XII

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(Alees)

L'Alington è a pezzi; tutto il giardino interno e il campo di football sono distrutti. Non ho mai avuto ricordi preziosi di questo liceo, eppure appena vedo con i miei occhi quello che ho provocato con l'unico peccato di vivere, mi sento in colpa. Matt continua a dirmi che non è colpa mia, che i muri si ricostruiscono e che l'importante è che sia viva, ma non ci credo. Ho di nuovo litigato con Azrael e la cosa peggiore è che entrambi pensiamo di essere nel giusto. Non abbiamo punti in comune. Non riusciremo mai a capirci.

Gli studenti sono pigiati vicino alle ambulanze e alle pattuglie della polizia, per mia fortuna nessuno si è fatto male, però c'è chi giura di aver visto tre scintille cadere dal cielo e delle persone volare.

Stanno facendo l'appello per la sua classe, si segna presente e fa notare che non è ferito, poi torna zampettando da me. Se resto qualcos'altro gli farà del male, devo convincere me stessa nel dire che sono solo un peso e un rischio per gli altri. Matt è un essere umano, ci penserà Lisa a tenerlo al sicuro, proprio come ha fatto fino ad adesso.

Mezz'ora dopo sono ancora lì con lui, a fissare il liceo in silenzio, mentre ascolto i discorsi dei ragazzi che dicono che forse c'è stato un attacco terroristico o cose simili, che uno di loro si è intrufolato nel retro e ha visto quell'orrendo spettacolo.

Arrivano delle macchine, dei SUV neri con i finestrini oscurati. Escono degli uomini armati in divisa, corrono immediatamente dentro la struttura e alcuni la aggirano, seguendo ordini precisi. Da una delle auto scende Alees, parla al telefono con aria grave e da delle veloci indicazioni ad un poliziotto.

«Arrivano i guai» dico, indicandolo di nascosto.

Matt alza il naso dall'asfalto. «È lui il poliziotto che è venuto a casa tua? Hai ragione, è molto strano. Troveranno i corpi a breve, finirai nei guai?»

«Se resto qui sì.»

«Filiamo» suggerisce e anche se nessun ragazzo può allontanarsi senza autorizzazione, Matt afferra il suo zaino bucato e zampettiamo via.

Mi volto un paio di volte a osservare il liceo alle mie spalle. Non ci metterò più piede. Ho solo quindici anni e tante cose non potrò mai provarle, come diplomarmi con la mia classe, partecipare al ballo scolastico con un bel cavaliere o avere una vita normale. I miei progetti sono andati in fumo e rimaniamo io - il cucciolo - e la speranza di avere un futuro lontano dalla crudeltà di Angeli e Demoni.

Alees mi nota e mi lancia un'occhiata lunga. Matt mi prende per un braccio e scappiamo, ignorando la polizia. Non ci fermiamo per alcuni isolati, dopodiché ci infiliamo in un bar anni cinquanta, nel tavolo più distante possibile dalla finestra. Mi offre il pranzo, seppure il cibo umano non può saziarmi del tutto e non ho il coraggio di dirgli che ho una sete terribile.

Mangiamo dei toast. La Coca mi piace ancora un sacco. Ho capito che i cibi troppo dolci, troppo salati o speziati (troppo di qualcosa) vengono ripugnati dal mio lato da Demone, ma per il resto nel mezzo è okay.

«Hai un posto sicuro dove stare?» mi domanda preoccupato.

«Casa.» Matt mi rifà la domanda. «Azrael sa sempre dove sono. Ha occhi e orecchie dappertutto, è il Principe, e poi se scappo mi potrebbe imprigionare da qualche parte. Sono la sua unica fonte di nutrimento. Non mi permetterà di scappare.»

«Ti proteggerà allora. Devi dirglielo» rimarca e con la forchetta indica la mia pancia. «Insomma, che ne sai, magari sarà felice.»

Gli sfodero la mia miglior espressione da "ma stai scherzando?" della storia. «Ti ricordo che mi ha quasi uccisa e lo avrebbe fatto, se solo non fossimo collegati. Cercherò di scoprire come tagliare questo Patto, così mi lascerà in pace...» mormoro.

La leggenda di KiralDove le storie prendono vita. Scoprilo ora