amiche, e ti prometto che non smetterai più di parlare» ho trovato la mia copia a quanto pare. Adoro le sfide, e di solito, le vinco sempre.
«È una sfida per caso?»
«Sembri proprio mio fratello in questo momento, però si, è una sfida» le sorrido guardando il finestrino. E io che pensavo fosse lei la mia copia, e invece ha appena detto "Sembri proprio mio fratello" io non conosco neanche suo fratello, e non ho intenzione di conoscerlo. So solo che mi ha portata via di casa, che ora appartengo a lui, ma non ne conosco il motivo. Io non so niente di lui, e a quanto pare non so niente neanche di me, anzi dei miei genitori, io so perfettamente chi sono.

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