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«Charlotte» qualcuno scuote la mia spalla «Svegliati» continua. Mi giro dall'altro lato del letto, questa cosa che mi svegliano deve finire. «No, no, Charlotte, svegliati» apro gli occhi sbuffando. 
«Questa cosa che mi svegliate deve finire» do voce ai miei pensieri «Perché mi hai svegliata?» chiedo a Diana. I suoi occhi nocciola si illuminano per un momento, poi decide che è arrivato il momento di rispondere.
«Devi muoverti, partiamo» batte le mani tra di loro.
«Come partiamo, dove?» vorrei seriamente tornare a dormire e placare il terribile mal di testa causato dalle troppe domande fatte appena sveglia.
«Non ti riguarda» e lo dice come se fosse la cosa più semplice del mondo «Staremo via solo tre giorni, portati tutti i cambi necessari e un vestito elegante, molto elegante» mi punta un dito contro.
«Cosa dovrei fare con un vestito elegante?»
«Non sono cose che ti riguardano» sorride e si allontana verso la porta.
«Diana aspetta» la fermo «Pur volendo non ho nessun vestito elegante qui, l'unico che ho l'ho lasciato da Aiden ed è invernale» un nodo si forma in gola quando pronuncio il suo nome.
«Allora non preoccuparti neanche per questo, tu vestisti e prepara una piccola valigia» detto ciò esce dalla camera.

Sbuffo, perché tutto questo? Il mio compleanno è già trascorso, era ieri, perché vogliono portarmi da qualche parte? Tutto questo mistero me la dice lunga, spero solo che Diana non ne combini una delle sue come ieri con Aiden. Se chiudo gli occhi posso ricreare perfettamente tutto ciò che è successo ieri. È stato davvero il miglior regalo che mi potesse fare, però non faccio altro che pensare che quello fosse solo un modo per farsi perdonare, ed io non posso accettarlo, in nessun modo. Nonostante senta l'attrazione che c'è tra di noi, è palese che ci sia, io non riesco a perdonarlo, ad andare avanti. Preferisco costruire un muro tra di noi piuttosto che dargli un'altra possibilità. Un bel regalo non può sostituire tre mesi di lontananza, tre mesi che ha trascorso in preda alla vendetta e non accanto a me. Apro l'armadio, prendo tre paia di pantaloncini, due gonne e qualche canotta, fa decisamente troppo caldo per optare degli abiti più lunghi. Prendo la piccola valigia, che ormai Diana mi ha regalato, e sistemo tutto all'interno di essa, metto anche varie paia di scarpe e i trucchi. Dopo aver richiuso la valigia scendo al piano di sotto, ho troppa fame e merito una buona colazione. 

Sento delle voci maschili provenire dalla cucina, forse i ragazzi sono già arrivati ed io sono in tremendo ritardo, scuoto la testa e varco la porta della cucina.
«Charlotte» Diana vorrebbe sparire e farebbe bene.
«Che ci fanno loro qui?» domando prendendo un cornetto dal piatto. La mia amica si irrigidisce sul posto. No, non ci credo che l'abbia fatto ancora.
«Sai di quel piccolo viaggio che ti parlavo poco fa?» domanda passandosi una mano tra i capelli visibilmente nervosa. Annuisco «Vedi, ecco, noi non verremo»
«E perché?»
«Perché mi hanno appena chiamata a lavoro, sì infatti devo anche sbrigarmi»
«Diana» la fermo con un sorriso terrificante stampato in faccia «Stai cercando di dirmi che mi hai incastrata ancora?» la guardia del corpo di Aiden ride, gli cucirei la bocca, seriamente.
«Certo che no» abbassa lo sguardo «Va bene, sì, ti ho incastrata di nuovo, ma è per una buona causa fidati»
«No, io non vado da nessuna parte con loro, scordatelo»
«Io penso che dovresti dare ascolto alla tua amica»
«Senti, io neanche ti conosco, preferisco che tu stia zitto e che non ti occupi di cose che non ti riguardano» lui alza le mani, meglio così.
«Biondina, smettila di fare storie e sali in macchina»
«Ti ho detto che non vado da nessuna parte»

Mezz'ora dopo guardo il panorama dal finestrino. Non posso credere di aver ceduto, non è da me. Eppure eccomi qua, a condividere un viaggio per una meta sconosciuta con l'uomo che ho giurato a me stessa di allontanare e con il suo scagnozzo, ma chi è quello? Nessuno dei due mi ha voluto dire la meta e ho visto come lo scagnozzo rideva silenziosamente ad ogni mia domanda, penso che mi abbia preso per una comica, chissà se la penserà allo stesso modo dopo uno schiaffo in faccia.

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