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(Kiral)

Ho sempre creduto che sarei morta da vecchia, dopo aver vissuto una lunga vita. Non avrei mai pensato di dover morire a quindici anni, per una colpa non mia, dopo essere stata trattata per tutta la vita come un insetto disgustoso e venduta ad un Demone. Non sono morta in pace. L'unica cosa a cui riesco a pensare è l'odio, al rancore per mio padre, per ciò che ha fatto a me e a mia madre. Non ho visto alcuna memoria passarmi davanti agli occhi, non ho lasciato andare nulla. Dentro di me sono ancora attaccata alla vita e al dolore che ho provato.

Mi sento cadere nel vuoto, leggera. Intorno a me non c'è niente. La mia testa è sgombra da tutte le emozioni e i pensieri, sento solo un pizzicore in mezzo agli occhi che diventa sempre più fastidioso. Ho i brividi e all'improvviso sento freddo, il gelo aumenta e mi afferra gli arti senza lasciarmi scampo. Se potessi mi muoverei, mi contorcerei dalle lingue che mi stanno afferrando e tirando a fondo, ma il mio corpo non risponde, pare che voglia continuare a cadere per l'eternità.

Avverto una fitta alla testa e in lontananza, velato, vedo qualcosa di indefinito. Una strana figura. Il mondo si rovescia e smetto di cadere e inizio a salire al contrario, senza potermi fermare. Il cervello mi martella nel cranio e il cuore pulsa, scandendo quei secondi infiniti. Sento una voce. È davvero bella, dolce come il miele e mi avvolge. Non la conosco, ma mi aggrappo ad essa.

Apro gli occhi.

La prima cosa che provo è un terribile senso di nausea. Mi sento sporca, ricoperta da qualcosa di invisibile che mi fa schifo. Per un secondo non so dove mi trovo e sbatto gli occhi lentamente, come se mi fossi appena svegliata da uno strano sogno.

Sono in camera di mio padre ed è tutto come rammento. Appena tento di alzarmi sulle braccia un dolore bruciante alle gambe mi blocca. Affondo la testa nelle lenzuola madide di sudore e di un odore che ho assaporato io stessa. Ho iniziato a piangere senza rendermene conto.

Il profumo di Az, che prima mi sembrava indecifrabile, lo distinguo chiaramente: sa di liquirizia e una deliziosa colonia da uomo, piccante nelle narici. Mi sudano le mani e devo rimanere sdraiata ed immobile per non avere un attacco di panico.

Ascolto la casa, silenziosa come un cimitero. Ho davvero paura, mi sento vulnerabile e sola. Non posso rimanere per sempre qui a piangere, devo capire cosa è successo e dov'è mia madre. È solo grazie a questo pensiero che riesco ad alzarmi un'altra volta, ignorando i dolori impressi sul corpo.

Allungo la mano verso il comodino e lo manco, per poco non cado con la faccia a terra. I miei occhi devono avermi giocato un brutto scherzo perché il mobile smette di muoversi e riappare. Ho un gran mal di testa.

Mi spavento a morte quando passo davanti allo specchio e una figura che non riconosco mi è davanti. Urlo e alzo i pugni, pronta a difendermi. Mi giro, provando a capire cosa sta succedendo e la copia fa lo stesso. Sono io, però sono diversa, in un altro corpo: sono cresciuta di oltre dieci centimetri e nessuno oserebbe darmi meno di vent'anni. I capelli biondi sono più vivi, di una lucentezza naturale, e non sono più tagliati a caschetto, bensì mi ricadono lisci sulla schiena.

«Non sono io questa» borbotto, toccandomi la faccia.

Il corpo stesso si è modificato, i muscoli sono più tonici, il ventre piatto e le curve, prima inesistenti da ragazzina, ora sono seducenti e perfette. Mi palpo il seno, sussultando.

«E queste di certo non sono le mie.»

I lividi e le cicatrici sono scomparse dalla pelle, liscia e chiara come porcellana. Con la lingua accarezzo i canini ben sviluppati, rinforzati da una patina bianca. Noto solo alla fine che sul petto, in mezzo alle clavicole, è impresso un piccolo tatuaggio: una croce nera avvolta da dei filamenti con al centro la parola Kiral.

La leggenda di KiralDove le storie prendono vita. Scoprilo ora