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(Chloe Blake)

Il giorno dopo mi sento un vero schifo. Non sono riuscita a chiudere occhio, risentendomi di continuo le taglienti parole di Azrael. Ho passato le ore notturne a provare a spegnere la mente e pensare ad altro, cosa davvero difficile quando le sofferenze e malesseri derivano dalla promessa di starmi alla larga. Non può farlo, lo so da me, eppure il fatto che abbia tenuto a dirmelo in faccia mi fa male.

Di mattina viene a svegliarci Mea, nonostante alcuni dei ragazzi nei dormitori sono già svegli e nel pieno delle loro strane attività. Ci porta dei vestiti da allenamento, una tuta arancione e una canotta nera, e dopo una svogliata colazione ci ritroviamo tutti nella Rocca, il modo in cui hanno deciso di soprannominare la palestra.

«Questa è una spada. Sarà la prima arma con cui vi allenerete, è la più facile e comune, ma vi permetteremo di prenderne altre dall'armeria. Allenatevi con i manichini, se trovo uno di voi che ci da dentro con un altro vi ammazzo entrambi» dice Azrael, roteando abilmente una spada tra le mani.

Azrael e Joseph ci spiegano le parti base di una spada: l'elsa, i bracci, il pomo, dopodiché ci mostrano molto lentamente le principali mosse per attaccare e parare i colpi. Quando lo fanno velocemente è impossibile distinguere le loro mani e il metallo al duro contatto sprizza scintille. Alla fine, Az e il Vampiro sono molto soddisfatti, mentre io e gli altri restiamo con espressioni perse e scoraggiate.

Az mi piazza distrattamente un'arma in mano. «Prendete una spada e allenatevi.»

Gli altri ragazzi non paiono in situazioni migliori: solo pochi, i più massicci, le afferrano con maneggevolezza e si scagliano contro i burattini per massacrarli. Alcuni mentori entrano nella sala, si siedono in un lato e rimangono ad osservare la lezione, commentando ogni singolo movimento di ognuno. Vorrei sapere cosa hanno da dire su di me, in ogni caso non mi sembrano molto convinti.

Maneggio la spada goffamente, è davvero pesante, e finisco per impugnarla come Kompis. La sollevo e la impianto nella pelle finta del manichino, appena indietreggio la punta rimane incastrata e io ci casco addosso. Sono costretta a tirare sotto i risolini del tizio con i capelli gialli.

«Bella tecnica, Ibrida» mi prende in giro lui, andando accanto ai sacchi.

Passando, Azrael lo urta con la spalla e l'arma gli cade di mano. Mi pulisco con una furiosa manata il viso madido di sudore e risollevo la spada, sguainandola contro il manichino. Quando cade il peso mi fa sbilanciare in avanti e scivolo, mancando il bersaglio di striscio.

Joseph si ferma a guardarmi per un po' con sguardo interrogativo.

«Non mi piace» ringhio. «Odio le spade. Perché non posso usare la mia?»

Incrocia le braccia, fissandomi con degli intensi occhi rubino. «La tua arma sai già usarla» giudica. «In battaglia potresti essere costretta ad usarne un'altra.»

Ovvio che so usarla, per questo la uso, mi dico più arrabbiata.

Mi da delle veloci istruzioni e io finisco per incavolarmi di più, spingendolo via per mantenere le distanze. Joseph occupa troppo spazio e in questo momento non ho bisogno di un altro uomo maschilista e saccente vicino.

«Mi stai alla larga? Non ho bisogno del tuo stupido aiuto» dico. «Vai a sbudellare qualcuno.»

Sbatte gli occhi. «Cercavo solo...»

Az si ferma a guardarmi e Joseph rizza le orecchie, ascoltandolo nel pensiero. Senza rivolgermi altre parole se ne va dal ragazzo che ha deciso di nascondersi dietro un'inferriata per sfuggire dalla lezione in corso.

Sospira. «Se vuoi ammazzare l'aria è una tecnica interessante» mi fa notare affascinato. Lo ignoro, alzando la spada e brandendola con due mani. «È una spada, non una mazza.»

La leggenda di KiralDove le storie prendono vita. Scoprilo ora